Se il risultato finale non era impossibile da pronosticare, è stato certamente l’andamento di gara 2 delle NBA Finals a caratterizzarsi come particolare e di certo non in linea con quanto visto in campo nel primo episodio della serie. Miami pareggia e si va in Texas sull’1-1, risultato gradito agli Spurs, meno da LeBron&c. ma nulla è compromesso, anzi: sarà una serie lunga e siamo solo all’inizio.
Miami è avanti fin dalla palla a due e solamente le mostruose percentuali da tre punti di Green e soci tengono a contatto San Antonio. Parker è “finalmente” (per gli Heat) limitato nelle sue scorribande al ferro, ma ciò non impedisce agli Spurs di giocarsi le proprie chances, quelle che avrebbero portato i texani su un inimmaginabile 0-2. Ciò non avviene, anche se nel terzo periodo, dopo un paio di minuti di confusione totale, degli stanchissimi Heat perdono per qualche possesso le redini dell’incontro e il vantaggio sul tabellone. James sembra stanco, Wade lo è di certo (basta rivedere la sua intervista e successiva uscita dal campo all’intervallo), sta di fatto che San Antonio ha addirittura la possibilità di allungare, ma non lo fa. Leonard è nuovamente mostruoso, sia in marcatura su James che a rimbalzo dove va in doppia cifra abbondantissima. Ma la variabile impazzita della gara si chiama Mario Chalmers.
Rio diventa protagonista del parziale che rende l’ultimo quarto un lunghissimo garbage time, con i titolari degli Heat in campo fino quasi alla sirena finale – e di questo dovrebbe dare spiegazioni Spoelstra, vista la stanchezza di cui sopra e gli infortuni, per non accadono in questo caso, meno male, ma sono sempre dietro l’angolo, vedi D-Rose in analoga situazione lo scorso anno. Il pick’n’roll tra Chalmers e LeBron trova impreparata la difesa degli Spurs, e siamo ovviamente curiosissimi di capire cosa Pop escogiterà per gara 3, nel tentativo di arginare una situazione che, vista l’efficacia, verrà di certo riproposta soprattutto nei momenti decisivi.
Dire che non è stata la miglior partita possibile da parte di San Antonio sembra riduttivo. Gara due non era e non poteva essere quella che decide una serie al meglio delle sette, strutturata così e con Miami che ha già perso il fattore campo. Sarebbe diventata determinante in caso di una nuova vittoria di Duncan&c. ma così non è stato, e gli Spurs sono sembrati accontentarsi. Nel loro piano aver strappato una W in Florida è già una vittoria, in attesa ora delle tre gare consecutive tra le mura amiche dell’At&t Center.
Miami ritrova invece i suoi tiratori, se è vero che le stelle non hanno particolarmente brillato, episodi a parte come la stoppata davvero incredibile di James ai danni di Splitter, sono stati Chalmers, Allen e soprattutto Mike Miller, miracolato e tornato da gara 7 delle finali di conference nella rotazione di Spoelstra, a segnare la differenza tra l’essere ad un passo dal “dramma” all’aver rimesso in piedi la serie.
Potrebbe non bastare una vittoria agli Heat in quel di San Antonio, per garantirsi poi l’anello in gara 6 e 7, e indubbiamente il pensiero di Miami deve essere quello di andare a vincerne due all’ombra dell’Alamo. Per San Antonio invece potrebbero bastare due vittorie su tre per tornare su un campo, quello di Miami, dove ha già dimostrato di poter vincere e di poter imporre la propria pallacanestro, in vantaggio 3-2 e con ben due match-balls sulla racchetta. Ma per farlo i “loro” Big Three devono tornare a mordere, perchè il solo supporting cast, che li ha tenuti in vita per almeno 36-38 minuti in gara due, potrebbe non bastare.