Prima la prodezza (vabbè, era un layup con l’area completamente libera, ma pur sempre decisivo per la vittoria) poi 2 palle perse nel finale, per molti clamoroso, con cui Indiana ha chiuso a proprio vantaggio gara 2, espugnando l’American Airlines Arena e portando ora la serie a Indianapolis sull’1-1. LeBron James è comunque sempre il protagonista, anche se nel secondo episodio della finale di conference Wade è tornato a fare il…Wade. Come ampiamente segnalato in fase di preview, invece, quello che sta mancando è il supporting cast, autentico ago della bilancia per lo staff di Spoelstra.
Nella prima partita Andersen si è rivelato il migliore dei suoi nell’affiancare James tra i marcatori e i giocatori determinanti per la W finale. Abile a giocare gli ultimi metri di campo, in particolare la linea di fondo, e facendosi trovare sempre prontissimo per gli scarichi sulle penetrazioni del compagno più famoso (e bravo, of course). Ma già i segnali dagli altri componenti degli Heat non erano incoraggianti, così che in gara due i Pacers hanno preso un po’ più le misure, vincendo addirittura in trasferta.
Oh intendiamoci: non è solo una questione, per quanto determinante, di James che gioca da fuoriclasse, “chirurgico” nelle sue azioni finali (Dr. LeBron, appunto) o da autentico Signor Qualunque (o Mr. James, se preferite). Indiana è una signora squadra, non spettacolare, ma con la capacità di rendere meno appariscente anche l’avversario, di causare palle perse, rimbalzi offensivi subiti, bloccarne la transizione. Mette in difficoltà Spoelstra giocando con due lunghi, cosa ormai desueta in (quasi) tutte le squadre NBA, per non dire del resto del mondo cestistico. Hibbert domina sotto i tabelloni, e Miami ancora non ha trovato un antidoto efficacie. Particolare che Haslem, nella rotazione degli Heat, parta in quintetto per poi sparire. James che può giocare tutti e cinque i ruoli su un campo da basket, semplicemente perchè non ne esiste un sesto, non è però, ovviamente, un lungo, un’ala forte, per quanto fisicamente attrezzato e capace di battersi in area. Avevamo anticipato la possibilità di giocare con una difesa davanti al lungo di Indiana, che non avendo tiratori pericolosi dagli angoli, poteva poi essere controllato più agevolmente con le rotazioni difensive. Ancora questi accorgimenti non si sono visti, ma di certo gli Heat dovranno pensare qualcosa che cambi il trend della serie. Non solo perchè ora Indiana ha riportato a proprio vantaggio il fattore campo, ma perchè delle due gare, una poteva benissimo vincerla e l’ha lasciata lì solo al supplementare, grazie alla giocata del LeBron di cui sopra. La seconda l’ha proprio vinta, perciò…
Stephenson è l’autentica sorpresa di questa finale di conference. I suoi tiri si dividono tra capolavori e piccioni viaggiatori che passano cinguettando (non so se i piccioni cinguettano veramente…) a 3 metri dal ferro. Ma l’energia, la difesa, l’intensità che sta mettendo in campo sono sicuramente doti fondamentali per far parte del quintetto di Vogel. Questa è la versione dei Pacers che per il secondo anno vuole contendere le Finals a Miami, e se pur sfavoriti dai pronostici, daranno certamente battaglia soprattutto nelle prossime due partite tra le mura amiche. Non aspettiamoci dunque un gran spettacolo, ma ancora gioco duro e lotta senza quartiere su ogni pallone, in fin dei conti siamo o non siamo alle Eastern Conference Finals?