Proviamo a scherzarci su e citiamo pure l’Orietta nazionale, anche se le riflessioni legate ai fatti di questo ultimo periodo sono serissime, rassegnandoci ad un pittoresco “FIP che la barca va”, titolo se vogliamo simpatico, ma che mal cela un amaro senso di rassegnazione.
Una barca che scricchiola, da tempo, e che va, con un capitano che si preoccupa di riempire i divani di casa, mentre chi, come il sottoscritto, vive o ha vissuto in trincea negli ultimi anni, assistendo tra impotenza e sbigottimento, ad un movimento in seria difficoltà. Un movimento colpevolmente incapace di mettere in piedi un processo di eutrofizzazione e liberarsi di avventurieri sprovveduti, che non fanno altro che minare la credibilità del sistema, con l’inevitabile abbassamento del livello di gradimento prima di tutto della pratica sportiva.
Non è forse un caso che la pallacanestro non compaia tra i primi 5 sport più praticati dagli italiani. Secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio sullo Sport System di Banca Ifis la pallacanestro, nel 2022, risulta addirittura la settima attività sportiva praticata nel Belpaese, subito dietro alla Pallavolo e preceduta, nell’ordine, da calcio, nuoto, ciclismo, tennis e sci. Chissà se il capitano della barca, prima di puntare il dito contro marketing e comunicazione di LBA, si sia fatto due conti in questo senso, provando a ragionare sui problemi più seri che attanagliano la pallacanestro italiana.
Una pallacanestro che, per esempio, consente ad un radiato di poter comodamente elargire consulenze, da esterno, e presenziare tranquillamente ad allenamenti e partite, partecipando così alla vita societaria, semplicemente perché non tesserato. Vogliamo fare un paragone con il calcio, dove la presenza a bordo campo di Luciano Moggi ha immediatamente fatto scattare sull’attenti la Procura Federale, con immediata apertura di un’inchiesta?
Oggi come oggi, a fronte del deposito di una fidejussione, è possibile iscriversi ai vari campionati, con un importo a garanzia che varia a seconda dell’impegno economico del torneo nazionale, e che nel tempo è stato oggetto di aggiustamenti al rialzo, nel tentativo di fare selezione. Oggi, dopo i fallimenti di Firenze, in serie B, e Ferrara in serie A2, appare evidente quanto questo sistema sia debole.
Non solamente perché non riesce con evidenza ad arginare il fenomeno dei fallimenti a stagione in corso. Ora, senza addentrarci in troppi tecnicismi legati a fidejussioni e controlli ComTeC, si ricorda solamente che otto anni fa, per evitare i tracolli finanziari come quelli di Forlì e Veroli, i controlli vennero alleggeriti e le fidejussioni aumentate. Bene, 8 anni dopo il risultato appare evidentemente inefficace. Senza poi dover scavallare il lustro, basti pensare alla vicenda Virtus Roma nella stagione 2020-21, quando da queste colonne già si segnalavano scricchiolii inquietanti in prossimità della scadenza dell’iscrizione e non si gridò certo alla sorpresa quando il sodalizio capitolino salutò la compagnia. Ovviamente e colpevolmente, a stagione in corso.
Ma questa è solamente la punta dell’iceberg. Tifosi e non addetti ai lavori si accorgono della vulnerabilità del sistema solamente quando esce la notizia. Ma nulla sanno del reale andamento di società che, magari, tirano avanti stagioni a botte di 15-20 lodi ad annata. Poco si sa di cosa ci sia dietro alle società. Poco si sa del semi volontariato su cui si reggono le società. Di dopolavoristi o volontari che allestiscono palazzetti, scrivono comunicati stampa, gestiscono i social, fotografano, accompagnano i giocatori alle visite specialistiche, organizzano eventi e altro ancora, o addirittura sgombrano appartamenti affittati per i giocatori a fine contratto.
Tutte attività che se mal retribuite o retribuite con ritardi colossali, non balzano agli onori della cronaca e restano nel silenzio di società attente a non far trapelare notizie su ritardi nella corresponsione di stipendi ai giocatori, o affitti ai proprietari di immobili, o pagamenti ai fornitori in genere.
Meglio, certamente, parlare di divani, del sogno Banchero, di marketing e comunicazione ma la realtà è che prima di arrivare lì, occorre avere delle basi solidissime, perché con la comunicazione puoi certamente creare un bell’abito sartoriale, ma se dietro ci son problemi, non è detto che l’abito faccia sempre il monaco.
Ad oggi, si è di fatto nelle mani della buona fede e dell’onestà di presidenti che con tanta passione, certamente, vogliono fare pallacanestro, ma che per prima cosa devono essere onesti verso loro stessi ed i propri collaboratori, adeguando i propri investimenti a ciò che realmente possono permettersi. Troppo poco, oggettivamente.
Ci piacerebbe che le prossime elezioni federali fossero incentrate su queste criticità e non sulla caccia al voto dei comitati. Ci piacerebbe che al centro delle prossime elezioni federali ci fossero risposte concrete a domande tipo “Come è possibile che un allenatore con precedenti per reati su minori possa tornare ad allenare?”.
Se la risposta a tutto questo sta nel professionismo, allora che tutto il basket nazionale diventi professionistico. Ma se la risposta è “Eh, ma così non si iscrive nessuno”, allora teniamoci pure questa barca…Fin che va
Frambo