Quando un sogno sfuma, il giorno dopo è sempre il peggiore. Forse è per questo che si prova a guardare al futuro, con la speranza che puntare gli occhi sulla prima occasione utile di riscatto possa lenire il dispiacere per un obiettivo saltato, un traguardo non raggiunto. Qualificarsi ai giochi olimpici di Rio de Janeiro per la Nazionale italiana di basket era IL traguardo, quello da raggiungere a tutti i costi. Perché per un movimento che vive un momento di oggettiva fatica tornare a disputare i giochi a cinque cerchi avrebbe potuto rappresentare una boccata di aria fresca e un pieno di entusiasmo.
Davanti ai 15mila del PalaAlpitour di Torino, il sogno di volare a Rio è sfumato sotto i colpi di una Croazia che ha meritato il biglietto per il Brasile, mettendo a nudo limiti e paure che tutti speravano appartenere al passato. E invece nel match decisivo, quello che avrebbe potuto spalancare le porte della gloria, il progetto azzurro subisce l’ennesimo stop.
C’è un filo rosso comune, dunque, che accompagna gli ultimi anni di Italbasket, che da 12 anni non disputa il torneo olimpico. Per capire che qualche cosa non va nel progetto della Nazionale senior non serve neanche tornare ad Atene 2004: basta soffermarsi sugli ultimi tornei disputati.
In questi ultimi risultati balla il giudizio sul rendimento di un’intera generazione di giocatori, per i quali Rio 2016 rappresentava davvero l’ultima occasione utile per disputare un’Olimpiade. E allora per lenire la ferita ancora aperta (e chissà per quanto lo resterà) della mancata qualificazione, diamo un’occhiata a tutti i livelli il futuro prossimo della Nazionale, cercando di capire quale scenario attende i colori azzurri.
DIRIGENZA – Il mandato di Gianni Petrucci alla guida della Federbasket sta per scadere. All’orizzonte, però, non c’è alcun candidato che sembrerebbe disposto a contendergli la poltrona di presidente federale. Petrucci ha sottolineato tutti i passi che erano di competenza del suo ufficio, trovando nell’imponderabilità delle vicende di campo le cause del mancato raggiungimento dell’obiettivo olimpico.
La questione non è così semplice: non necessariamente il presidente deve essere giudicato dai risultati raggiunti dalla Nazionale, tanto più se si ragiona solo su quella senior maschile. Il giudizio, infatti, va dato sullo stato di salute dell’intero movimento, maschile e femminile. E qui l’asino rischia pericolosamente di cadere.
La qualificazione a Rio della Nazionale maschile avrebbe portato entusiasmo ma non avrebbe cancellato i mille problemi che la pallacanestro sta affrontando in questi tempi difficili. Anzi, l’impressione è che sull’altare del Torneo Preolimpico si sia giocata anche la partita relativa alle coppe europee che i club italiani avrebbero dovuto disputare il prossimo anno e che invece non giocheranno, almeno per quanto riguarda l’Eurocup.
Troppo spesso si parla di nomi, mai invece di progetti a lungo termine, che riguardino tasse federali, impiantistica, organizzazione dei tornei, regole di composizione del roster, accesso alle competizioni europee, coinvolgimento del pubblico, settori giovanili. Ci piacerebbe che ci si concentrasse su questi temi e che su di essi possa sorgere un confronto tra più idee. Sempre che qualcuno trovi il coraggio di sfidare Petrucci per la prersidenza della FIP e decida di cambiare il modo di fare politica sportiva in questo Paese. Staremo a vedere.
GIOCATORI – E se Eurobasket 2017 diventasse terreno di sperimentazione per l’Italia del basket? Una delle differenze più profonde tra il nostro movimento e quello degli altri Paesi è che altrove i giovani vengono fatti crescere con calma, ma all’interno dei meccanismi della prima squadra. I roster di molte squadre, dunque, vedono sì la presenza dei veterani, ma anche quella di tanti giovani che lavorano sodo per farsi trovare pronti e che proprio per questo spesso vengono chiamati in causa dai propri commissari tecnici.
Senza la prospettiva di grandi risultati (la presenza di vere e proprie corazzate rende difficilissimo vincere a livello continentale), l’Europeo del prossimo anno potrebbe essere l’occasione giusta per iniziare un ricambio generazionale che potrebbe portare i propri frutti nel prossimo futuro.
Non tutto è da buttare e non tutti i giocatori della Nazionale sono da rottamare, tanto per usare un termine che oggi va di moda in politica. L’esperienza da trasmettere ai più giovani conta, così come la voglia. È ipotizzabile, dunque, che la prossima spedizione possa contare su chi ha voglia di continuare a lavorare e a sbattersi per la maglia azzurra, senza crocifiggere chi eventualmente si dovesse tirare fuori perché impegnato in vicende di mercato (magari negli Stati Uniti) o semplicemente perché spende consecutivamente la propria estate in Nazionale da 10 o 15 anni.
I giovani non mancano, è arrivato il tempo di dargli la reale occasione di fare il salto e mostrare il proprio valore anche nella Nazionale maggiore. Senza paura ma anche senza caricarli di eccessive responsabilità, evitando magari di annunciare urbi et orbi di essere in presenza della squadra più forte di sempre, una frase che non serve altro che a mettere un’inutile pressione a chi ne fa parte.
STAFF TECNICO – Gianni Petrucci si è detto convinto: “Andiamo avanti con Ettore Messina”. Siamo proprio sicuri che continuare ad affidarsi al coach siciliano sia la scelta più giusta per la Nazionale? Al di là del suo indiscusso valore tecnico e umano, si parla di un allenatore che trascorre la stagione al di là dell’Oceano e che a partire dal prossimo anno sarà impossibilitato a guidare l’Italia quando le gare di qualificazione si giocheranno in inverno, secondo il nuovo calendario stilato dalla FIBA. Perché allora non dare le chiavi della Nazionale a un coach che possa iniziare da subito un lavoro che sia duraturo e che possa portare risultati nel tempo?
In questo caso il risultato del Torneo Preolimpico c’entra il giusto, perché è superficiale dare a Messina le colpe del mancato raggiungimento dell’obiettivo. Ragionare a 360°, invece, può essere utile, purché venga fatto senza pregiudizi, senza proclami, pensando al bene della Nazionale ma, soprattutto, a quello dell’intero movimento. Tanto più che nell’ultimo anno siamo passati da un CT a tempo pieno (e quanto aveva insistito Petrucci con Pianigiani perché si occupasse solo delle vicende azzurre) a uno che non solo è part-time, ma che spende il proprio tempo lontano dall’Italia.
Siamo andati troppo oltre con i nostri ragionamenti? Forse sì, ma pensare al domani rende meno amaro l’oggi. Del resto siamo ancora nell’atmosfera del mattino, quando ci si risveglia e capisce che quello che è stato un bel sogno fa a pugni con la dura realtà. In questo contesto, però, è giusto ricordare che i giocatori, gli allenatori e i presidenti passano, mentre la Nazionale e il basket italiano restano. E hanno bisogno di interlocutori e idee credibili per poter tornare immediatamente sulla giusta rotta
Alessandro Pediconi
@daicasteddu