La regular season è il momento delle strisce, vincenti o perdenti che siano. Se infatti da un lato è vero che il fatto di sapere dopo una sconfitta, brutta a piacere, che la sera successiva si avrà la possibilità di rifarsi, dall’altra il giocare ogni sera (o ogni due) permette anche di trasportare da una partita all’altra quello stato d’animo (buono o cattivo) che poi spesso fa la differenza. Al momento, le strisce aperte più significative sono quelle di Boston (10), Miami (9), NY (8!?), Chicago (6), SanAntonio (5, anche se il loro intero campionato da 20-3 può considerarsi una lunga striscia positiva!), e si è appena chiusa quella di Dallas (12, per altro ad opera di un’insospettabile Milwaukee). Per quanto riguarda il lato oscuro della forza, abbiamo a pari merito a 8 gli infallibili Nets (che dopo aver fatto credere a inizio stagione di essere una squadra, stanno tornando dove compete loro …) e i Cleveland Cavs (ai quali il Re, al suo primo ritorno in città, ha sostanzialmente staccato la spina che li teneva in vita artificialmente, ed oggi hanno l’elettroencefalogramma piatto), mentre a 5 tallonano i Maghi della capitale. Salvati in corner grazie a cavilli (ovvero il fatto che qualche vittoria occasionale sia arrivata proprio negli ultimi giorni, a puntellare record drammatici) le apocalittiche Sacto e LA (weak side).
Tralasciando i garbage teams, di cui magari parleremo un’altra volta (ma anche no …), vorrei darvi qualche spunto riguardo a quelle in salute (escludendo Boston e SA, di cui già si è parlato nei pezzi scorsi, e NY, di cui parleremo prossimamente in un pezzo “all italians”).
[b]CubanVille[/b]
A Dallas, quando vedono la squadra stravincere e Nowitzky dominare in zona MVP cominciano a preoccuparsi. Le ultime 2 volte che è successo, 1 anno hanno perso in finale con la peggior rimonta subita nella storia del gioco (contro gli inattesi Heat di Wade e Shaq), l’altro sono usciti al primo turno ad opera del perfido Nelson (gli ottavi poveri piccoli Guerrieri hanno eliminato a sorpresa i Mavs dei record, e il tedesco ha ricevuto in borghese uno degli MVP più umilianti della storia). Tanta roba buona in quel di Dallas (direi tutto il talento che il denaro può comprare …); Wunderdirk sembra al suo meglio di sempre, forse meno atletico che in passato, ma psicologicamente molto più solido e più lucido nei finali di partita; Kidd si ostina a ingannare il tempo, e se in difesa fa ridere e non ricorda neanche lontanamente l’eclettico difensore di NJ, in attacco è ancora la mente pensante della squadra, e produce gioco come ai tempi belli. Certo, sono scomparsi penetrazioni e gioco in post, ma in compenso da 3 (suo storico punto debole) oggi appare molto sicuro. Quando poi Kidd vuole (saggiamente) riposarsi, entra JJ Barea, qualche anno fa elemento folkloristico, oggi solido veterano NBA, buon regista e ottimo realizzatore “istantaneo”. Sempre in tema di punti veloci, c’è anche quello che meglio interpreta questo ruolo nella lega (insieme al solo Crawford), ovvero il Jet. Ormai completamente convertito in sesto uomo di impatto (ricordo che per tanti anni è stato la stella degli Hawks; certo, Atlanta è sempre Atlanta, comunque Terry era il “go to guy” di una squadra NBA qualche anno fa), anche quest’anno ha già girato diverse partite dei suoi.
In ala piccola evoluiscono due discreti giocatorini, ed ex All-Star, come Marion e Butler. Di Marion ho sempre parlato male (e ritengo di aver sempre avuto ragione), ma averlo come rincalzo alla bisogna resta un bel lusso. Butler invece va e viene. Indubbiamente non ha costanza, ma in questa squadra non è fondamentale che ne abbia lui (come visto, le alternative non mancano!). Quando però è in serata è ancora capace di fare male. Chiudo la carrellata dei notabili con quella che è a tutti gli effetti l’addizione più rilevante di questa stagione: Tyson Chandler. In attacco siamo all’ABC (anzi, forse ci fermiamo alla A, come “Alzata e schiacciata”), ma il suo contributo a rimbalzo e soprattutto in difesa è decisivo. Ai Mavs in centro negli anni c’è stato un po’ di tutto, centimetri (Diop, Bradley), volume (Dampier), tecnica e pazzia (Walker), ma mai come ora Dallas ha avuto a disposizione un giocatore a cui ancorare la propria (mai brillantissima) difesa, uno stoppatore atletico capace di essere determinante in aiuto e come intimidatore. Carlisle convince il giusto, ma se sono andati in finale con in panca Avery Johnson, il solo limite è il cielo.
[b]Miami Freaks[/b]
Torniamo a parlare di Heat dopo un po’ di tempo, cercando di trarre qualche indicazione da questa striscia di vittorie ancora aperta. Innanzi tutto bisogna precisare che delle 9 avversarie incontrate, solo due erano almeno decenti, Atlanta e New Orleans, ma entrambe in momenti non facilissimi, e quindi meno impegnative di quanto non dica il record complessivo o il roster. Tutte le altre vivono con merito nei bassifondi della classifica. Certo, gli Heat di novembre avrebbero potuto perdere con molte di queste, per cui il miglioramento è innegabile, ma l’eccessivo ottimismo appare altrettanto fuori luogo.
La notizia migliore è senz’altro quella relativa a Bosh. Come avevo detto a inizio stagione, Chris ha bisogno (un po’ per ruolo, un po’ per caratteristiche tecniche) di un gioco più strutturato per poter essere efficace. Non gli basta la palla in mano e un po’ di spazio (come ai due Amigos) per andare a canestro. Ed era evidente che un mese fa Miami non era in grado di strutturarsi per servirlo come si deve, con ovvia ripercussione sulla pericolosità offensiva dell’ex canadese. Oggi invece, come ampiamente previsto o almeno auspicato, a inizio primo e terzo quarto la squadra si organizza per servire ripetutamente Bosh. Certo, non parliamo di palloni in post basso (anche perché non saprebbe cosa farsene), ma di piazzati dai 4 metri con spazio, che permettono a Bosh di segnare nel 50% dei casi. Onestamente servirlo ogni tanto in movimento, mentre taglia in area (magari dopo un pick & roll) aiuterebbe ulteriormente la causa, ma intanto godiamoci i progressi. Il risvolto pratico più utile di questo new deal non sono tanto i pochi punti a partita in più (oggi viaggia intorno ai 17, quindi niente di travolgente), quanto il fatto che questo modo di giocare ha ridato dignità a quello che è decisamente il figlio di un dio minore nella triade. La maggior stima e autostima si ripercuote immediatamente in un atteggiamento più aggressivo in campo, che si traduce in più rimbalzi, qualche stoppata, e in generale un atteggiamento meno imbarazzante in difesa. E considerando che la vita e la morte di questa squadra sono legate a come difende, non è un cambiamento da poco. Riguardo invece a James e Wade, sinceramente non vedo miglioramenti tecnici, ma da maggior familiarità. Ovvero, Spoelstra non è ancora riuscito (e forse mai riuscirà) a ideare un gioco che li valorizzi entrambi rendendoli complementari, siamo ancora alla gestione a turni: ampi tratti di partita in cui sono in campo senza l’altro, e in cui hanno carta bianca, si alternano a periodi di coesistenza, in cui la turnazione avviene a possessi alterni. Personalmente mi sembra uno spreco inaccettabile, però col fatto di aver giocato così per un mese e mezzo, mi sembra che i due interpreti si trovino ora più a loro agio in questo nuovo modo di giocare, e quindi rendano di più. Per quanto riguarda invece i famosi alley-hoop fra i due, che intasano SportCenter e NBA Action, li trovo più uno spot pubblicitario che un fatto tecnico. E’ come una rappresentazione che i due si sforzano di fare per far vedere agli altri che insieme possono funzionare, ma l’inseguimento della giocata spettacolare a tutti i costi (e per forza fra loro due) spesso fa più male che bene. La striscia di vittorie ha per il momento rinforzato la traballante panchina di Spoelstra, ma la partita è tutt’altro che chiusa.
A inizio novembre gli Heat si sono infranti, dopo un’estate passata a pianificare (forse con eccessivo anticipo) i dettagli tecnici della parata cittadina per l’anello, sul muro della realtà. La squadra aveva una quantità immane di lavoro da fare. Addirittura era in dubbio se fosse fattibile o meno. Dopo un mese e mezzo, l’impressione è che si sia iniziato a lavorare nella giusta direzione, ma che alla meta manchi comunque ancora molto.
Nota personale: questo credo sia il terzo pezzo di NMTPG nel giro di un mesetto, non succedeva da tempi immemori. Non so finchè dura, ma intanto me la godo…
Vae Victis
Carlo Torriani