di Michele Longo (Vox&One podcast)
Brindisi, 30 aprile 2024 – Dopo 12 anni consecutivi nella massima serie, la Happy Casa Brindisi è retrocessa in A2. Lo fa in modo crudele, dopo una rimonta che sembrava impossibile, ma che almeno è servita a riappacificarsi con il pubblico del PalaPentassuglia che ha salutato la squadra con un caloroso e sentito applauso alla fine della partita vinta contro la Reyer Venezia.
La matematica certezza è arrivata appunto solo domenica e il rush finale dopo le Final Eight, fatto di 6 vittorie in 9 partite, non è servito a cancellare i numerosi errori commessi nel corso della stagione. Andiamo ad analizzarli.
LE SCELTE ESTIVE
Improvvisamente ritrovatasi senza la colonna vertebrale della gestione sportiva, a causa degli addii di Frank Vitucci e Simone Giofè che avevano ancora un anno di contratto, la società di Contrada Masseriola si è trovata a dover riorganizzare tutto, senza preavviso e con pochissimo tempo a disposizione.
Il presidente Nando Marino ha puntato subito in grande, contattando coach di spessore come Banchi e De Raffaele che, nonostante abbiano apprezzato la proposta, hanno poi gentilmente declinato facendo però perdere tempo prezioso. Il piano era infatti di concedere a entrambi anche la scelta del DS, in modo da portare a Brindisi un “pacchetto completo” gradito all’allenatore.
In attesa delle risposte si è però perso tempo prezioso e altri coach papabili (Galbiati su tutti) avevano nel frattempo trovato un’altra sistemazione. A ciò si è aggiunto il fatto di non avere un DS e quindi non poter affidare a lui la scelta dell’allenatore e il blocco totale del mercato come principali conseguenze.
Con poche e non esaltanti alternative, il presidente Marino ha tentato la scommessa, ovvero affidare la panchina a Fabio Corbani, già a Brindisi e vice di Frank Vitucci nella stagione 2022-23. La scelta sarebbe stata anche sensata visto che, in un momento di difficoltà, a volte è meglio affidare tutto a chi già conosce la piazza e alcuni giocatori che potevano essere facilmente riconfermati (Bowman e Mezzanotte su tutti).
Il problema è che il recente passato del curriculum di Fabio Corbani parlava chiaro: esonero a Cantù in serie A, una buona stagione alla Virtus Roma in A2, esonero all’Eurobasket Roma in A2, esonero a Orzinuovi in A2.
A questa scelta si è aggiunta quella di andare su un DS straniero, Leo DeRycke, di grande esperienza ma con sole due esperienze fuori dal Belgio, una in Germania al Bamberg e una in Francia allo Chalon.
Insomma Brindisi si è preparata a una stagione, indicata dagli insider come la più dura e combattuta degli ultimi anni, con un allenatore pluriesonerato e un DS esordiente. Errore grave, in quanto sarebbe stato sicuramente meglio far scegliere al DS chi mettere in panchina, magari con qualche nome estero come fatto da Reggio Emilia e da Napoli.
Se però il dirigente belga, qualche buona “pescata” l’ha avuta (Laszewski e Sneed per esempio), la scommessa Corbani è stata persa senza appello, così come ammesso dallo stessa Nando Marino in un’intervista ad Antonio Celeste (firma storica del giornalismo brindisino).
IL ROSTER
Altro errore imperdonabile della società è stato lasciare carta bianca al nuovo allenatore per quanto riguarda il mercato e, errore ancor più grave, lo ha fatto il DS DeRycke nel non mettere il veto su alcuni nomi.
A inizio mercato sembrava che il rinnovo di Bowman e di Mezzanotte fosse scontato, mentre invece coach Corbani ha scelto di andare per la sua strada e costruire una squadra leggera, veloce e composta da alcuni giocatori che aveva già allenato in passato.
Ecco quindi che arrivano le firme di JaJuan Johnson come centro (pur non essendo un centro), Lombardi, Laquintana, Mitchell, Laszewski, Morris e Senglin. Tutti a quel punto si sono resi conto di una cosa fondamentale: questa squadra non aveva un play, un centro e soprattutto era leggerissima per un campionato sempre più fisico come quello italiano.
A fine mercato è arrivata la firma di Sneed, non voluto da Corbani il quale avrebbe preferito un’altra guardia nello spot di tre, unico specialista difensivo e dotato di un “telaio” non da poco.
IL CAOS IN CAMPO
A inizio stagione, squadre come Brindisi devono solo pensare a una cosa: trovare un’identità di gioco il prima possibile in modo da farsi trovare pronti quando le grandi sono ancora in fase di rodaggio. È ciò che hanno fatto per esempio Cremona e Pistoia, rosicchiando subito punti importanti che si sono rivelati utilissimi a fine campionato.
Corbani è partito con un impianto di gioco molto semplice, basato sulla velocità e tre schemi che ruotavano intorno al pick ‘n’ roll centrale o a quello in transizione. Tutto bene insomma, finché, alla terza amichevole, non ha deciso di stravolgere tutto.
Cambi folli in difesa sul PnR centrale che creavano mismatch e che la squadra faticava ad assimilare, in quanto mancava sempre l’aiuto dell’ala piccola che sarebbe dovuta andare in soccorso del piccolo accoppiato con il centro. Il risultato? Una caterva di canestri semplici presi e addio attacco in transizione.
Oltre a questo Corbani ha iniziato anche a sperimentare nuove soluzioni offensive alternando Senglin e Morris come play. Il risultato? Nessuno dei due era un creatore di gioco, quindi testa bassa e soluzioni personali senza mettere nessuno in ritmo.
Nonostante fossero già evidenti a tutti i problemi, mascherati solo dalle vittorie contro avversari inferiori nel preliminare di Champions League, Corbani è andato avanti per la sua strada e la squadra si è presentata in campo con l’impressione di non sapere cosa fare. Le sconfitte contro Reggio Emilia, Napoli e Pesaro, con passivi pesantissimi sin dal primo quarto, hanno fatto capire a tutti l’errore clamoroso commesso in estate.
L’avventura di Corbani finisce alla quarta giornata di campionato, dopo uno 0/4 in campionato e uno 0/2 in Europe Cup.
LA SFORTUNA
Se è vero che le colpe della società sono state tante, è corretto anche dire che l’inizio di stagione di Brindisi è stato sfortunato come pochi. Innanzitutto il preliminare di Champions League, con 3 partite in 5 giorni, che ha martoriato i muscoli dei giocatori ancora in fase di preparazione.
Poi il covid di rientro dalla Turchia (sede dei preliminari) che ha messo fuori servizio mezza squadra e infine i tantissimi infortuni muscolari che hanno tenuto fuori a lungo Senglin, Bayehe, Johnson, Sneed e Laquintana.
Anche l’arrivo di Sakota, sostituto di Corbani, è stato funestato dalla sfortuna, con il coach subito ai box causa covid e costretto prima a saltare tre partite e poi a trovarsi con una squadra decimata dagli infortuni e impossibilitato a capire il materiale umano che aveva a disposizione.
GLI INTERVENTI IN CORSA
La classifica dopo lo 0/8 iniziale faceva paura e Brindisi ha fatto l’errore che nessuna società dovrebbe fare in questo momento, ovvero entrare nel famoso Panic Mode.
Dopo un lungo e infruttuoso inseguimento a Brandon Knight, date le evidenti carenze in fase di playmaking, si è scelto di tagliare Mitchell (inadeguato per la serie A) e optare per Loren Jackson, appena scaricato da Gravelines.
Il play, alto appena 178 cm., è stata la classica mossa dettata dal panico. Non adatto al campionato italiano, estremamente egocentrico e accentratore (sanguinosa la sua scelta di ignorare i dettami di Sakota nel finale di Sassari-Brindisi e cercare una soluzione personale che ha provocato una sonora stoppata e partita persa).
L’avventura di Jackson dura poche partite, il tempo di rendersi conto di aver fatto un buco nell’acqua e di ripiegare su Frank Bartley, scorer puro, ma che non ha risolto i problemi di playmaking della squadra.
IL SUICIDIO CONTRO SCAFATI
Si dice che quando non piove grandina ed è esattamente quanto successo nella partita di Santo Stefano contro Scafati. Brindisi avanti di 22 punti a pochi minuti dalla fine, entra inspiegabilmente nel panico e si fa rimontare perdendo inopinatamente.
In quei 4 minuti finali si sono viste tutte le debolezze tecniche e mentali di una squadra incapace di reggere la pressione.
Le rimesse sbagliate, i passi di Jackson, Lombardi che a 20” dalla fine invece di far morire la palla, o affidarla a qualche tiratore di liberi che aveva a due metri, che cerca un improbabile no look pass che si tramuta in persa e 3 punti per Scafati.
Attimi che rimarranno impressi nelle menti dei brindisini per chissà quanto tempo.
L’ADDIO DI JOHNSON, SENGLIN E IL CAMBIO DI ROTTA
Il girone di ritorno, iniziato con la fragorosa sconfitta in casa della Virtus Bologna, è solo il preambolo di altre prestazioni sconcertanti in cui ci si rende conto che non proprio tutti i giocatori sono dediti alla causa.
Un nome su tutti è JaJuan Johnson. Capitano e responsabilizzato da un biennale a cifre pesanti per una squadra come Brindisi (rumors parlano di circa 235mila euro l’anno), l’americano non è mai stato un trascinatore per questa squadra.
Anzi, ha dato sempre l’impressione di scarso impegno, mollezza e di avere un atteggiamento non congruo al suo ruolo in squadra.
Il suo taglio è stato visto come una liberazione da parte di tanti tifosi brindisini, ormai stanchi di certi atteggiamenti.
TRE SETTIMANE
Si tratta del ritardo che ha contraddistinto tutte le mosse della dirigenza brindisina e che poi si sono rivelate le ragioni principali della retrocessione.
È questo il ritardo con cui si è preso il play che mancava in autunno, il ritardo con cui è stato firmato uno scorer e il ritardo con cui si è sostituito Johnson, portando la squadra a giocare sfide importanti contro Milano e Tortona con il solo Bayehe da centro.
È altresì vero che una società come Brindisi non può andare sul mercato e prendere ciò che vuole, così come è vero che la mossa azzardata di Jackson aveva scottato tutti e invitato ad andare con i piedi di piombo.
Rinunciare però a un americano per oltre un mese è stato un peccato troppo grosso da espiare per una squadra già con l’acqua alla gola.
IL CAMBIO DI ROTTA E GLI ERRORI FATALI DI SAKOTA
La pausa di tre settimane per la Final Eight di coppa ha regalato quella finestra importante per intervenire sul mercato e qui, ne va dato atto alla società, le mosse sono state rapide e incisive. Via Senglin e dentro un play come Washington, gran bella presa, e un centro navigato come Smith.
I risultati si vedono subito. Brindisi inizia a giocare meglio e, grazie anche all’addio di certi personaggi, dimostra da subito una buona identità di squadra. A dieci partite dalla fine del campionato, un calendario favorevole con parecchi scontri diretti, non si poteva più sbagliare nulla.
Invece l’errore è arrivato nella partita più importante. Contro Varese, coach Sakota decide di limitare le rotazioni a 7 giocatori, lasciando fuori Laquintana, Lombardi e Riismaa.
Brindisi conduce per larghi tratti, va sotto, resta comunque attaccata, ma alla fine manca la benzina nelle gambe per portare a casa la vittoria.
Imperdonabile errore da parte della panchina che, da quel momento, darà sempre più spazio ai comprimari che risponderanno spesso presente, offrendo prestazioni di grande spessore (quelle di Laquintana su tutte).
Anche se poi ne arriverà un’altra, molto grave, in casa contro Sassari è quella di Varese la sconfitta che probabilmente ha decretato la retrocessione di Brindisi.
Si sarebbe potuto raggiungere e superare i lombardi (in virtù del 2/0 negli scontri diretti) invece si è finiti per agevolare una diretta concorrente e regalarle un margine che poi si è rivelato decisivo a fine campionato.
Brindisi ha continuato a crederci e a ottenere vittorie importanti anche in trasferta contro Pesaro, Scafati e Pistoia, ma il gap accumulato e lo svantaggio in tutti gli scontri diretti si è rivelato fatale.
IL FUTURO
Al netto dei tanti errori, la società ha sempre dimostrato di crederci, ha speso tanto senza lasciare nulla al caso. Questo è il messaggio più importante per il futuro e una delle poche cose che dà speranza ai tifosi afflitti per la retrocessione.
Ora sarà importante pianificare la prossima stagione il prima possibile, come confermato da Nando Marino proprio alla fine della partita contro Venezia, e farsi trovare pronti a un campionato durissimo con almeno 8 squadre che puntano alla promozione.
Con 38 partite l’A2 sarà lunga e difficile, ma la promozione diretta per la prima classificata dà la possibilità di programmare bene la stagione e costruire una squadra in grado di essere promossa senza passare dalle forche caudine dei playoff.
Brindisi ha il vantaggio di avere molto più tempo a disposizione rispetto alle dirette concorrenti ancora impegnate nei playoff promozione. Dovrà immediatamente pensare alla gestione sportiva, nominando un allenatore e un DS il prima possibile.
Solo così si potranno mettere le basi per una pronta e veloce risalita, così come successo 13 anni fa.
Michele Longo
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