L’attacco dei Nets è potenzialmente dotato di notevoli tiratori: Crabbe, in primis (non fosse altro per il salario che percepisce!), ma anche lo specialista Harris, Carroll, Russell dal palleggio, Levert con la sua meccanica di caricamento ancora un po’ lenta ma miglioratissimo nella selezione dei tiri, Dinwiddie dalla lunghissima distanza e nel catch & shoot, perfino Acy ed ora anche Cunningham, in qualità di stretch big. A turno, durante la stagione, si sono sprecati complimenti e paragoni irriverenti (e, diciamocelo, irrealistici) per osannarli, così come si è gettato loro fango addosso dopo appena due partite con la mano fredda. Sui social, poi, è un florilegio quotidiano contro Atkinson, reo di aver tenuto fuori, di volta in volta, questo o quel giocatore nella fase calda del match.
Detto che, tra i tanti, anche il sottoscritto ritiene che alcune scelte siano state clamorosamente toppate, costando care, voglio sottolineare come la qualità e la percentuale di riuscita di un tiro dipenda, sì, dalla maniacalità del lavoro in palestra, per sviluppare gli automatismi muscolari e perfezionare la meccanica di tiro; sì, anche, dallo status psicologico dell’atleta, e da doti innate come personalità, capacità di sopportare la pressione e farsi carico della responsabilità (a quanti tiri aperti abbiamo visto rinunciare in questa stagione…!); sicuramente dalla “rotondità” della mano, ma anche e soprattutto dalla “confezione” del tiro, ovvero dalla preparazione del corpo da parte del tiratore (piedi in asse con il canestro, corpo bilanciato, braccia pronte a caricare), dalla libera visuale dell’anello e dal creare la massima distanza possibile tra sé ed il diretto marcatore.
Tiri in ritmo e non contestati, cioè, hanno sempre una maggiore probabilità di finire in fondo alla retina.
Una rapida circolazione di palla, oppure la fase di transizione/contropiede, creano le condizioni più favorevoli perché si generi una situazione di tiro ad alte percentuali di riuscita, perché la difesa ha meno tempo a disposizione per schierarsi: ecco che basta attuare delle buone spaziature, perché la palla possa arrivare nelle mani dell’uomo più smarcato.
https://youtu.be/I5Movbtte_8
Con due corridori come Lin e Russell (Pace iniziale registrato rispettivamente di 119 e 111), che avrebbero dovuto, nei piani di Marks ed Atkinson, condividere la gestione della palla nella stagione corrente, sarebbe stato senz’altro più agevole costruire quei tiri che, nella filosofia di gioco del coach, sono parte integrante di ogni schema: basti pensare che si trattava, alla prima giornata, dei due giocatori primo e secondo assoluti per Pace dell’intera Lega! Avendo il primo dovuto saltare l’intera annata ed il secondo una buona metà (e, benché il suo minutaggio sia ormai pressoché illimitato, il suo passo tradisce una condizione ancora non ottimale), la strategia di lungo termine è andata a farsi benedire ed ha costretto il gioco ad orientarsi su ritmi molto più cadenzati e ad affrontare quasi sempre la difesa schierata, trovando in Levert il tasto power, all’occorrenza, dalla panchina, ma adattandosi al passo di Dinwiddie (ampiamente e stabilmente sotto i 100) ed alle giocate a lui più congeniali, quelle, cioè, che nascono dal pick and roll.
Qui entra in gioco il frontcourt e veniamo al succo del discorso. I lunghi bianconeri sono decisamente, per qualità ma anche per numero, ad un livello più basso rispetto al reparto esterni, ma ciascuno di loro gioca il pick and roll usando caratteristiche differenti, il che dà l’imprinting a tutta la giocata che ne segue. Blocchi veloci e rollata (pick & pop) sul perimetro per Acy; blocchi alti e rollata a ricevere in avvicinamento al canestro per Hollis-Jefferson; blocchi pieni e rolling al ferro per ricevere la palla sotto e sfruttare la stazza per Okafor. Per caratteristiche fisiche, ma anche per durata d’impiego in campo, Allen dovrebbe essere il più versatile, adattandosi al play di turno: piedi veloci ma anche verticalità infinita, Allen ha tutte le carte in regola per portare blocchi finti o appena accennati, in modo da costringere i difensori a cambiare, generando mismatch, per le PG più rapide sul primo passo (Dinwiddie e Levert), ma anche blocchi pieni, per smarcare Russell e permettergli di tirare dal palleggio o di avere lo spazio per le sue classiche giocate in avvicinamento e le conclusioni in floater anticipando la chiusura del secondo lungo in aiuto. Questo è ciò che, invece, avviene quasi mai.
Nella quasi totalità delle giocate a due, Allen porta un blocco appena accennato, per poi scivolare lateralmente, generando lo switch da parte della difesa avversaria. Il problema è che, nel basket moderno, i lunghi avversari sono quasi sempre in grado di cambiare marcatura difendendo su più posizioni, per cui, così facendo, sovente Dinwiddie, ad esempio, fronteggia un lungo di stazza e qualità, capace di scivolare quanto basta, o con la giusta angolazione, per oscurargli il ferro. Una volta capito il modo di portare il drive da parte del numero 8 bianconero, infatti, le percentuali realizzative di questo sono miseramente crollate, andando a sbattere contro montagne di muscoli e di mani protese.
I blocchi scivolati ed i conseguenti switch difensivi portano con sé, inoltre, altre conseguenze negative: non si genera nessun uomo libero e non occorre alcuna rotazione difensiva. A quel punto il palleggiatore non ha alternative alla forzatura allo scadere o al solito attacco in isolamento, nel traffico. Ecco da dove nasce il numero abnorme di palle perse dai Nets. Inoltre, il cambio difensivo con Acy o con Hollis-Jefferson che rollano non porta un vantaggio reale in post up, per via della loro “taglia piccola”: infatti i Nets sono all’ultimo posto nella Lega per tentativi da questa particolare situazione di gioco (appena il 3,4% del totale). E, per confermare quanto detto prima, figurano nelle ultime cinque posizioni per tentativi e per percentuali in conclusioni effettuate mediante tagli e drive.
Al contrario, i Nets sono secondi per tentativi e quinti assoluti per efficienza realizzativa in situazioni di spot up (Carroll è uno specialista, ma anche le percentuali di Dinwiddie dai 7,25, pessime dal palleggio o se contestato, salgono, in queste situazioni, fino ad un massimo del 46%, registrato a gennaio, per non parlare di Crabbe o Harris!). Va da sé che il coaching staff dovrebbe mirare a creare le condizioni perché si materializzi il più spesso possibile una posizione dei giocatori adeguata.
Ma, perché questo avvenga, contro la difesa schierata, è indispensabile che questa sia costretta a ruotare ed a farlo il più possibile in ritardo rispetto al posizionamento dell’attacco, ed il modo più semplice per ottenerlo è costruendo un vantaggio a partire dai blocchi.
https://youtu.be/t-imzftUoWs
La mia idea sarebbe, oltre al lavoro di crescita fisica e tattica di Allen, quella di usare la taglia fisica e le doti tecniche di Okafor, per generare giochi a due diversi, più tradizionali. Questo sia per sfruttare il vantaggio che deriva dalla sua stazza e abilità nel gioco in post, sia per costringere la difesa al raddoppio liberando il Carroll di turno. La seconda idea, invece, è quella di un ricorso più deciso all’uso dei blocchi lontano dalla palla: il catch & shoot è una delle azioni più ricorrenti nel gioco dei Nets e Crabbe ha esibito movimenti da manuale in uscita dai blocchi, ma va messo in condizione di liberare tutto il suo potenziale, piuttosto che vaneggiare di un suo graduale inserimento nei giochi già esistenti: quando si ha a disposizione uomini di questa qualità, bisogna disegnare intorno a loro, più che piegarli agli schemi o relegarli ai margini delle rotazioni quando non ci riescono.