Premessa: questo post contiene solo ed esclusivamente riflessioni personali sulla Virtus Roma di questa stagione 2019-20, quella del ritorno in serie A. E parte dall’immagine della campagna TheBestEquity di crowfunding lanciata all’inizio di quest’anno solare dalla società. Un’iniziativa che mi trova molto ben disposto – anzi se avessi un euro lo investirei volentieri nell’operazione – perché mi sembra un’iniziativa nuova anche per dare una scossa ad un ambiente troppo addormentato e troppo acquistato intorno al fatto che “tanto c’è la famiglia Toti…“
No, la famiglia Toti non c’è o meglio non c’è più come prima e forse e giusto che non ci sia più nel senso che dopo 20 e passa anni di reggenza con risultati “alterni” a di poco passi la mano a qualcun altro. E qui la prima considerazione: per quanto Claudio Toti abbia dichiarato più volte di esser pronto a cedere la società io non ho mai visto nè saputo di una fila di imprenditori fuori della sua porta pronti con proposte serie e soldi veri disponibili a prendersi carico della Virtus Roma.
Detto questo vorrei concentrarmi sul campo. Senza dare giudizi sul mercato estivo perché adesso bisogna concentrarsi sul presente e sul futuro – cioè la partita di domenica in casa di Brindisi – credo sia necessario fare un pò di chiarezza. Sono romano e da sempre seguo le vicende della Virtus, prima da tifoso che era sugli spalti del Pala Eur a seguirne le vittorie dello scudetto e poi a Ginevra per la Coppa dei Campioni, poi da giornalista a commentare le Coppe Korac e gli anni seguenti. Ho visto il Messaggero, i grandissimi campioni arrivati a deliziare il pubblico romano, ho visto anche le grandi “pippe” che hanno vestito quella maglia – ho 57 anni – e gli allenatori bravi e meno bravi seduti su quella panchina.

Coach Piero Bucchi
In virtù della mia età posso dire che credo fermamente che il fatto di essere Virtus Roma voglia dire avere attenzione mondiale, europea, italiana perché evoca la città più bella del mondo ma non vuol dire vittoria automatica come capitava ai tempi degli antichi romani. Anzi vuol dire dover fare uno sforzo in più di tutti per conquistare una palestra, un allenamento, una vittoria, una promozione, una coppa, uno scudetto, figuriamoci una salvezza.
Ecco quindi che la situazione di questa stagione sportiva era complicata a settembre esattamente come lo è adesso a gennaio, al 14 gennaio, giorno nel quale viene scritto questo post. Quando leggo post di tifosi che si chiedono se Virtus Roma e Virtus Bologna siano iscritte allo stesso campionato mi chiedo: ma questi tifosi hanno letto i roster? Hanno visto le partite delle altre squadre che hanno 5 stranieri (spesso americani neri e giovani) o 6 stranieri atletici, giovani, con fame di vittorie e serietà di atteggiamento, tipo – uno per tutti – Kyle Weems?
Sì, la Virtus Roma è meritatamente iscritta allo stesso campionato delle altre 16 squadre della LBA. Però è meno forte di molte di loro per la sua composizione atletica.
Fino all’altro giorno, domenica 12 gennaio, ha giocato con tre americani, di talento senza dubbio anche se Dyson e Jefferson sono superiori, ed altri ragazzi esordienti nella massima serie sia pure con ottime prospettive: Baldasso, Alibegovic e Kyzlink. A parte questi ultimi che a modo loro sono giocatori di sufficiente livello atletico – sufficiente sia chiaro – il resto della squadra non lo è. E dipende della paturnie dei due califfi – Dyson/Jefferson – che per motivazioni diverse sin qui hanno reso molto meno di quanto ci aspettava da loro.
Vediamo qualche numero. Jerome Dyson segna 13.9 punti in circa 30′ di gara ma tira col 48.6 da 2 ed il 22.2 da tre…il 79% ai liberi…regala 4.9 assist ai compagni ma perde 3.5 palloni a partita. Non le cifre di un leader come lui. O meglio di quello che ci si attendeva. Certo con Cremona in casa ha fatto vincere la partita, a Cantù ha vinto la gara con un entrata che solo a lui e pochi altri è dato anche solo pensare, con Milano ha giocato molto bene. Ma nelle ultime 4 gare (le sconfitte vs Brescia, Venezia, Reggio Emilia e Virtus Bologna), il play di coach Bucchi ha tirato 9 su 23 da due, 1 su 21 da 3…Perso 11 palloni e dato 18 assist con 30 punti totali cioè 7,5 a partita. A parte gli assist poco, troppo poco e molto male visto che lui è la guida della squadra.

Davon Jefferson in azione by Masi
Davon Jefferson, che sarà stato anche il miglior della scorsa stagione per valutazione e sta messo bene anche quest’anno, sembra uno che guarda molto al suo tabellino più che al benessere della squadra in primis, ma nelle stesse quattro gare una una sola voce attiva: i rimbalzi, 33 in 4 gare (male solo con la V bolognese quando ne ha presi 3). Per il resto 15 su 35 da 2 e 11 su 28 ai liberi…Se i due più forti – perché se stanno bene ed hanno la giusta propensione a giocare sono una delle migliori coppe dei campionato – vanno in campo e producono questo allora la strada verso la salvezza si fa davvero in salita, White o non White, Strautins o non Strautins, anzi non Strautins perchè pare proprio che il lettone non arriverà più.
Io non ho ricette ed anche se le avessi mi guarderei bene dal suggerirle ad un allenatore come Piero Bucchi che ne sa più di tutti in serie A visti risultati che sempre e dovunque ha ottenuto. Leggo da qualche parte commenti – di persone che non si firmano tra l’altro… – che i due americani di cui sopra non si allenano o si allenano male. Non lo so, per adesso non mi interessa, io valuto le loro prestazioni durante le partite. E per ora la mia personale valutazione è molto deludente salvo eccezioni che confermano che se volessero sempre sarebbero decisivi.
Anzi, per chiudere, sono decisivi punto e basta. Se loro giocano, gioca tutta la squadra che avendo un tasso tecnico, emotivo, di personalità, meno elevato di loro due, cresce in esperienza e valore. Al contrario tutti gli altri si intristiscono in una pallacanestro che porta anche alle sconfitte con i divari che staff tecnico, società, tifosi e giornalisti non amano. Ricordando poi che sebbene sia lecito, giusto e bellissimo sognare, in questo momento preciso l’unico sogno che secondo me è credibile è quello della permanenza in serie A: piaccia o meno è l’obiettivo unico ed irrinunciabile di questo gruppo. Poi si vedrà.

Jerome Dyson, by Alfieri
Capisco e comprendo le delusioni, il rammarico la rabbia di fronte a certe sconfitte e la voglia di pensare in grande ma non è questo il momento o meglio, pensare in grande adesso vuol dire concorrere tutti, ma proprio tutti alla salvezza della squadra, che sappiamo non essere scontata nè tantomeno facile. E’ un salto di mentalità che se fatto da tutto l’ambiente – pur ripeto mantenendo il dispiacere per alcuni atteggiamenti e per certe partite buttate o regalate – può davvero aiutare coach Bucchi a lavorare ancora più serenamente. Ed i giocatori ad assumersi le loro responsabilità.
Per chiudere la mia Virtus, o meglio la Virtus che vorrei, è una società che comunica di più e meglio, che ha un organigramma più definito di quello attuale, che aiuti chiunque lavori per lei – dai giornalisti corretti per esempio a coloro che lavorano senza le luci dei riflettori – che avesse una sua sede – tra l’altro il proprietario è un costruttore e mi risulta strano assimilare come in vent’anni non sia riuscito a costruire un pallone pressostatico con cinque sei stanze annesse per creare casa Virtus – dove far allenare la squadra ad ogni ora del giorno ed ogni giorno dell’anno senza dover aspettare che si liberi da altri impegni.
Chiedo troppo?
Può darsi, ma l’ho detto è la mia Virtus.
Quella che sogna Eduardo Lubrano.
Eduardo Lubrano