E’ difficile per me trattenermi, anzi sfido il direttore Fabrizio Noto e tutti, una volta di più. Ho vinto io, da solo, a Reggio Emilia, fra i giornalisti. Un giovane collega, un amico ha abbassato la voce e mi ha confermato: “Ben le sta, alla presidentessa. Ha preferito un yesman, come Menetti, a Caja”.
Ho edulcorato il termine, in genere faccio nomi e cognomi ma l’amico è tale e non credo che il termine per Max Menetti sia corretto, di certo è una buona pasta d’uomo.
Parlavo con una fonte, nella notte, che ringrazio di rivolgermi la parola, una volta di più confermo. Sto con Attilio Caja, non credo di essere peggio di lui, certo non abbiamo caratteri facili, ma lui è un fuoriclasse. Non ha vinto nulla, ok, ma ha ottenuto il massimo quasi sempre, ovunque, credo non abbia sbagliato una stagione.
Sempre il giovane collega mi ha detto: “Preferisco vincere, come avviene con Mourinho, che a me non piace, anzichè avere un allenatore aziendalista”.
L’altra fonte mi ha spiegato invece cosa non andrebbe con Attilio Caja: “A 61 anni non ha alcuna voglia di cambiare, va diritto per la sua strada, è eccelente per Scafati ma con lui è difficile programmare”.
Benissimo, ma è bravo e, ripeto, gli andavano date le chiavi della squadra, perchè Attilio Caja è un lusso per questa Reggio Emilia, ambiziosa ma purtroppo oggi lontanissima dalle due finali scudetto e dalla Supercoppa conquistata con Max Menetti. Caja non era lontano, finalista nella quarta coppa ed ai playoff da 7°.
Ad Alessandro dalla Salda, ex giornalista, di cui racconterò la storia all’uscita ho detto: “Alessandro, capisco più io di basket pur non avendo mai fatto il dirigente e pur non vedendo le partite di voi”. Poi ho corretto: “Scherzo”.
Mi piacerebbe un gesto da parte sua, di Veronica Bartoli, del vicepresidente Sampietro, del consigliere Graziano Sassi: “Caro Attilio Caja, abbiamo sbagliato e siamo noi a dimetterci. Dovevamo passare sopra alla sua personalità, piegarci e puntare con lei a migliorare la stagione precedente”. E allora ci dimettiamo, sarebbe un gesto unico.
Che Attilio Caja sia oggi a Scafati è indifferente.
E’ da Reggio Emilia, dalla mia città, da una super società, da una super piazza che mi aspetto questo. Un riconoscere l’errore, perchè l’errore è stato sesquipedale.
Lo è anche, adesso, esonerare Max Menetti.
E’ vergognoso che uno dalla curva gli abbia urlato forse 5 volte nell’ultimo terzo di gara di ieri sera tra Reggio Emilia e Trieste, da quando io sono sceso dietro il canestro: “Menetti vai a casa, pagliaccio”.
Mi sono girato, l’ho guardato e mi ha fatto cenno “Cosa vuoi?”.
Non era particolarmente pericoloso, era solo un tifoso deluso.
Pensate a al gesto di Bonucci ogni volta che fa goal fa segno di sciacquarsi la bocca, ecco quel tifoso nella curva biancorossa non dovrebbe pronunciare il nome di Menetti, non è degno.
Ecco, ritorna alla fonte di prima: “Vedo in giro da tanta cattiveria, in queste settimane”, mi dice.
Verissimo. E’ un peccato, è un peccato enorme.
Se nella mia città, che vanta di essere la più civile del mondo, c’è gente che a Forlì mostrava il gesto di ghigliottinare Cinciarini, quando giocava per Milano, mi aspetto di tutto, ma non è giusto.
“Fatti non fummo per viver come bruti ma per seguire virtute e canoscenza”, scriveva Dante.
Dal palasport mi aspettavo un “Menetti resta con noi, non te ne andare”.
Ne retrocedono due, per fortuna Verona non esonera Ramagli, ma certo da neopromossa è diverso, ha conquistato questa estata la LBA. Treviso insiste con Marcelo Nicola, grande ex ma da allenatore ha combinato poco.
Certo Max Menetti ha le sue colpe, ma andava tenuto 4 anni fa, perchè quanto ha dato è stato incredibile, anche l’ultimo anno prima che andasse proprio a Treviso. E’ da Reggio Emilia che mi aspetto pazienza, dai dirigenti.
Intendo che nella città del primo tricolore serve equilibrio.
Capisco che gli sponsor, i tifosi, i giornalisti vogliono vincere ma ci si può salvare tranquillamente e ancora andare ai playoff, anche con Massimiliano.
Neanche ho voglia di andare a vedere le indisponibilità di giocatori da inizio stagione, ma ancora sto aspettando di capire perchè Alessandro Frosini sia stato congedato, dopo la stagione con Buscaglia interrotta dal covid.
Studio gli allenatori, le carriere, non certo le tattiche, la tecnica. L’esperienza conta e difficilmente Menetti è peggiorato, come Caja credo migliori. Antimo Martino veniva da una sola buona stagione di LBA, a Bologna, fra Reggio e Bologna bis si è perso.
Ora ho letto su Carlino Reggio di Francesco Pioppi, che sente molti procuratori, lanciare l’ultima spiaggia, la scorsa settimana. “O si vince o Menetti salta. E se salta arrivano Pianigiani o Sacripanti”.
Pino Sacripanti sarebbe un amico, Pianigiani uno dei miei più grandi antagonisti, mi ha interrotto un’intervista a Tony Cappellari di proposito, a Imola, nell’estate del 2017, e poi una volta con Milano mi rispose a una domanda sulla nazionale irridendomi volutamente.
E a Trento quando vinse il suo unico scudetto con Milano, gli chiesi quanti erano i suoi, memore della Juve di Andrea Agnelli che conta anche i due revocati.
Caro Simone, mi auguro di vederti a Reggio Emilia, davvero, a dispetto di quanto lei pensi io l’ammiro molto, solo che gli scudetti con il doping di bilancio di Siena non mi sono mai piaciuti.
Come tutte le ruberie della Juventus di Moggi e anche, mi pare, di Agnelli.
Mi fermo qua per carineria.
Credo che meritasse di restare in nazionale, di sicuro nello spareggio olimpico con la Croazia, a Torino, difficilmente avrebbe fatto peggio di Messina.
Da Israele è stato in Cina, mi auguro che venga proprio qua.
Mario Celi, capo dello sport de Il Giornale quando scrivevo abbastanza, privatamente mi ripeteva: “Guarda che Siena era talmente superiore che avrebbe vinto anche senza Minucci”.
Non lo so, non ho mai amato i sotterfugi, tantomeno eclatanti.
Quando Bruno Giordano venne presentato alla Reggiana Calcio, nel 2005, Ezio Fanticini, per una vita capo dello sport di Carlino Reggio, gli chiese della squalifica per il calcio scommesse, erano passati 25 anni. Sapete già cosa voglio dire, vero?
Una cosa vorrei dire ai dirigenti di Reggio Emilia. Intanto grazie perchè mi accreditate, almeno, dopo un anno quasi completo di esclusione, non decisa da voi.
Però bisognerebbe accettare le critiche, soprattutto da chi ha 51 anni e segue il basket da 40, da Superbasket, da Aldo Giordani, dai finitimi.
Le critiche non si devono accettare solo da Daniele Barilli di Carlino Reggio, se mai le faccia ancora.
Una volta di più dico che è un privilegio per Reggio Emilia avere dirigenti appassionati come voi, intendo la famiglia Bartoli come investitrice, con Graziano Sassi e Sampietro – non ho voglia di controllare chi abbia una quota minima -, ma rammento il pensiero di Andrea Baroni: “Ero per l’azionariato popolare”.
Anch’io.
Fra l’altro per le critiche dirette sulla mancata conferma di Attilio Caja non sono stato invitato alle presentazioni dei nuovi giocatori, peraltro ero in Slovenia e Polonia per il mondiale di volley e da giugno mi sto chiedendo perchè ho dato 14.300 euro a un domenicano per sistemare un appartamento e ancora non lo fa e insomma è come avessi buttato via in buona parte l’equivalente di 19mila euro, diciamo una metà, via, di quelli. Per me sono soldi.
A parte me, ricordo le critiche del santone, Gian Matteo Sidoli, vi invito a leggere come faccio io Repubblica, come bersaglia i potenti, la Juve nonostante l’editore sempre la famiglia Agnelli, di fatto.
L’arcicriticismo, l’ho spiegato l’altra volta, l’ho imparato da Daniele Barilli, a 61 anni magrissimo, rispetto al passato.
E penso a chi non c’è più, Ercole Spallanzani, il papà di Gaia, re della polemica.
Penso a come Raimondo Vecchi Fossa, l’allenatore della quasi serie A2 di Reggio Emilia, abbia bersagliato per mesi Buscaglia, l’ultimo allenatore portato da Landi, che era un lusso per l’attuale Reggio.
Serve l’educazione alla pazienza. Due vittorie e 7 sconfitte, certo, c’è allarme, ma mi sarebbe piaciuto un bel: “Restiamo con Menetti e vogliamo assolutamente tenerlo anche se fosse serie A2, dopo 10 anni”.
So che è fantabasket, eppure. Ripeto, è da Bartoli e Dalla Salda, è da Sassi e Sampietro, è da Barozzi che mi aspetto questo. E’ da Reggio Emilia, un esempio unico in Italia. Questo mi aspetto.
“Possiamo anche retrocedere ma Menetti siamo noi”.
Ero a Parma quando si dimisero Nevio Scala e Lorenzo Minotti e l’ex reggiano Galassi dal Parma Calcio. “Apolloni siamo noi. Se ne va lui, andiamo via anche noi”.
Il Parma era in serie C, giocava male, arrivò D’Aversa e lo portò a due salvezze in serie A. Dalla primavera del 2018 non posso più fare domande al Parma, in conferenza stampa, mica male, no?
Evidentemente il giornalismo è cambiato, il libero pensiero si accetta solo dai grandi giornalisti come Claudio Pea o dalle grandi testate.
E pensare che per questo motivo ho sempre apprezzato Daniele Barilli, che faceva il pagellone a 29 anni, quando io ero lì, a Carlino Reggio, dall’estate ’90. E ancora non ho capito come si lavora, soprattutto da freelance, e faccio l’Attilio Caja.
Ah, dimenticavo. In una società con così poche persone – quando ero ragazzo tanti club avevano una decina fra azionisti e soci di minoranza e tuttora credo la Virtus, 15 anni fa il Bologna -, mi aspetto che la decisione venga presa anche da Michele Talamazzi, non scherzo, mi ha sorpreso sentirgli dire: “Non sono in consiglio”.
Ma anche da Davide Draghi, relazioni esterne, ex team manager, ma grande esperto di basket. Daniele Baiesi scriveva su Tuttosport, da Biella, in parallelo a me ed è diventato un grande diesse, idem Marco Martelli, da Repubblica Bologna alla Virtus.
Colgo l’occasione per evidenziare che Alessandro Caraffi è meritatamente sbarcato su Eleven sport, fa telecronache se ricordo bene da una quindicina d’anni.
Detto questo, ho raccontato in maniera appagante l’allenatore di Trieste, Marco Legovich, e anche un tifoso fra i 12 arrivati da Trieste.
La maschera Cabrera, di Cuba, come la moglie del domenicano, mi voleva impedire di parlargli, ho chiesto a un funzionario di polizia.
E poi il resto del videoraccontone. E grazie al direttore Fabrizio Noto per la libertà intellettuale che mi ha sempre concesso.