Il vociare popolare antecedente il match tra Olimpia Milano e Khimki Mosca parlava di speranze, circostanze, mercato, assenze (nostre) e presenze (Shved); il tutto condito dai messaggi di battaglia dello stesso club moscovita cui vollero, senza lieto epilogo, rendere la pariglia con gli interessi, memori della gara d’andata terminata con un punto di vantaggio dopo 3 tentativi realizzati dalla lunetta di Mike James e volenterosi nel fermare la striscia di vittorie consecutive (4) di Milano.
La difficoltà e la determinazione dei “chimici” moscoviti capitanati dal rientrante Shved, il giocatore dai più considerato come il più forte (nonché il più pagato) nell’ Eurolega odierna , hanno condizionato l’inizio meneghino scoperchiando una difesa debole in tutte le parti e levando ogni contropiede primario, lasciandone pochi secondari da sfruttare costringendo così i campioni d’Italia a giocare sempre contro una difesa schierata.
Questo scenario fa si che senza il supporto di Santa Percentuale da tre punti Milano arranchi e il Khimki arrivi a metà terzo quarto con il vantaggio massimo di 14 punti con meno di 15 minuti da giocare. Un divario recuperabile certamente, (il teorema di Dan Peterson e’ sempre in voga) ma compiendo un’impresa mica da poco.
Ci e’ voluto il quintetto piccolo per giocare quasi 10 minuti di alto livello, partito dalle difese di Jerrells e Nedovic, con la reattività di Brooks, l’ordine di Nunnally, la semplicità e le mani dolci di Kuzminskas. Quei 9 minuti che procurano un 20-3 fatale per gli ex sovietici nonostante un colpo di coda finale aiutato anche dai tre orange protagonisti di una direzione lassista (basti guardare il numero di liberi tentati globale) e pure fallace (ma pro squadra di casa) nelle decisioni degli ultimi minuti
Un viandante ungherese potrebbe chiedersi se questa vittoria sia più merito di Milano o demerito del Khmiki. Beh, io voto la prima anche se la complicità russa è fuori discussione perché la gestione degli attacchi in quel frangente non era ordinata né efficace, le idee spente succubi dell’aggressività ritrovata della difesa milanese e di certo il Khimki non ha mai brillato per consistenza difensiva.
Tutto coincidente con l’infortunio a Mickey e col calo fisiologico dopo tre mesi ai box del loro faro principale. Sinceramente non dev’essere facile allenare una squadra così strutturata, non invidio per nulla il mio idolo giovanile Kurtinaitis (per i più giovani, quando calcava i parquet era un tiratore pazzesco)
Nel giorno dell’addio (o arrivederci?) di Dairis Bertans , a cui il sottoscritto augura una splendida esperienza in quel di New Orleans, coach Pianigiani e la sua truppa trovano la quinta vittoria consecutiva per permettere che il sogno playoff continui. Ora il calendario si fa tosto ma con un Olimpia così concreta e convinta potrebbero bastare 3 vittorie, le due con le ateniesi e magari contro il Fener già primo e quindi non certo affamato di punti.
Luciano Pizzi