Istanbul, 17 settembre 2017 – Va in scena il penultimo atto di un avvincente Europeo, con la finale per il bronzo che non ti aspetti, perché nessuna delle due squadre dovrebbe essere qui: la Spagna attesa alla finale che conta di più, la Russia davanti alla TV da un pezzo.
Invece, la finale di consolazione regala un buono spettacolo e la vittoria alla Spagna (83-75), l’ultima di questo ciclo, quello, per intenderci, di Navarro (ai saluti con la maglia delle furie rosse), e del clan dei Gasol.
Va detto subito, non è stata una partita facile, né banale: ci si è buttati su ogni pallone, chi è stato sotto tutta la partita, anche di 17, ha saputo mescolare carte in tavola ed alchimie tattiche, trovare risorse insperate dando fono a panchina ed energie, e costringere gli iberici a sudarsi la medaglia rifugiandosi nel talento cristallino di Pau Gasol, MVP della gara (26+10).
Eppure l’inizio aveva lasciato presagire tutt’altro: la Spagna opta per la pressione forte sulla palla fin da subito (fatturerà ben 13 palle perse dagli avversari nel solo primo tempo) e per un attacco che ruota intorno ad una frontline disposta a triangolo in area, con Pau Gasol in punta al gomito, Marc e San Emetrio vicino al ferro. É proprio quest’ultimo il protagonista della bruciante partenza spagnola, con il diesel russo che fatica a carburare (11-3 al 3′ con la sola tripla di Shved a referto). Deve entrare Mozgov a dare stazza ed equilibrio sui due fronti: stoppata a Pau, taglio dal lato debole, blocchi che generano praterie: ancora tripla per Shved e 15-10 all’8′: c’è partita.
Le difficoltà russe a centrocampo, sulla difesa alta della Spagna, però, generano danni e palle perse: su una di queste Marc Gasol subisce un fallo antisportivo che gli consente di allungare dalla lunetta, ma lo costringe, subito dopo, a lasciare il campo per il resto del primo tempo per il colpo subito alla caviglia. La Russia deve cercare ossigeno nelle triple e Zubkov si fa anche trovare pronto, ma il suo buzzer arriva con una frazione di secondo di ritardo e la difesa iberica resta in sufficiente controllo (21-13 al 10′).
Con Mozgov in campo (spesso troppo lento nei rientri, talvolta molle a rimbalzo, ma tatticamente imprescindibile, soprattutto con l’ottima difesa del ferro sul post basso), l’inizio del secondo parziale è di marca russa (21-17 al 12′). Al contrario, non sembra, decisamente, la giornata di Shved (18 punti in soli 25′, ma senza mai dare la sensazione di essere un fattore): al suo rientro in campo, due sue difese senza pressione sulla palla danno il là ad altrettanti canestri facili facili per gli avversari, che puniscono i raddoppi e ripristinano il margine di sicurezza.
La tripla contestata di Sergio Rodriguez è puro sfoggio di classe (28-17 al 13′) e costringe Bazarevich a tentare la carta del quintetto piccolo, ma Pau ne fa strame dal post basso, mentre Oriola posterizza sul tabellone il malcapitato Antonov. Nuovo timeout russo sul -15 e dopo un parziale subito di 11-0, per cercare di fermare l’inerzia e l’emorragia all’orso ferito. Ne esce bene Shved, con una tripla delle sue, ma la gara continua ad avere un solo padrone: Scariolo ha disegnato un’ottima difesa sul pick and roll avversario, con tanta pressione sul portatore ed il rapido scivolamento di Marc Gasol (maestro nel fondamentale). In questo modo, il classico gioco a due non genera nessun vantaggio, si susseguono forzature ed errori al tiro che danno modo alla Spagna di correre in transizione, non lasciando scampo alla difesa russa. Se gli iberici non allungano subito è solo perché litigano con il ferro dalla lunetta, ma danno costantemente la sensazione di giocare come il gatto con il topo e, nonostante la feroce lotta su ogni pallone smentisca i luoghi comuni sulla cosiddetta “finale di consolazione”, allungano senza trovare grossa resistenza, fino ad andare all’intervallo su un rassicurante 45-28.
Il secondo tempo inizia benissimo per la Russia che, in difesa, accetta i cambi solo dei lunghi sui lunghi, non regalando mismatch e, in attacco, schiera Vorontsevich stabilmente sul perimetro, fatturando 5 punti consecutivi. Shved, nuovamente dentro, ha senz’altro il merito di rendere la circolazione più fluida e di aprire il campo…Ma si tratta di un fuoco di paglia: Marc Gasol è tornato, ed il suo pick and roll risulta indigesto a Mozgov, che non può rientrare in tempo, ed ai compagni chiamati agli aiuti, che non arrivano e, se lo fanno, sono sempre in ritardo. Marc, inoltre, ha anche nelle mani la morbidezza per aprirsi con il pop e trovare solo la retina tanto dalla media, quanto dalla lunga distanza: punto e a capo (60-43 al 6′).
Gara in ghiaccio? Macché: a questo punto, invece, Bazarevich cambia registro e giocatori (suscitando anche reazioni nervose da parte di qualche titolare durante il timeout), avendo il coraggio di gettare nella mischia un quintetto piccolo ed operaio (Khvostov, Kulagin, Baburin, Zubkov, Ivlev) che soffre, sì, il post basso di Pau Gasol (e come potrebbe essere diversamente?), ma che accelera i ritmi, pressa, ruba, corre e tira: pure frenata da un tecnico fischiato alla propria panchina, la Russia trova proprio nella tripla di Khvostov, quasi sulla sirena dell’ultimo mini-intervallo, la fiamma per sperare in un’altra, clamorosa rimonta (66-55).
L’ultimo parziale vede i russi stressare il concetto di smallball, pressando alto sulla palla e facendola girare sul perimetro: immancabile scarico sul lato debole, per la tripla o l’assistenza al tagliante sotto canestro. Il rientro di Mozgov per Ivlev intensifica anche la presenza sotto il ferro, con il risultato di riportare gli uomini di Bazarevich stabilmente sotto la doppia cifra di svantaggio. Quando, a cinque minuti e mezzo dalla fine, Rubio (autore di una buona gara), commette il secondo antisportivo, lasciando definitivamente il campo, è chiaro a tutti che la partita è ancora tutta da giocare: la Spagna cerca in Pau il bene-rifugio in tempo di crisi (il suo uso del piede perno in post basso è da manuale e manda al bar mezza difesa), ma Kulagin, finalmente incisivo, è indemoniato nella difesa sulla palla, recupera palloni, innesca il contropiede, infila la tripla del -5 sull’ennesimo scarico proveniente da centro area: 76-71 al 6′. La Russia si arrampica verso l’incredibile rimonta, su, su fino al -2 a 3′ dalla sirena, con quasi tutti i titolari a guardare dalla panchina!
È il solo Pau Gasol, di voglia ed astuzia, a tenere i suoi a galla, strappando un prezioso rimbalzo offensivo dopo l’ennesimo libero sbagliato e convertendolo nel nuovo +5.
A questo punto Bazarevich prova a rigettare nella mischia Vorontsevich e Shved e quest’ultimo lo ripaga con uno splendido assist sotto per Mozgov, che finalizza da par suo con un “and 1” che vale il -4; la difesa tiene e recupera e, a questo punto, con meno di due minuti ancora da giocare, la palla del destino finisce nelle mani dello spento Fridzon: riceve, piedi a terra, completamente libero appena dietro la linea dei 6,75, ha tutto il tempo per prendere la mira, ma confeziona una mattonata che centra il tabellone senza neppure sfiorare il ferro…Ne nasce il contropiede che, dal possibile -1, regala, invece, alla Spagna il +6 spacca-gambe.
Il tempo ormai è tiranno, per l’orgoglioso e ferito orso russo, che continua generosamente ad allungare la difesa e pressare, indomito, fino all’ultimo secondo di una finale godibile e ricca di colpi di scena…
Ma l’unica medaglia in palio oggi pomeriggio, pur procedendo a strappi, pur a volte supponente e narcisa, di puro talento, la infila al collo, tutto sommato con merito, ancora una volta la Spagna. L’ultima impresa di una storica, grandissima Spagna.
Spagna-Russia 93-85
Parziali: 21-13; 24-15; 21-27; 27-30
Marco Calvarese
@MarcoCalvarese1