Charlie ha detto stop. “Se uno non è al 100% è bene che smetta di allenare – ha detto Carlo Recalcati classe 1945 per spiegare il suo addio alle panchine. Non vuole più allenare perché non si sente più al massimo. D’altronde la sua carriera di professionista e la sua serietà di persona non potevano prevedere un percorso diverso.
Ha giocato fino a 36, praticamente solo per la Pallacanestro Cantù, e fino a quando il fisico glielo ha consentito. Ha iniziato ad allenare in serie A – guarda caso da Cantù – dopo tre anni di gavetta a Bergamo. Ha cambiato un pò scendendo nuovamente in B nonostante a Reggio Calabria all’inizio degli anni ’90 avesse già fatto benissimo per poi spiccare definitivamente il volo verso l’Olimpo degli allenatori internazionali da Varese. La sua bacheca è piena di trionfi ma non la troverete qui. Basta solo ricordare che con Valerio Bianchini è l‘unico tra gli allenatori italiani ad aver vinto lo scudetto in tre città diverse. E con Sandro Gamba è l’unico ad aver vinto un argento olimpico con la Nazionale.
Oggi dopo la triste esperienza che gli hanno fatto vivere i dirigenti della Fiat Auxilium Torino lascia la panchina e si dice pronto ad accettare un nuovo incarico solo se si trattasse di un nuovo tipo di lavoro. Bene è il momento che il mondo della pallacanestro italiana colga al volo l’occasione di “sfruttare” la grandissima esperienza di quest’uomo maestro di pallacanestro ma anche di vita. Dirigente con mansioni vere, accompagnatore ma con funzioni operative e poteri decisionali forti; supervisore con autonomia decisionale. Insomma non la figurina da esporre in società o in Federazione. Una risorsa vera per crescere. Le altre figure come Charlie per adesso le abbiamo lasciate andare. Perseverare sarebbe diabolico.
Eduardo Lubrano