Lunedi sera l’ Olympiacos ha vinto, al palazzo dello sport della “pace e dell’amicizia” del Pireo, il derby di campionato greco contro i rivali storici del Panathinaikos.
Per i biancorossi campioni d’Europa si tratta del secondo successo stagionale sui verdi in attesa dell’ennesimo capitolo della saga infinita, in programma domenica sera nella finale di Coppa di Grecia.
Eccezion fatta per i primi dieci minuti ( 20-22 il parziale dopo il primo quarto) è stata una partita di rara bruttezza, dominata da una serie infinita di errori banali da entrambe le parti ed interrotta continuamente da una serie di falli che ha portato ben 46 volte le squadre in lunetta.
Per rendere l’idea si è tirato complessivamente poco dal campo, 51 volte i padroni di casa e 56 gli ospiti: se evidenziamo come nell’ ultimo turno del nostro campionato le due squadre che hanno preso meno tiri siano state Sassari e Venezia entrambe con 59 conclusioni , possiamo renderci conto della scarsa spettacolarità del 72-67 finale del Pireo.
L’ Olympiacos ha avuto tanto da Ac Law ( 12 punti) schierato in starting five per ovviare all’ assenza di Mantzaris che ha chiuso la stagione per infortunio la scorsa settimana sul parquet dell’ Alexandrieu di Salonicco e dall’ ex di turno Perperoglou ( 10 ).
Dell’ assenza di Mantzaris ha sofferto tremendamente Spanoulis, costretto a tornare in parte al ruolo di play , che ha chiuso con un avvilente 2/11 dal campo e 11 punti complessivi di cui 6 provenienti da 10 giri in lunetta.
La partita del Panathinaikos si sintetizza nei 17 punti finali di Diamantidis e nei suoi 6 assist che hanno contribuito ai 25 complessivi della coppia di lunghi Lasme e Schortsanitis.
La sconfitta è quindi figlia del 2/13 sparacchiato dal mediocre trio di esterni Banks, Kapono e Bramos: bocche da fuoco spente quantunque spesso messe in ritmo da discrete giocate ancora di Diamantidis e Ukic.
Detto velocemente della partita, rientriamo invece in quelli che sono e saranno i contenuti di questa rubrica, ossia cercare di narrare storie sconosciute di basket e di personaggi ad esso legate.
Lo spunto arriva questa volta dalle parole spese nel dopo partita dal giocatore dell’ Olympiacos, Kostas Papanikolaou il quale ha dedicato la vittoria alle vittime del “Gate 7” di cui proprio fra qualche giorno ricorrerà l’anniversario a 32 anni della tragedia.
Ma che cosa è esattamente quel GATE 7 o meglio a cosa si riferisce quel GATE 7 che spesso vediamo, magari inquadrato in televisione, durante le partite dell’ Olympiacos?
L’ otto di febbraio del 1981 è una domenica come tante altre in una Atene illuminata da un sole già primaverile.
E’ una domenica di festa, al vecchio stadio ” Karaiskakis” nel pomeriggio va in scena un derby calcistico tra Olympiacos e Aek che vale quasi uno scudetto, essendo le due squadre divise da appena due punti in vetta alla classifica.
Lo stadio, il vecchio e glorioso stadio, è stracolmo ma le due tifoserie sono tranquillamente a contatto fra di loro: a quell’epoca non esisteva infatti l’ astio fra supporters che invece infetta lo sport ellenico adesso.
La partita finisce 6-0 per i biancorossi padroni di casa e scoppia il delirio, i tifosi del settore 7 dello stadio, chiamato appunto Gate 7 , al fischio finale vogliono correre ad abbracciare i loro beniamini ma per farlo devono attraversare parte dello stadio ed arrivare al settore 1.
Un cancello chiuso o socchiuso provoca la tragedia: la prima ondata di tifosi si blocca improvvisamente e cadendo travolge quelli dietro scaraventandoli per terra come tasselli di un tragico domino.
Nella calca muoiono 21 persone, il più giovane di 14 anni ed il più anziano di 40: sono tifosi di entrambe le squadre purtroppo accomunati dallo stesso tremendo destino.
Lo stadio è stato rimodernato per le Olimpiadi del 2004 ma all’entrata c’è un monumento che ricorda quel giorno maledetto mentre nell’attuale settore 7, il Gate 7 ci sono 21 poltroncine dipinte di nero in ricordo delle vittime.
Sorprendente ma direi anche allo stesso tempo coerente la decisione presa la scorsa settimana da Ibby Jaaber, di rescindere il suo contratto con lo Zalgiris Kaunas a causa della sua religione musulmana che poco si sposa con le scritte degli sponsor sulle maglie di gioco della squadra e sulle mise delle scosciate cheerleaders che allietano i time out alla Zalgiris Arena.
L’ex giocatore di Roma e Milano, tornato al basket giocato dopo un anno sabbatico successivo ad un fallimentare Summer camp con gli Houston Rockets, ha prontamente restituito tutti i soldi guadagnati in terra lituana da ottobre ad oggi e reso noto che non tornerà mai più a giocare in Europa proprio a causa dei valori della sua fede religiosa
Chissà come avrà reagito alla cosa il vulcanico padre-padrone dello Zalgiris, il celebre Vladimir Romanov, quello tanto per capirci che poco prima di Natale rise in faccia ai dirigenti del Fenerbahce che avevano bussato alla sua porta per accaparrarsi le prestazioni sportive di Rimas Kaukenas con un’ offerta definita da Romanov “degna di una scena di cabaret”.
Questo signore, nativo della Russia ma trasferitosi in Lituania con la sua famiglia fin da bambino, ha iniziato la sua escalation sociale facendo il tassista a Kaunas ed arrotondando il mensile con la vendita abusiva di musicassette di Elvis Presley, cosa all’epoca assolutamente vietata dal regime comunista dell’Urss, contrario alla diffusione di tutto ciò che che provenisse dall’occidente.
La sua vera fortuna l’ ha però fatta negli anni 90 quando approfittò della privatizzazione delle industrie statali dell’ ex Unione Sovietica, diventando un importante imprenditore del ramo tessile.
Per capire il soggetto, giova sottolineare come una delle prime cose che fece, con i primi guadagni, fu quella di acquistare il dismesso sottomarino sovietico K-19 sul quale aveva trascorso i suoi sei anni di carriera alla marina militare russa.
Con il passare degli anni è diventato uno degli uomini più ricchi dell’ est europeo, con un patrimonio stimabile intorno ai duecento milioni di sterline ed un fondo di investimento di sua proprietà (UBIG) attraverso il quale nel 2009 acquistò da Arvidas Sabonis la squadra di basket dello Zalgiris e successivamente quella calcistica scozzese degli Hearts of Midlothian.
La politica è e resta un suo grande pallino: impossibilitato dai suoi natali russi a concorrere alla presidenza del paese ( questo malgrado una “lituanizzazione” del suo nome tramutato in Vladimiras Romanovas) dicono che utilizzi proprio la pallacanestro come strumento per la realizzazione delle sue ambizioni politiche.
Ne sanno qualcosa Kaukenas ed i due gemelli Lavrinovic che si sono trovati candidati ( probabilmente a loro insaputa) al Seimas, il parlamento lituano, nella lista politica di Romanov, che per la cronaca a quelle elezioni arrivò ultima con lo 0.25% dei consensi.