Qualche precisazione, a freddo. Certo, non ero l’unico giornalista a volere la permanenza di Attilio Caja a Reggio Emilia, diciamo che ero l’unico a livello provinciale a essermi esposto in maniera tanto forte.
Talmente forte da avere esagerato due giorni fa, anche nel chiedere le dimissioni di chi non lo volle trattenere. Il discorso parte dalla consuetudine di cambiare l’allenatore, ogni tanto nel calcio adesso cambiano anche i dirigenti, al Verona è ritornato Sean Sogliano, il ds del ritorno dell’Hellas in A, un decennio fa, e l’altro ds, Francesco Marroccu, è rimasto con un altro incarico.
La mia non era una provocazione gratuita, era un proteggere anche gli allenatori, tentare di cambiare la cultura, resistendo alla tentazione. Sono testimone oculare della passione che mettono i dirigenti biancorossi, ci mancherebbe altro. E proprio l’ad Alessandro Dalla Salda aveva scelto Attilio Caja, un anno e mezzo fa, per Antimo Martino. Poi ci mettete il mio rancore per la quasi disoccupazione che vivo da 4 anni e tutti i problemi con gli affittuari che partono anche da prima e il mix per me è letale.
Mi era sfuggita, peraltro, una bella pagina su La Gazzetta dello Sport con la presidentessa di Reggio Emilia, Veronica Bartoli. Uscì domenica 21 novembre del 2021, realizzata da Andrea Tosi, inviato in città.
Veronica oggi ha 47 anni, è di Correggio, una piazza storica del basket provinciale. E’ laureata in economia aziendale e ha lavorato alla Ice, Industria chimica emiliana, è un marchio non così noto, ma fa parte dell’operosità emiliana.
Negli anni ’90 Veronica ha giocato a volley sino alla serie B, schiacciatrice nella Libertas Reggio, ora capisco il segreto della sua fisicità, a quel livello comunque ci si allena parecchio e la definizione del corpo è rimasta.
Una parte del testo di Andrea Tosi, pubblicato anche sul sito della Lega.
E’ diventata anche azionista di maggioranza controllando l’81% delle quote. “Lo sport ha sempre fatto parte della mia vita. Ho giocato per 20anni a volley nella Libertas Reggio, arrivando fino alla B. Ho praticato tennis, pattinaggio e anche calcetto. Mio padre e mio marito hanno giocato a basket. Mio figlio è nella Under 15 delle giovanili. Gioca play. Il mio ruolo preferito: per me Teodosic è un genio”.
Perché ha scelto il basket?
“Perché mi portava papà alle partite della Riunite. Era un rapporto tutto nostro, padre e figlia. Era la Reggio del Dadone Lombardi, di Brumatti e di Bob Morse. Quelle domeniche al PalaBigi erano speciali. Ricordo ancora il calore del pubblico e il gioco in velocità che non finiva mai”.
La cessione dell’azienda di famiglia (Ice) l’ha spinta a compiere il passo decisivo?
“No è una casualità. Pensavo di fare solo la mamma. Poi l’a.d. Dallasalda 2 anni fa mi ha proposto di entrare. Ne ho parlato in famiglia e ci siamo buttati per restituire alla città quello che ci ha dato. La Pallacanestro Reggiana è un valore di Reggio”.
Qual è la sua visione da donna del basket italiano?
“Il presidente Gandini sta facendo un ottimo lavoro per la Lega. Ma per crescere ci vuole pazienza, quella che le donne hanno più degli uomini. Sono convinta che il prodotto migliorerà”.
Qual è il suo progetto per il futuro del club?
“Vogliamo costruire una Casa Biancorossa, un nostro centro sportivo per sviluppare al meglio il vivaio, a cui teniamo molto, e farne un punto di aggregazione giovanile”.
La squadra di oggi le piace?
“Sì molto. È un gruppo sano. L’obiettivo è una tranquilla salvezza. Intanto sono orgogliosa che abbia passato il turno di Fiba Europe Cup e che tre nostri ragazzi siano in Nazionale. Diouf è cresciuto con noi, Candi è il nostro capitano e Olisevicius è un esordiente con la Lituania”.
Reggio Emilia ha fatto due finali scudetto. Ci pensa?
“È il sogno che voglio cullare giorno dopo giorno. Sono qui per restare tanti anni perché mi piace avere una visione di lungo periodo. Con pazienza spero di raggiungerlo ispirandomi al modello Venezia per continuità di risultati e di organico”.
Solo due riflessioni. Sulla pazienza, quella che serviva con Menetti, in particolare. E la scorsa stagione poi Caja era andato oltre, con quel 7° posto.
E’ un bel ritratto che esce della proprietaria della Reggiana, la speranza è che proprio ne faccia la storia, esattamente come Stefano Landi. Reggio sta lavorando per costruire la casa biancorossa.
Sottolineo anche la diversità fra Veronica, che ha una quota azionaria tanto elevata, e Maria Licia Ferrarini, che accompagnava l’avventura di Landi ma senza quote, di fatto.
Torno all’attualità. La scelta di Dragan Sakota davvero è stata sorprendente, io amo i longevi, la carriera infinite ma affidarsi a un tecnico di 70 anni mi stupisce. Da Adriano Arati, su Gazzetta di Reggio, ho letto che è un duro, che fa ripetere esercizi tante volte. Ricordavo il figlio Dusan a Pesaro, vittima di un grave infortunio. E’ bella la sua esperienza internazionale, adoro la scuola dei plavi, come li chiamava Aldo Giordani.
Penso a Dan Peterson, subentrato per alcuni mesi a Milano a 76 anni al posto di Piero Bucchi, a Larry Brown a Torino, a 78. Credo serva fiducia nella scelta di Alessandro Dalla Salda e di Filippo Barozzi, magari Enrico San Pietro ha meno tempo, con la sua attività professionale in Unipol, mentre la stessa presidentessa difficilmente è così attenta al basket internazionale da conoscere un tecnico che in Italia da subentrato a Mazzon alla Fortitudo Bologna arriva ai playoff e poi viene esonerato a dicembre, nel 2012, nella stagione che con Pancotto portò alla retrocessione.
Sempre da Adriano Arati leggo che Reggio Emilia aveva fatto un tentativo con Gianmarco Pozzecco, l’allenatore dei sogni di Veronica Bartoli, felice di conoscerlo alla partita di Champions league di ritorno al PalaBigi, onestamente era impossibile convincerlo. Pino Sacripanti era un nome di esperienza, Simone Pianigiani fuori budget, secondo Claudio Pea.
E qui, allora, piazzo la mia videointervista, di fatto quasi soltanto con la voce, del giornalista veneziano, con il quale ho in comune la passione per Attilio Caja. L’ho chiamato lunedì in tarda mattinata, quando ancora non sapevo di Sakota. I suoi giudizi non sono mai leggeri e di sicuro hanno uno specialismo molto più elevato del mio, sulla pallacanestro.
Il mio auspicio è che i risultati premino la scelta di Dalla Salda e Barozzi, avallata dalla presidentessa, dal vice San Pietro e dal consigliere Sassi. Varese ha puntato su tecnici stranieri, negli ultimi anni, con buoni risultati. Avviene più nel calcio di richiamare il tecnico esonerato, rispetto al basket. Fra qualche mese, magari, se ci fosse un calo, dopo una buona ripartenza, sono convinto che Massimiliano Menetti non direbbe no. Mai direbbe no alla sua Reggio.
Altra notazione riguarda i giornalisti che diventano grandi dirigenti di basket. Dalla Salda iniziò a La Gazzetta di Reggio, con anche un contratto estivo, e Maurizio Gherardini non sapevo avesse collaborato con il Carlino di Forlì, con I Giganti del basket e con Superbasket. Lo stesso Filippo Barozzi ha iniziato scrivendo, su Tuttomontagna, nel Reggiano.
Tornando al sogno di Veronica Bartoli di imitare la Venezia dei due scudetti, beh, finchè il gruppo Armani sarà a Milano e Zanetti alla Virtus Bologna gli investimenti per puntare allo scudetto temo siano fuori dalla portata di quasi tutti i dirigenti del basket italiano.
L’impronta di Veronica Bartoli si vede nella capacità di coinvolgere gli sponsor, nell’empatia che ha con tanti, al palaBigi. Non vedo l’ora di riconoscerle i meriti di risultati e spettacolo, sono testimone delle energie che ha profuso in questi due anni e mezzo.