Sono in gelateria, a Reggio Emilia, al Waikiki, a mangiare leccornie e berle e c’era a un tavolo un sosia di Amedeo Della Valle. Ho sperato fosse lui, dimenticavo che oggi (ieri per chi legge), aveva giocato a Treviso, con Brescia. Mi chiedevo, proprio, in questi giorni, cosa gli fosse capitato, come possa essere finito fuori dalla nazionale, ai margini di Milano è normale. E’ stato un amico, a Reggio Emilia, è stato un idolo, uno dei tanti allergico alle mie domande, ai miei approcci, secondo il leit motiv abituale della storia del giornalismo. “Sei bravo, però il tuo sito non ci interessa, è un blog. E anche per i siti le cose che fai tu non ci interessano”.
Memorabile quando Achille Polonara mi disse: “Ma tu non sei Sky”. Volevo mostrare la sua auto, alla palestra di via Cassala, intitolata a Doriano Chierici, ex istruttore di giovanili, suicida.
Amedeo mi fece una bella intervista per Il Messaggero, la riesumerò presto, ma mi chiese di spegnere il videofonino dopo i primi minuti.
Per me la partita non è mai esistita, ne ho scritte forse 30mila, di tanti sport, l’evento sportivo, ho fatto Tuttosport da Reggio dal ’93 (partite dal ’94) al 2018, ma le occasioni lunghe erano poche, spesso erano tabellino e 5 righe, nonostante la carineria di Piero Guerrini, che neanche meritavo.
Le storie, appunto, la depressione di Alessandro Gentile, raccontata splendidamente da Flavio Vanetti, uno dei tanti amici che mi evita accuratamente, in video. Mi ha fatto i complimenti per il premio Ussi, a video del 2020, ma privatamente, in realtà stavo riprendendo.
Con Flavio siamo stati insieme a Bologna, alla scherma, al Dozza, con Luca Corsolini in plancia, il vicepresidente mi voleva cacciare dal palazzetto per evitare che facessi interviste, naturalmente Luca ha attutito, ci mancherebbe altro.
La depressione dei campioni, la capisco più di chiunque, la curo con l’omeopatia, sto meglio ma se abbasso il dosaggio come adesso riemerge la voglia di rivincita, di diffamazione, di reazione, di nulla che mi sia utile.
Ale è un campione, è stato, doveva andare in Nba, a me non fa impazzire, preferisco papà Nando.
Ale è stato coraggioso, perchè poi la gente ti etichetta, ne so qualcosa.
Sono ciclotimico di sicuro, ed ho sbalzi d’umore con alti e bassi. Li hanno in tanti, in me sono notevoli, al punto che nessuno o quasi mi paga più, di proposito. “Vanni è imprevedibile, che pezzo mi arriverà? Non abbiamo tempo per riscriverlo, siamo in pochi, alla redazione sportiva”.
Sì, ma anche no. Vanni a 50 anni può scrivere da editorialista, da personaggio, ha un curriculum infinitamente superiore a redattori che arrivano in fretta all’assunzione, facendo i lacchè, come disse al Processo del Lunedì uno come Gianni Melidoni di un famoso giornalista italiano. Melidoni è stato capo dello sport de Il Messaggero, io collaboro dal ’94, e poi editorialista de Il Tempo.
Il giornalismo si può fare in due modi, con la bella scrittura, l’elegia, parlare bene di chiunque, alimentando i migliori rapporti possibili e il fenomeno negli ultimi anni è deflagrato, con conferenze stampa pubblicitarie mascherate da giornalismo, oppure raccontando la verità, le bellissime che cercano visibilità, le wags dei cestisti e dei dirigenti, come lady Coldebella, mirabolante, tutta gente che si fa inquadrare se vale la pena, dove la visibilità è immediata, autorevole, non sui siti.
La verità, la gentaglia che ho visto nei palazzetti e negli stadi, i dopati, i ladri, i truffatori, gli aggressivi, procuratori esaltati e al limite dell’estorsione, direttori sportivi uguali, direttori generali idem, presidenti che rischiano la galera.
Intervisterò Minucci e non faccio sconti, mi ha appena risposto che è una frottola il suo interesse per la Fortitudo Bologna, sono d’accordo con lui su una cosa, che in tanti rubacchiano ai tavoli dello sport, io lavoro gratis e a mie spese e me ne vanto, altri li ho visti pasteggiare ai buffet a pochi metri, senza covid, e poi li ho ritrovati nelle pagine di cronaca per reati, almeno per ipotesi di reato.
La presunzione di innocenza va bene, ma è raro che uno venga indagato per nulla. E in fondo anch’io lo sono, per davvero, per avere risposto con arroganza, con disperazione, con insulti, a una doppia multa incredibile, in autogrill. Patteggerò. Come Antonio Conte. Come tanti nella storia d’Italia.
L’ansia e la depressione, dunque, sì, ora va meglio, ma devo fare attenzione, evitato a vita non è bello. “Ma stai registrando? Filmi di nascosto? Audio di nascosto?”. E quanti fingono di dover andare, in mia presenza, nel basket Bezzecchi per primo ha capito il pericolo e avvisato quanta più gente possibile.
Alla presentazione del calendario del 2017-18 feci poi ilmessaggero.it, con la preghiera di Gianluca Cordella di non essere troppo lungo, ma mi accolse così: “Hai fatto un pezzo da mica normale, su Il Messaggero”. Milano aveva vinto la supercoppa, a maggio era uscita presto, nei playoff, sconfitta da Piero Bucchi, direi. Era la barzelletta d’Europa, con il budget che ha. E nonostante abbia Giorgio Armani dal 2005, da sponsor e poi da proprietario, è ancora lontana dalle final4, mai come quest’anno alla portata, ma lo sport è fatto anche di risparmio.
Ieri ha compiuto gli anni Simone Fregonese, pr di Treviso, ci conosciamo quasi 30, almeno mi legge del ‘95, dal mio debutto su Il Gazzettino, ha letto tanto anche mia moglie, Silvia Gilioli, e un amico che mi dava una mano quando oberato di servizi.
Simone fu narratore del basket Benetton e della Sisley Treviso volley, resta del rugby Benetton, forse, non ho voglia di controllare, e resta per la stessa pallacanestro, mi aveva approvato l’accredito da freelance scrivendomi però che non potevo fare riprese, solo in sala stampa e solo per le conferenze stampa.
Naturalmente ho chiesto di fare il videoracconto, ho spiegato che il regolamento imposto da Maurizio Bezzecchi 3 anni e mezzo fa ha ucciso me, in particolare, facendomi ritirare l’accredito da Tuttosport, era già capitato con l’Atalanta, in Europa. Maurizio mi ha spiegato più volte, dopo, che durante la partita non si possono effettuare riprese, certo il ritiro era pretestuoso, non ho mai capito se il problema fosse perchè dalla tribuna era entrato un pezzetto di campo per pochi secondi, davvero, o se, appunto, la ripresa sia completamente vietata con la palla in gioco, anche dalle tribune.
Maurizio più volte mi ha rassicurato, prima, all’intervallo e dopo non c’è problema per le riprese, il resto è zelo inutile, cioè evitare che io disturbi. Lavoro da 31 anni, sono uno dei pochissimi professionisti freelance in circolazione, tantissimi sono pubblicisti, tantissimi pagati magari a forfait, anche da siti piccoli, non ho bisogno di balie e di imposizioni. Ho tutto il diritto di raccontare chi voglio a minutaggio che voglio, anche di fare un colloquio con solo audio o con immagine trascurata, parliamo di giornalismo, non di spettacolo televisivo, di giornalismo vero.
Ma qui, invece, colgo l’occasione per salutare e ringraziare per l’amicizia Davide Draghi, pr di Reggio Emilia, non solo perchè mi ha consentito di raccontare il padre Gianni, Gaia Spallanzani, Filippo Barozzi stesso, ma anche Jacopo Cavalli, al di là degli accrediti negati dalla Virtus, cioè da lui, Andrea Tedeschi di Fortitudo, Francesco D’Aniello di federazione, che si accoda a Bezzecchi e a Cavalli, e soprattutto Claudio Limardi, che per primo ha intuito quanto io disturbi, anche solo riprendendo giocatori all’uscita di un impianto sportivo.
Ricordo Pietro Aradori, a Reggio Emilia, intervenne il procuratore Riccardo Sbezzi, a interrompermi la chiacchierata, giocava a Venezia, in semifinale 2015, e anche alla fine me la troncò. Sbezzi da Ragusa, che dal ’95 al 2016 avrei raccontato per Il Giornale di Sicilia, minimo pagina iblea, ragusana, appunto, per i giornalisti ignoranti, che diventano professionisti perchè bellissime o fisici o astuti, cioè lacchè.
Sbezzi, dunque, che poi mi disse: “Prima purificati”, prima di intervistarlo, insomma, dovevo fare mea culpa.
L’arte delle pr, insomma. Nessuno ha mai avuto il coraggio mio, nelle conferenze stampa, dal ’90 a oggi, nel fare le domande vere, non quelle ammiccanti. A Bologna, Reggio battè Milano, 2017, feci Il Messaggero, oltre a Tuttosport, in sala stampa chiesi a Repesa se non aveva pensato alle dimissioni, rispose, sereno, non lo feci solo perchè Limardi ha deciso di non accreditarmi mai, solo io, perchè unico giornalista vero, gli altri sono tifosi o pensionati o asserviti. Anzi, grandi professionisti, ma più manieristi, rispetto a vannizagnoli.it, testata, non blog.
Ringrazio Francesco Rigo, Venezia, che vedo effettua anche collegamenti in voce e video, per testate. Un anno fa, per ricordare Kobe Bryant, Davide Draghi introdusse il pomeriggio con La Giornata tipo, glielo chiedessi io declinerebbe, di intervenire anche solo in voce, è un classico.
Al di là della mia insistenza, il mestiere di capufficio stampa è affascinante, incidere nella comunicazione, affidarsi a un bravo videomaker, abile nei montaggi, nell’inserire le musiche e gli effetti visivi e sonori. Non si tratta solo di tradurre, come fa Draghi, o di introdurre, appunto, ma di filtrare, il problema è che se uno ha un’attitudine nazionale taglia e ritaglia e smussa e smorza resta nulla e allora si arriva al no a priori, escluso per le grandi testate, almeno a livello provinciale.