A Brooklyn è improvvisamente scoppiata la primavera. Certo, quanto seminato fatica ancora a trovare linfa nel cemento, ed i germogli a dare frutti, ma sbocciano i primi fiori e si respira speranza, mista ad un acre profumo di rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato. Dopo aver raggranellato una vittoria in sette settimane (!), dopo un febbraio chiuso 0-10, dopo una striscia 2-31, dalle idi in poi sette vittorie (record 7-10) e potevano comodamente essere di più, se un pizzico di esperienza avesse supportato energia e talento. Sgombriamo subito il campo da qualsiasi equivoco, ove questo mensile dovesse sembrare troppo ottimistico: i Nets sono ancora la peggior squadra della Lega, per ora, ma oggi, per la prima volta in questa stagione, c’è materiale per raccontare le vicende di una vera squadra, finalmente! Racconti che, vivaddio, hanno ragione di vertere sulla cronaca! E, piaccia o no, su un giocatore capace, con appena 23 minuti per gara, di cambiare il volto ed il rendimento dell’intero team, l’unico dotato, qui ed ora, di quella che, forse, è la qualità più importante per un giocatore di squadra, quella che gli americani chiamano consistenza, ovvero la capacità di spostare gli equilibri quando è in campo.
Lin is back! Stiamo naturalmente parlando del ritorno di Jeremy Lin, la PG designata, la proiezione di Atkinson sul parquet, il miglior interprete del pensiero cestistico del coach! Fuori oltre metà stagione per infortunio, riemerso dalle proprie ceneri a fine febbraio, a marzo infila 15 gare su 17 con un utilizzo medio finalmente oltre i venti minuti, e tanto basta a convertire un’accozzaglia di volenterosi role player e/o talenti in erba in una squadra da prendere con le pinze! Per lui le cifre parlano fino ad un certo punto: un mese da 14,4 ppg, tirando col 41,4% dal campo e con il 33,8% dai 7,25, 4,5 apg, 3,5 rpg, 0,9 rubate, ma anche 2,3 perse ad ogni allacciata di scarpe. Se, però, si posa lo sguardo su altre, perfino più semplici, cifre si trova conferma a quanto visto in diretta nelle interminabili nottate del tifoso! Lin è determinante: 10-21 il record dei Nets con lui a referto (e parliamo di un giocatore dall’impiego medio quasi sempre inferiore a metà partita!), 6-39 in sua assenza! Lin è clutch: nel corso dell’ultimo quarto, nel mese di cui vi parliamo, le sue percentuali diventano, rispettivamente, 47,6% dal campo e 41,2% dall’arco! Messa così, la differenza è lampante, ma seguire le gare e viverne le emozioni rende, se possibile, ancor più l’idea, attraverso le sensazioni che questo ragazzo, vero leader e fenomeno mediatico, sa trasmettere a chi guarda ed a chi gioca con lui: un leader, appunto, uno capace di caricarsi i compagni sulle spalle e guidarli; leader vocale ma non necessariamente, capace di indicare alla squadra le giuste spaziature, ai compagni la posizione più consona, di innescarli tirando fuori il meglio da loro, o di mettersi in proprio e indirizzare la gara; certo di infondere fiducia all’intero ambiente. L’andamento migliore della squadra nei finali punto a punto va letto anche così: si vedono meno forzature, meno indecisioni, meno isolamenti; la squadra continua a fare il suo gioco, non si disunisce, ha e dà sempre la sensazione di potercela fare! Ca và sanz dir: è lui la retina del mese di marzo!
La cronaca. Inizia nel migliore dei modi il mese, con una vittoria esterna nell’avveniristico scenario di Sacramento. D’accordo, i padroni i casa sono recenti orfani di Cousins e sono ormai sulla via del tanking, ma gli uomini di Atkinson dettano legge, avanti tutta la partita, e non vanno nel pallone di fronte alla rimonta avversaria: nel giorno di Lopez (il più giovane giocatore della storia della franchigia a superare i 10000 punti con la gloriosa casacca!), Lin e Foye materializzano, forse, la prima gestione autoritaria del vantaggio in un finale testa a testa!
Non c’è scampo, nel tour ad Ovest, a Salt Lake City, ove i Jazz (non a caso la miglior difesa della Lega) limitano l’asse Brook-Lin e non c’è partita! Né può esserci a Portland, se McCollum rimane un enigma senza soluzione!
Lo spirito di squadra, tuttavia, è palpabilmente diverso e sfocia in una clamorosa, prepotente vittoria addirittura nella tana dei Grizzlies, in cui un rigenerato Randy Foye risulta, finalmente, un fattore a suon di triple!
Seguono due evitabili sconfitte contro Atlanta e Dallas, realtà comunque ancora in piena corsa playoff: gare combattute senza quartiere e cedute onorevolmente nei finali. Nella seconda, peraltro, è stato tenuto Lopez a riposo…
Il ritorno al Barclays è in grande spolvero, è “the battle of the boroughs”, il derby della Grande Mela! E, benché in tono minore, checché ne dicano i fan dei Knicks, resta una gara speciale. Lopez la inizia male, faticando molto sotto canestro; la contromossa di portarlo sul perimetro ripaga con cinque, clamorose triple consecutive, che scavano un solco che lo smallball apparecchiato dalla second unit dilata fino al +23! Poi la solita crisi: Lin è finora in ombra e finisce in panchina, il portatore viene raddoppiato smascherando tutta la difficoltà a creare buoni tiri, Melo (come già nell’occasione precedente) scivola dal post in ala piccola, fronte a canestro, ed inizia a martellare… solita solfa? No, perché Lin rientra e fa ciò che deve: tripla, “and1”, assist…ed il finale diventa vincente, senza neppure troppi patemi!
Intanto il roster torna a 15 effettivi con la firma decadale di Charlie Goodwin (l’ennesima scommessa di Marks, l’ennesima pesca dalla D-League!). Nonostante il ruolo di PG sia piuttosto affollato con il rientro di Lin (Dinwiddie, Whitehead, con la cooperazione di Foye), Goodwin saprà mostrare, in corso d’opera, atletismo e buoni numeri nei minuti per lui ritagliati (va detto: molti in garbage time): con oltre il 66% dal campo ed il 40% dalla lunga ha recentemente strappato il secondo contrattino e naviga verso la firma di un vero contratto NBA e la conferma a roster fino a fine stagione. Avrà, dunque, modo di sgomitare per un posto nella squadra che verrà.
Ora, il fatto che Brooklyn abbia assunto le sembianze di una squadra vera non vuol dire che possa permettersi voli pindarici: i limiti, in termini di atletismo medio, di difesa sul pick and roll e sul primo passo nell’uno contro uno, nell’attacco alla difesa schierata sono ancora tutti lì e ci pensa Russell Westbrook, il signore delle triple doppie, a metterli impietosamente a nudo con i suoi Thunder, nel giorno in cui (la sfiga ci vede sempre benissimo al di qua del ponte!) si fa male anche Kilpatrick, andando ad aggiungersi alla cronica assenza di Harris e lasciando la panchina praticamente orfana di tiratori puri.
Ci si trasferisce al MSG per il bis, e qui, nel tempio dei Knicks, si tocca con mano la rivoluzione copernicana di Lin. New York cerca di arginare il pick and roll con Lopez e Hollis-Jefferson rafforzando la difesa del ferro coi propri lunghi, ma questo libera costantemente un uomo sul perimetro. Uno, due, tre passaggi, oppure scarico diretto sul lato debole: ecco spiegata la crescita di Foye, per lo più evanescente in assenza di Lin; ecco spiegato quel balzo in avanti, in termini di selezione e percentuali di tiro, registrato a marzo con il rientro a pieno regime del #7 uscito da Harward, sul quale mi soffermerò a parte. Due derby, due vittorie! Uno scenario che porta i più autorevoli commentatori d’oltreoceano a prefigurare un cambio della guardia nel (ad oggi piuttosto platonico) primato cittadino, nel presente e nelle proiezioni future!
Arriva poi Boston, lanciatissima verso il primato di Conference ma priva di Thomas, e manca davvero poco, solo i dettagli, per portare a casa una vittoria che avrebbe avuto il sapore di una piccola rivincita…Contro i Mavs, invece, Lin resta a riposo per un problema ad una caviglia: Nowitski e soci sono bravi e fortunati ad approfittare nuovamente della scomposizione dell’asse Brook-Lin e tornano in Texas con una vittoria preziosa e meritata.
A ruota, ecco sbarcare al Barclays un’altra contender per un posto in post-season: contro i Pistons Lin è ancora ai box e si rischia l’ennesima sconfitta sul filo di lana, dopo aver condotto la gara grazie alla difesa…invece, per la prima volta in carriera, è Lopez a vestire i panni del go-to-guy, ricevendo la rimessa ed eseguendo un perfetto jump-shot ad una mano sulla sirena! Non paghi, i Nets asfaltano i derelitti e giovanissimi Suns, in tanking-mode ormai da tempo, regalandosi la prima striscia vincente della stagione!
Si sfiora il 50% di vittorie nel mese, ma l’ultimo scorcio di marzo ha l’aspetto di un bel bagno di realismo: a Washington i nostri reggono si e no un quarto, poi vengono letteralmente fatti a pezzi prima di tutto dalla difesa di casa. Mi sarei aspettato l’uso perimetrale di Lopez, magari Hamilton, per aprire la scatola di un pitturato letteralmente impenetrabile; invece ci si è intestarditi alla ricerca di drive scriteriati in corridoi chiusi. Risultato: un mare di palle perse e di contropiede, quanto di più dissennato, contro degli specialisti come i Wizards…
Si va in Georgia, gli Hawks sono rimaneggiati ma motivatissimi nella lotta per i playoff, ma i Nets hanno una marcia in più e stravincono dettando legge dal primo all’ultimo minuto, toccando il ventello per poi quasi dilapidarlo insistendo troppo su Lopez, ben marcato, e regalando una montagna di seconde opportunità. Tuttavia la squadra tiene, difende, è capace, finalmente, di passare sui blocchi limitando la creazione dei mismatch su cui si basa tanto Schroder nella costruzione dei suoi giochi. In attacco, gran lavoro di Hollis-Jefferson e McDaniels dalla linea di fondo e di Whitehead, che sta chiudendo la stagione in un crescendo di personalità e capacità di gestire la squadra, specie in transizione-contropiede.
Purtroppo la narrazione mensile si chiude con due combattute ed evitabilissime sconfitte, prima con i rimaneggiatissimi Sixers e poi contro i Pistons, ove, per paradosso, è proprio Lin a farsi scivolare dalle mani il pallone dell’ultimo assalto per la vittoria! Per non dimenticare mai che Jeremy Lin è sì tutto quanto abbiamo detto prima, ma pur sempre una average point guard, non la panacea di tutti i mali…
Note tecniche….evidence based: l’attacco. Sarà ormai chiaro ai miei (pochi) lettori che non amo ricorrere alle statistiche per capire il rendimento di un giocatore o della squadra: preferisco affidarmi alla “lettura” delle partite (sempre rigorosamente in diretta) ed alle sensazioni che ne ricavo, a costo di lasciare che risultati e lente del tifoso (inutile negare) inquinino il mio giudizio. Talora, tuttavia, è innegabile che i numeri, quando davvero significativi, aiutino ad enfatizzare i concetti espressi. Come spiegare, allora, le sette vittorie messe insieme in un mese (otto, se contiamo anche il successo appena gustato contro Orlando mentre vi scrivo…), a fronte delle nove ottenute nei precedenti quattro mesi? Certo, le defezioni nello starting five di alcune avversarie; certo, il tanking selvaggio di altre…Ma per vincere occorrono sempre due qualità fondamentali: saper buttare la palla dentro ed impedire agli altri di fare altrettanto!
Partiamo dall’attacco e facciamo un gioco: confrontiamo le cifre di marzo con quelle dell’intera, sciagurata stagione: 108,1 ppg vs 105,9; 35,6%3P vs 34,2; 15,4 TOpg vs 16,7. E, a proposito dei singoli, due tra i dati più significativi: Foye passa dal 35 al 44% dall’arco! Lopez da un già rispettabile 35,1% ad un sontuoso (per un centro) 38,5%! Tutto merito di Lin? Grossomodo si, anche se la crescita dei rookies si taglia con il coltello e fa la sua parte.
Questi numeri hanno un significato tecnico: nella filosofia di Atkinson il tiro da tre punti riveste un ruolo strategico. Avere più soluzioni perimetrali comporta creare campo per le sortite dello stesso Lin o per i tagli degli swing brothers. Oppure del neo-acquisto McDaniels, cui la cessione di Bogdanovic e la perdurante assenza di Harris hanno offerto una vetrina niente male che lui sta sfruttando (quasi) sempre nel migliore dei modi, utile a giocarsi le proprie carte in vista di una offseason che Atkinson, recentemente, ha definito tanto importante da escludere ogni ipotesi di riposo per i suoi di qui a fine stagione! C’è altro? Si.
Gerarchie e platoon system: lo starting five. Raccontavamo nella scorsa edizione dei cambiamenti paventati da coach Kenny dopo il disastro difensivo di gennaio. Se febbraio ha fatto registrare piccoli ed infruttuosi progressi, marzo ha delineato lo starting five in modo definitivo: con Lin, Randy Foye in funzione di combo, equilibratore e collaboratore nel ball handling, forte della rapidità di mani e della ritrovata pericolosità, con la sua caratteristica palombella a parabola altissima. LeVert e Rondae in ala, ad assicurare rapidità, difesa, versatilità ed atletismo. Il tutto intorno al totem Lopez. 8-10 il significativo record di squadra, da che Atkinson ha sancito l’immutabilità di questo quintetto base, la cui logica si evince essere prettamente difensiva, ma che ha saputo trovare equilibri offensivi sorprendenti da che ha recuperato il suo timoniere.
La panchina. Kilpatrick (ottimo rendimento dopo le nove gare di assenza) pare rinato in qualità di sesto uomo, ovvero, finalmente, nel ruolo a lui più confacente! Il primo pretoriano di Sean Marks è alla testa di una panchina il cui rendimento, spesso decisivo, testimonia la qualità del lavoro dello staff tecnico, da misurare sulla crescita e l’affidabilità dei giovani, più che sul metro dei risultati. Minuti a decine per Whitehead, Dinwiddie, Goodwin, McDaniels… Un platoon system che ha il pregio di assicurare a tutti i ragazzi il tempo necessario per entrare in ritmo-partita e farlo nel modo giusto, tenendo sempre alta la concentrazione. Tante gare sono state tenute in vita o raddrizzate grazie al contributo della second unit! Meno partecipe delle rotazioni il reparto lunghi: Lopez risulta spesso un terminale irrinunciabile e riposa davvero poco. Acy si è ritagliato il ruolo di centro tattico di rincalzo, Booker è stato dirottato in panchina e, da qui, ha trovato il modo per assicurare un distillato di energia e rimbalzi quando entra in campo. Hamilton sta vedendo nuovamente scampoli di parquet solo da poche gare a questa parte (utile per tornare a mettere in cascina un discreto numero di canestri), mentre Nicholson appare, al momento, l’unico ancora fuori dalle rotazioni. C’è voluta quasi un’intera stagione, insomma, anche a causa della sequela di infortuni, ma la definizione di ruoli e tempi, finalmente, sta dando modo a ciascuno di dare il proprio contributo.
La difesa. Per certi versi è il capitolo più intrigante e sorprendente della “march madness” dei Brooklyn Nets. Ancora qualche cifra per rendere l’idea: si passa dai 112,2 ppg concessi come media stagionale ai 107,6, con ben sei gare in cui i nostri hanno tenuto gli avversari a 100 punti o meno! Questo non sempre si è tradotto in una vittoria, ma certo da la misura dello sforzo e dei progressi fatti nel fondamentale! Mi riservo per ultimo il dato statistico più eclatante: i Nets sono settimi nella Lega, nel solo mese di marzo, per percentuali dal campo concesse agli avversari! Queste cifre, sia pure sindacabili, a voler trovare il pelo nell’uovo, in ragione della pochezza di alcune delle avversarie affrontate, erano semplicemente inimmaginabili fino a qualche settimana fa, quando i Nets erano inguardabili nella propria metà campo: un colabrodo! E sono profondamente suggestive del lavoro tecnico svolto dallo staff e della fortunata scelta dei quintetti, fino a febbraio più volte da me contestati. Salta all’occhio, in particolare, il miglioramento fatto registrare nella difesa sui blocchi, sia, come già detto, nel passare avanti e non dietro ad essi, in modo da contestare le triple costruite dal palleggio, sia nella scelta su come difendere sul pick and roll, secondo le caratteristiche degli attaccanti avversari. E qui non c’è solo lo zampino di Lin, con tutto il suo lavoro nella difesa in post (forse non tutti sanno che si è allenato sul fondamentale insieme ad Akeem!), bensì quello di tutti gli esterni della squadra, da Foye, spesso specialista designato, che, ad esempio, si è molto sbattuto e bene sugli switch, a Dinwiddie, bravo sugli scivolamenti, passando per Whitehead, un vero specialista nella scelta di tempo sugli aiuti e nelle stoppate sotto il ferro o anche negli anticipi sulla palla (da cui la maestria crescente con cui guida i contropiede), per finire con LeVert, non sempre puntuale o pienamente concentrato ma, forse, il più abile sui blocchi. Memorabile la difesa su Anthony, ad esempio, prima di Randy, poi dello stesso LeVert: un fattore, nella doppia vittoria nei derby!
Piccola considerazione personale: i commentatori specializzati hanno quasi tutti considerato la trade di Bogdanovic come una perdita per i Nets. Non io. E non perché la auspicassi da mesi, ma perché sostituire Bogdanovic con LeVert nel quintetto base avrà anche tolto qualche chiave offensiva alla squadra (ma sono sicuro che sia solo questione di tempo…), ma sicuramente ha rappresentato una bella colata di cemento su quella che era una costante falla nel muro difensivo dei Nets. Il talento e la serietà di Bogie non si discutono, ma ho visto un mucchio di partite prima e dopo la deadline e, per me, il suo approdo a Washington è stato, per Brooklyn, la classica “addiction by subtraction”!
Ed ora? Ora si cercherà di chiudere la stagione in crescendo, per sfumare con una immagine positiva, per sé, per i ragazzi, che hanno bisogno di iniezioni di fiducia, e per gli addetti ai lavori, in vista del mercato estivo: la prossima stagione dovrà essere quella del rilancio. Non del ritorno ai playoff, ma sicuramente della ripartenza sportiva, oltre che dietro le quinte. E di mercato, infatti, si parla già parecchio in quel di Brooklyn: pochi giorni or sono Marks ha presenziato a diverse gare di Eurolega, ed è facile preventivare uno o più colpi sul mercato europeo, più volte evocati ma finora mai realizzati, prediligendo il sottobosco della D-League. Grazie alla presidenza Prochorov ed al lavoro di Langdon nell’organizzazione, una corsia preferenziale con il CSKA pare ipotesi non peregrina e, dunque, Milos Teodosic il nome più gettonato ed auspicato (da me per primo!). Ma anche, a mio parere, il meno verosimile: troppo ambizioso lui, ma anche troppo stagionato e troppo poco strutturato fisicamente, per soddisfare i canoni del giocatore da Atkinson! Altre sorprese si profilano all’orizzonte e, se finora c’è stato tempo per scherzare con il fuoco, si avvicina il momento in cui occorrerà fare sul serio, se si vuole riportare la franchigia ai fasti meritati. Intanto ci sono ancora sette gare da vivere, con l’obiettivo simbolico delle venti vittorie difficilissimo, ma non irrealizzabile.
Tra un mese, a quest’ora, appuntamento ancora su queste frequenze, per raccontarci della fine e del principio della nuova edizione dei Brooklyn Nets!
Stay tuned!