Roma, 4 giugno 2018 – Ecco a Voi, Signore e Signore, Stefano “Pino” Sacripanti da Cantù, classe 1970. A mio modesto avviso oggi uno dei migliori allenatori che calcano ormai da tempo i legni dei palazzetti italiani e di mezza Europa, con quella tipica sagacia e concretezza brianzola che si è fatta conoscere ad ogni latitudine e che ha conquistato il mondo nel settore manufatturiero. Un allenatore giovane ma ormai con un bagaglio di grande esperienza. Sul campo a “combattere” dal 1999, a soli quindi 29 anni come vice di Franco Ciani e poi sostituendolo come Head Coach nel 2000-01 e di fatto diventando il simbolo di quella Cantù meno “ricca” di quella vincente in Italia ed in Europa che, garzie anche al fiuto di un certo Bruno Arrigoni, porta al Pianella gente come Bootsy Thornton, Jerry McCullough, Sam Hines e Shaun Stonerook.
Contro ogni pronostico Cantù arriva sino alle semifinali dopo uno straordinario 4° posto in campionato, costretta ad arrendersi solo in semifinale alla Fortitudo Bologna ma si comprende che quel ragazzo ne ha di grinta e sa allenare!?!? Da lì a poco vince la Supercoppa Italiana vs la temibile Benetton Treviso di quel periodo, ma soprattutto si fa notare per la grande capacità che ha di trasmettere ai ragazzi i suoi insegnamenti.
Ed infatti, nel 2006, arriva la chiamata della Federazione che gli affida, sino al 2016, la guida dell’U20M (vincente all’Europeo in Estonia del 2013, argento nel 2011 in e vs la Spagna e collezionando anche due bronzi in Italia ed in Slovenia). Intanto passa per Pesaro (9° posto da neopromossa e poi Playoff l’anno dopo), per poi recarsi a Caserta dove passa 4 anni. Indimenticabile la sfida persa in Gara5 in semifinale Playoff vs l’avversaria di sempre, l’Olimpia Milano, avendo eliminato ai quarti in sole 3 gare la Virtus Roma, guidata da uno spettacolare Jumaine Jones.
Poi di nuovo Cantù e dopo Avellino dalla quale si è separato da pochi giorni, dopo 3 anni nei quali ha portato il team biancoverde ai vertici nazionali ed internazionali ed avendo mostrato, come sempre, una pallacanestro essenziale ma a tratti anche brillante, seguito sempre dal popolo irpino caloroso e da tempo anche competente. Nessun trofeo purtroppo in 3 anni in Campania nei quali ha però potuto lanciare, ad esempio, giocatori come James Nunnally (portato ad Avellino grazie al solito GM Nicola Alberani), collocando però di fatto la Scandone nel gotha del basket italiano.
Un allenatore dunque preparato, serio e talentuoso, a metà strada tra la tradizione dei grandi allenatori alla Bucci, Recalcati, Scariolo o Pillastrini solo per citare i primi (sperando di non far torto ai molti altri non citati), e quella dei nuovi alla Buscaglia, Trinchieri, Bechi e Pianigiani (del quale è stato anche assistant coach in Maglia Azzurra sino al 2015), ai quali ha poco da invidiare a mio avviso.
L’ho potuto chiamare solo oggi pomeriggio, sempre disponibile, mai una scortesia, una signorilità innata che lo rende certamente unico ma probabilmente speciale per come riesce anche a semplificare quello che appare, così, difficile ai molti. I temi sono stagione appena finita, Finale Scudetto 2018 e…Altro ancora, buon ascolto dunque.
Fabrizio Noto/FRED