Luca Dalmonte non è certo persona da covare sentimenti di rivalsa ma nel finale di questa sua terza stagione a Pesaro si deve certamente essere tolto qualche bella soddisfazione e non solo per il miglior risultato sportivo che la Scavolini Siviglia ha colto da parecchi anni a questa parte.
La stagione 2011-12 dei pesaresi si è chiusa infatti inaspettatamente con un’onorevolissima resa in semifinale contro la storica rivale Olimpia Milano e, per il coach imolese, ancora più inaspettatamente con una standing ovation di quasi diecimila spettatori nonché con gli applausi finali di una sala stampa locale che, pur con il rispetto dovuto alla sua sempre immancabile signorilità, non gli ha mai risparmiato qualche stoccata.
Giunto alla terza stagione sulla panchina pesarese senza che il suo feeling con tifosi e carta stampata locale decollasse mai, visti anche i risultati oggettivamente poco più che sufficienti, quest’anno Dalmonte era giunto probabilmente ad una sorta di resa dei conti; dopo un’eccellente campagna acquisti che aveva portato in riva all’Adriatico Cavaliero, Hickman, Jumaine Jones e White, addirittura il capocannoniere dell’ultimo campionato, le dichiarazioni sempre pacate e low profile del coach andavano inevitabilmente a cozzare con l’entusiasmo e le aspettative di un ambiente improvvisamente galvanizzato.
In effetti se comunque il risultato finale è andato oltre le più rosee aspettative, c’è comunque da dire gli sforzi compiuti dalla società in sede di campagna acquisti avevano autorizzato i tifosi ad aspettarsi qualcosa in più di quell’aurea mediocritas che, nelle ultime stagioni, aveva anestetizzato un po’ tutto l’ambiente.
La prima parte di stagione, tuttavia, non aveva fatto altro che accrescere l’impazienza dell’ambiente e che far serpeggiare una strisciante contestazione proprio contro quell’allenatore reo di non riuscire ad accendere l’entusiasmo né con le parole né con i fatti.
A dir la verità i primi match, pur condizionati dall’infortunio della stella designata White nel prestagione e dal suo esordio posticipato, non erano stati così deludenti; alla sconfitta in quel di Biella alla prima di campionato erano giunte delle belle affermazioni sia in casa contro Milano che fuori a Cantù e Caserta, tant’è che, nonostante il gioco un po’ latitante, ad inizio novembre la squadra veleggiava in buona posizione.
Tuttavia con il mese di novembre la squadra andava incontro ad una sorta di crisi di rigetto per il reinnesto di White; il rientro dell’ex Sassari aveva comportato giocoforza un rimpasto delle gerarchie offensive che la squadra tardava ad assimilare con evidenti ripercussioni sul campo, dove si manifestava un’evidente difficoltà a fare punti e, in particolare, ad attaccare un qualsiasi principio di difesa a zona.
Fin lì la squadra si era retta sul carattere di Hackett e su qualche lampo di Hickman che lasciava prevedere solo in parte la sua seconda parte di stagione da candidato a MVP, laddove lo stesso Jones trovava qualche difficoltà a trovare il canestro con continuità.
Giungevano così le batoste interne contro Venezia, Avellino e, ancora un volta, nel derby contro Montegranaro; ma la contestazione vera e propria giungeva paradossalmente nel turno post- natalizio quando, nonostante la vittoria (oggettivamente brutta), contro Varese emergeva a gran voce il dissenso del pubblico nei confronti del coach, reo di non essere riuscito a dare una fisionomia alla squadra.
Il timore era che ancora una volta si dovesse assistere ad una stagione piuttosto piatta in cui tutte le volte la squadra riusciva puntualmente e periodicamente a dissipare le cose buone messe in mostra; in pochi potevano pensare che proprio in quel periodo la creatura del coach stava finalmente assumendo le sembianze definitive per iniziare quella cavalcata che l’avrebbe portata alle semifinali dei Play-offs.
La quadratura del cerchio si compiva con il completo inserimento di White e con un contestuale riassetto offensivo della squadra in cui Hackett, saggiamente, si dedicava ad un compito meno sopra le righe ma comunque importante; ma comunque, al di là di ciò, il cambio di marcia dei pesaresi coincideva con quello della vera sorpresa della stagione, ovvero quel Ricky Hickman vero e proprio trascinatore della squadra e, in più di un’occasione, match winner per il coach.
Il playmaker ex Casale Monferrato, pur essendo fresco vincitore del platonico titolo di MVP del campionato di Legadue proprio con i piemontesi , ha finito con lo stupire anche al piano di sopra, incarnando peraltro tutte quelle caratteristiche che Dalmonte richiede ai suoi play e che, per vari motivi, non aveva trovato nei suoi predecessori Green e Collins: leadership offensiva, capacità di attaccare il ferro ma anche di svolgere buoni pick&roll.
A cavallo dei due anni la Scavolini Siviglia coglieva così 7 vittorie in 8 incontri (tra cui il contestato successo contro Varese, ma anche con le entusiasmanti affermazioni in casa di Siena ed in casa contro Bologna) che la portavano a ridosso della seconda posizione.
Dopo la positiva esperienza della Coppa Italia il campionato proseguiva con due secche sconfitte a Venezia ed in casa contro Caserta, ma poi la banda di Dalmonte proseguiva il proprio galoppo fino alla conclusione quando, con un po’ di stanchezza ed un po’ di sfortuna, la squadra andava incontro a qualche sconfitta che la relegava al sesto posto finale.
Un piazzamento ai margini delle top 4 che lasciava un po’ di amaro in bocca al sognante ambiente pesarese, anche perché figlio di una sconfitta nell’ultima di campionato sul campo della già retrocessa Casale Monferrato e che obbligava i biancorossi ad affrontare la temibilissima Cantù anziché Sassari, avversaria designata qualora fosse arrivata la quinta posizione.
Nell’occasione Dalmonte, con la sua solita aria serafica, invitava a non dar troppo peso ad una sconfitta figlia più che altro della stanchezza ed invitava anzi tutti a pensare con positività al pur difficile quarto di finale che li attendeva; pochi in realtà pensavano che il coach di casa sarebbe stato buon profeta.
Il resto è storia quasi di oggi; le due batoste in terra brianzola, la spettacolare rimonta da 0-2 con vittoria finale nello spareggio esterno (cosa mai successa prima nei play-offs italiani), il revival di emozioni nella serie contro Milano, conclusosi con i brividi di un’Adriatic Arena piena e calorosa come non mai.
Emozioni che il coach ha dichiarato a caldo di volersi portare dentro per sempre, rivelando quell’umanità che d’ora in poi il pubblico di casa non potrà certo ignorare.
Ancora per qualche giorno staff e pubblico potranno godere delle emozioni appena vissute ma poi occorrerà lavorare da subito per il futuro. Il campionato appena trascorso ha dimostrato che il quintetto base è stato da altissimo livello e, con un paio di aggiustamenti ad una panchina che in più di un’occasione si è rivelata il tallone d’achille di questa formazione, sarebbe lecito anche sognare ancora più in grande; in realtà si presume che il budget per la prossima stagione sarà ridimensionato, sicché sarà difficile pensare di poter trattenere due assi affermati come White ed Hickman.
Punto quasi certamente fermo sarà quindi ancora coach Dalmonte che, dopo la stagione appena trascorsa, potrà pensare di avere ottenuto la sempiterna riconoscenza del pubblico di casa, così come accaduto a tanti coach già capitati da queste parti e che ad ogni ritorno in riva all’Adriatico ricevono scroscianti applausi.
Giulio Pasolini