L’ho fatto ancora una volta, ma stavolta davvero non volevo. Sono entrato senza biglietto, Gian Luca Pasini de La Gazzetta dello sport mi ha detto che non si fa, insomma per lui è come fosse un reato, quasi.
Non sono tanti i giornalisti professionisti che orbitano attorno al basket e a tanti sport, fra questi ci sono redattori – dunque tranquilli, a vita – e pensionati, grandi firme e meno. Poi siamo tanti freelance, alcuni lavorano per società sportive, fotografi e cameraman sono più richiesti, poi ci sono i giovani, appunto, senza contratto, pagati a pezzo. E poi c’è vannizagnoli.it, 50 anni e 70 volte 7 – numero biblico – persone a cui sto sui cosiddetti, a pelle.
Editori, presidenti, capiredattori, direttori sportivi, soprattutto addetti stampa. “Risponderò a queste tue domande quando me le farai per la Gazzetta dello sport”, mi rispose a margine di una presentazione di stagione a Reggio Emilia, la sua ultima, Massimiliano Menetti.
E allora se ti sai vendere bene, anche se sei solo un sito, ottieni le esclusive, in cui sdottori – io lo faccio giorno e notte, ma di giornalismo e cultura sportiva – su quanto sai di basket, perchè hai giocato o allenato, ma non sei un giornalista, semmai sei un esperto. Dunque, gli allenatori che passano da Reggio Emilia non ne possono più, per le domande ambiziose e per i videoracconti non concordati, dimenticando che uno sportivo di professione è personaggio pubblico, che si può riprendere anche mentre esce dal palazzetto dello sport, soprattutto se si chiama Pietro Aradori.
Prima di scrivere – volevo solo raccontarlo in video, per comodità -, ho letto le pagelle di Tromba – nome in sintonia con i miei racconti di colore, persino dei locali per scambisti, non scherzo -, e ho visto il voto a Pietro Aradori, 3. Ho visto solo gli ultimi 5′ di partita, poi spiegherò in che modo, ma è il voto agli ultimi anni, alle partite veramente chiave. Soprattutto, è il voto a Riccardo Sbezzi, procuratore ragusano, il Mino Raiola di questo sport (RIP), che battibecca con i tifosi sui social e a me saluta a mala pena.
Sbezzi, dunque, elegantissimo, in bianco, ha da sempre Pietro Aradori come top player, in quel che ho visto era come non fosse in campo, si fa rubare un rimbalzo chiave, non tira, sulla difesa non ho visto, mi fido di Tromba, abbreviativo o appellativo perchè suona la tromba come il leggendario tifoso della Spagna calcio.
Era il 2015, al Giulio Bigi di Reggio Emilia, all’uscita con smartphone sono euforico, non perchè Venezia ha perso a con la Grissin Bon ma perchè conosco Aradori, amico e mito di Fabrizio Biasin, simbolo di Libero, che più di tutti ha valorizzato le mie interviste, prima che gli rivelassi, da amico, certe cifre da parte. Ebbene, ad Aradori chiedo cos’è cambiato, rispetto alla previsione di Datome, che l’aveva preconizzato come quinto italiano in Nba, settimo della storia, cos’è cambiato dato un minutaggio minimo.
E lì lo zelante manager ibleo – è l’altro nome dei ragusani – si sente anche ufficio stampa, comunicazione, social media manager e mi ferma. Riprendo a fatica e chiedo: “Vitali gioca bene a Cremona e finisce in Spagna, durante questa stagione, lei da Turchia a Spagna, mi pare, e chiude a Venezia”. Altro stop e rapporto compromesso per sempre”.
Ero per dailybasket.it, poi avrei fatto anche un po’ di Pianeta basket e abbastanza Basketnet. Con il sogno, ovviamente, di trascrivere l’intervista per Tuttosport – feci un buon Polonara, durante le finali con Sassari, e una super Geppi Cucciari, la showgirl tifosa sarda.
Quella sera Sbezzi mi accusò di avergli chiesto notizie e di avere maltrattato un suo giocatore. Per Il Messaggero, direi, sito, gli chiesi un aiuto sui budget, argomentando sugli investimenti delle squadre ai playoff. Ho ammirazione per Aradori, non fosse altro per simpatia di Biasin, il quale peraltro mi disse: “Se uno ti chiede di non inquadrarlo, non lo devi inquadrare”. Penso a Vittorio Feltri, direttore storico di Libero, su uno non ama le sue critiche, lui vi rinuncia?
Mesi dopo, Sbezzi mi rispose: “Prima di intervistarmi, eventualmente, devi purificarti”. Sette anni non sono bastati, mi pare.
Davanti agli spogliatoi, dovrebbero potere andare i giornalisti, tutti, con la libertà di lavorare, di fare domande, anche gratis e a proprie spese e con visibilità minima, come faccio io, soprattutto quando tocco grandi temi, come fossi Repubblica, neanche cito Il Messaggero, per il quale comunque firmo calcio, per il sito, per partite non di primo piano.
Non dev’essere un caso se Aradori non è stato portato al mondiale da Meo Sacchetti, a 34 anni ha classe ma, come diceva Menetti, in mia presenza, può dare molto di più. Non è andato all’Olimpiade, a Bologna vive due stagioni modeste, questa con retrocessione. E’ quando i minuti sono chiave che il campione deve uscire, anche a 42 anni, come Kareem Abdul Jabbar, nelle Nba finals, con i Los Angeles Lakers.
Questo biennio ha dimostrato la pochezza della Fortitudo, del presidente Pavani, che dalla promozione e Final Eight di coppa Italia di due anni fa, ha sbagliato molto. Se prendi Meo Sacchetti, non puoi licenziarlo dopo 2 mesi, non perchè è ct della nazionale ed è partime, ma perchè da Sassari a Brindisi a Cremona ha dato spettacolo e vinto, del resto era stato licenziato da Sardara, omonimo della signora calabrese garante dell’egiziano che non paga, nel mio appartamento, a Reggio Emilia.
Se hai Meo, al limite retrocedi con lui e non saresti retrocesso. Va bene, ti salvi a fatica con Luca Dalmonte, comunque un bel professionista. Riprendi Jasmin Repesa, l’uomo dei sogni, del secondo scudetto, di uno anche a Milano, e l’allenatore croato che non capiva Gianmarco Pozzesco si dimette, dopo appena 5 partite, perse. Ha fatto come Doriano Tosi, il ds della Reggiana, che in agosto di pochi anni fa lasciò la squadra della sua provincia quando capì che dopo la semifinale playoff di serie C non poteva arrivare la promozione con Mike Piazza, che a primavera fece fallire la Reggiana. E’ la fine che rischia ancora la Fortitudo, speriamo di no.
Dico, se Repesa se ne va, è perchè capisce che la società è barcollante, ha sfiorato punti di penalizzazione, il ds Carraretto è stato un gregario da giocatore, lo intervistai, credo per Libero, e Breveglieri a Reggio è durato un anno.
Antimo Martino è durato 3 buone stagioni, via. Quattro a Ravenna, con squilli in particolare nell’ultima, promozione in LBA con la Fortitudo Bologna e poi la Final Eight di coppa Italia. Lì doveva restare, non doveva essere lasciato andare a Reggio Emilia, lì ha sbagliato Pavani, non magro come me.
Alla UnaHotels, il coach molisano, simbolo di Isernia, provincia fra le cenerentole d’Italia, aveva iniziato alla grande il post covid, in supercoppa a gironi, ha chiuso con 10 sconfitte in 11 gare e il rischio di retrocessione, scongiurato dall’arrivo di Attilio Caja. Classe ‘61, contro il ‘78 di Antimo. Lo sport è come il giornalismo, in genere l’esperienza è chiave, salvo furboni della tastiera o dietro le scrivanie.
Antimo a Reggio Emilia è andato male, al ritorno alla Fortitudo è retrocesso con una giornata d’anticipo. Gli ho chiesto se resterebbe comunque, non ha risposto, di fatto. Del derby che meritava e che io stesso ho visto, tifando Fortitudo, perchè tengo sempre per i meno ricchi e potenti e meno vincenti, dice che allora a Pesaro era avanti a 3″ dalla fine.
Enrico Schiavina de Il Corriere di Bologna, non so se ancora di Superbasket, gli ha fatto le domande più nazionali.
“Che senso ha retrocedere, fare l’A2, con quel pubblico e quel blasone? E lei resta?”.
E allora Antimo a me risponde mal volentieri, come molti, a lui dice che decide la società, ho controllato avrebbe il contratto. Darei un 5– alla sua Reggio Emilia, un 4,5 alla sua Fortitudo bis. A Reggio Emilia, in estate, gli dissi:
“Si fidi, confermarsi, dopo le stagioni da 8 alla Fortitudo, è la vera impresa”. Purtroppo non mi sono sbagliato, non mi riferivo a lui in particolare, la storia dello sport dice che confermarsi è complicato, alla seconda stagione ai mssimi livelli.
Sapete quanti stimi Pino Sacripanti e anche Maurizio Buscaglia, che pure è riottoso alla mia raffica di domande, sono di altra levatura, per ora, rispetto ad Antimo. “La Fortitudo meritava veramente la salvezza?”. Martino di nuovo non risponde, un tifoso di 19 anni, Francesco, in video, mi ha detto di no e gli credo.
Buscaglia, allora, chiedo dove colloca questa salvezza nella galleria delle sue imprese, la doppia finale scudetto con Trento, in cui meritava almeno uno scudetto, l’Europa avvicinata, i Paesi Bassi che quasi vincono a Milano con l’Italia – ero entrato senza accredito nè pagare, dopo che mi avevano negato il biglietto omaggio per impedirmi di filmare e intervistare -, risposta interlocutoria perchè sono io. E poi l’effetto di questa impresa nella città di Maradona, speciale. “Speciale“, conferma Buscaglia. Poi ci chiariamo per whatsapp. Poi pubblicherò il videoracconto appagante di ieri, con Napoli.
Buscaglia merita l’Eurolega, Brescia merita l’Eurolega, infinitamente più di Milano, la mancanza di un impianto adeguato non mi interessa proprio. Si può emigrare.
La Fossa dei leoni emigra in A2, mi sono affacciato un attimo, avevo la pressione alta – ho lasciato il mio marsupio con il kit salvavita alla trattoria del ducato, a Parma, dopo raccontone video – e paura di prenderle, se avessero visto che riprendo, nonostante la grande amicizia sbocciata con Luca, Ramos, di soprannome, che vanta quasi due anni in carcere e 6 daspo, dagli stadi di calcio.
Soprattutto, resto timoroso del covid, non c’entra quel che dicono le istituzioni, l’ammassamento resta pericoloso.
Viva Napoli, salva, un giorno parlerò di Mario Maione e di Mason Rocca e della coppa Italia, del pala Mario Argento e del Barbuto, Lello, ex basket a Il Mattino di Napoli, giornalista, padre di Paolo, enorme mio amico, ora al sito, mi pare, comunque a Il Mattino.
Viva la Fortitudo, da brividi. Avevo finito la batteria nei due telefoni, ero in tribuna, accanto a due sorelle, pensavo mamma e figlia, la piccola mi presta il telefono per riprendere la curva, il pubblico nel finale, la mamma non accetta l’idea di mandarmelo, come se fossi interessato ad andare a letto con lei, mi impedisce persino di dirle come mi chiamo, ma la capisco era nervosa per il precipizio delle aquile biancoblù.
Manca il top della nottata, la sciarpata della Fossa nei secondi della retrocessione. Bravi, viva la Fortitudo, il miglior pubblico d’Italia. Un giorno troverò Seragnoli e Sacrati, Madrigali e Sabatini – che non essendo più di testate nazionale si sottrae, a Casalecchio di Reno, con il volley -, i ds e gli allenatori. Ma non pubblicherò qua, perchè vannizagnoli.it dicono sia un blog, non una testata, e io sono uno che gira con il telefonino, nel volley il procuratore Donato Saltini ha detto alle sue donne che non sono un giornalista. Molti altri, invece, non lo sono.
A Buscaglia ho ricordato di essere uno dei suoi più grandi fan, mentre a Reggio Emilia Raimondo Vecchi e molti lo criticavano. Pianigiani ha capito per primo di non darmi attenzione, fra i tecnici, la sua nazionale è stata buona, la sua Siena un po’ meno, nel senso che vinse tanto ma con parte di stipendi in nero. Aspetto di ricevere soldi in nero anch’io e allora accetterò di non essere accreditato o gradito.
Più che giudicare gratis non posso, pensate a quanti soldi si fanno Sbezzi, Saltini e i tanti colleghi, a prescindere dalla mia azione di disturbo, filmando o facendo domande in conferenza stampa. Ma soprattutto a questi maghi della managerialità riconfermo la mia totale stima, perchè non si diventa giganti per caso, è che sono parecchio calienti.
Resta la magia del basket. E Napoli in LBA serve anche forse persino più del derby della Dotta.