Ci siamo, anzi…ci ri-siamo, anche se nella passata stagione si trattò di semi-finale di conference! Saranno Miami e Indiana a sfidarsi per raggiungere le NBA Finals. I Pacers sbarazzandosi dei Knicks in 6 accesissime, e non proprio spettacolari, gare si sono conquistati il diritto di affrontare i campioni in carica degli Heat, che con qualche giorno in più di riposo aspettavano il prossimo avversario sotto il sole di Miami Beach. E poteva andare peggio!
Detto subito che Miami con il privilegio del pronostico a proprio favore, nonché – cosa molto più importante – il fattore campo a suo favore, sperava nell’ordine che: a) New York costringesse Indiana almeno a gara 7 e che b) gli stessi Knicks superassero il turno, avendo l’eventuale “bella” da disputarsi proprio tra le mura amiche del Madison Square Garden. Delle due nessuna è andata come Spoelstra e compagni speravano, e questo per un semplice motivo: se c’è una squadra ad Est del Mississippi che può impedire a Miami di raggiungere la terza finale consecutiva e pensare di bissare il titolo dello scorso Giugno, questa è proprio Indiana.
Partiamo dal presupposto che gli Heat non hanno uomini a centro area in grado di contenere Hibbert e West, pur considerando l’impiego pressoché costante di James da 4, non solo in attacco ma appunto anche in marcatura sull’ex-Xavier nella propria metà campo. Bosh si occuperà all’inizio e nell’ultimo quarto di Hibbert, dominante in gara 6 contro NY in difesa (5 stoppate di cui una da incorniciare su un tentativo di schiacciata di Carmelo Anthony) come in attacco, dove ha movimenti spalle a canestro e un gioco, in generale, da centro vecchio stampo. Per questo Miami non ha l’abitudine a difendere su un giocatore di questo tipo e Bosh in particolare potrebbe soffrirne il fisico. Gli Heat potrebbero addirittura alternare dei brani di zona, con magari in campo Haslem da “finto” centro a marcare davanti il lungo dei Pacers.
In attacco Miami dovrà semplicemente continuare a fare quello che ha fatto fino ad ora e che è bastato a portare a casa un record ad oggi di 8-1 in questa post-season. Se Wade si sarà ripreso dai vari acciacchi, ginocchio su tutti, potrà tornare a dare quel contributo che tutti conoscono e la sfida tra gli esterni – apparentemente offuscata dalle considerazioni di cui sopra sulla front-line – diventerà decisiva per gli esiti della serie. Sembra in ogni caso che la facilità con cui ormai la squadra del Presidente Riley gioca possa essere, anche a livello di Conference Finals, abbastanza per raggiungere la vincente dell’ovest (si stanno affrontando San Antonio e Memphis dall’altra parte del tabellone, con gli Spurs avanti 1-0) e giocarsi l’anello.
Considerando che LeBron James, MVP della regular-season e mattatore in solitario delle prime due serie di playoffs,
continuerà sulla strada intrapresa, sarà al solito il così detto supporting cast a fare la differenza. Con un Ray Allen in più nel motore, la maturità di Chalmers, l’apporto come anticipato di Haslem, gli Heat sono la squadra più completa e con rotazioni sufficienti a sopperire ad eventualità inaspettate, come acciacchi e infortuni che sono sempre dietro l’angolo dopo una stagione logorante come quella NBA.
In definitiva i Pacers potranno metterla sicuramente sul gioco fisico, che è loro peculiarità, e cercare di contenere Miami soprattutto sul perimetro, cosa già fatta molto bene contro New York che non ha lo stesso sistema offensivo (anche perchè
quale sarebbe quello dei Knicks, ancora inevitabilmente in recupero dopo la “cura” D’Antoni?) ma basa comunque gran parte delle proprie fortune sulle percentuali da fuori. Idem dicasi per Miami, soprattutto se i vari LeBron e Wade si dimenticheranno di attaccare il ferro, magari respinti con perdite dai lunghi degli “Hoosiers” e riprenderanno a palleggiare all’infinito prima di tirare in isolamento o 1 vs 5. In caso contrario, lo diciamo da tempo, non sarà possibile impedire agli Heat di raggiungere le Finals dove, anticipiamolo pure, solo un avversario come San Antonio potrà metterli di fronte alla concreta possibilità di una sconfitta, dato che – al contrario – a Memphis servirebbe qualcosa di più della pur miracolosa stagione disputata fino a qui.