Diciamoci la verità: se a Settembre, prima ancora del Training Camp, qualcuno avesse dubitato che questi Lakers non fossero in grado di inanellare almeno 5W filate, quel qualcuno non sarebbe stato certo preso sul serio. Poi, però, inizia la vera stagione e arrivati al giorno di Natale festeggiare non solo la quinta vittoria consecutiva, ma anche il ritorno ad un record non più negativo diventa la pura realtà per i gialloviola. Ancora meglio: la doppia-vù arriva contro i New York Knicks, una delle squadre più in forma in questa prima parte di campionato, e a 4 anni di distanza dall’ultimo sorriso natalizio, ottenuto ai danni dei Celtics.
La regia ESPN, nel frattempo, continua ad evolversi regalandoci fans in fissa dietro al duo Van Gundy-Breen, una serie di scambi di battute sul parquet con particolare attenzione su Melo, qualche pregevole giocata calcistica di Nash (su tutte uno stop di spalla a gioco fermo), la pista di pattinaggio fuori dallo Staples, una lunga serie di smorfie di Mike D’Antoni e la rivedibile giacca di Steve Blake, ancora out per infortunio. Curiosa è anche la partenza in quintetto per i padroni di casa di Darius Morris, messo fin da subito a seguire le tracce di Anthony con (ovvi) scarsi risultati: vista la performance di World Peace da sesto uomo l’unica plausibile spiegazione sembrerebbe quella di salvare almeno per una volta la panchina lacustre da statistiche di poca sostanza, ma se non altro LA non paga fin troppo la scelta di D’Antoni e anzi, sotto la guida di un impeccabile Steve Nash, i Lakers ritrovano un buon basket, fatto di circolazione palla e scelte offensive non più dettate dal solo Kobe. I risultati sono evidenti nell’intero arco dei 48 minuti, dove sì Bryant segnerà 34 punti, ma senza più prendersi, se non un paio, tiri “ignoranti”, dimostrando come già solo in due gare il play canadese sia stato in grado di cambiare volto alla squadra, ridando ritmo e fluidità ad una manovra offensiva che nelle ultime settimane aveva raggiunto livelli bassissimi. Così, anche quando nel terzo quarto i losangeleni finiscono sotto di 9 lunghezze, la squadra non si scompone ricucendo colpo dopo colpo il gap e lanciandosi in un finale tiratissimo dove alla fine trasparirà tutta la qualità di questo team, tra le numerose scelte offensive e schemi ben eseguiti, su tutti l’atteso pick&roll Nash-Howard che finalmente porta frutto mandando diverse volte in crisi la difesa degli Knicks. Rimane ben evidente, però, che Dwight non è ancora il centro che vestiva la canotta dei Magic e, seppur in una serata in cui il #12 non gioca per nulla male, rimbalzi non presi, layup forzati ed un’eloquente staticità nel pitturato sono nei che, se risolti, potrebbero dare il giusto innesto a questi Lakers per scalare la classifica. Vero è che nell’ultimo periodo Mike lo schiera in cima alla lunetta ottenendo buoni attacchi, vero è che il 6 su 9 ai liberi è sintomo di progressi, ma da che mondo è mondo Superman dovrebbe essere l’arma in più sotto le plance e anche difensivamente questa presenza risulta ad oggi ancora poco efficace. Non sono però nè l’ennesima performance sopra i 30 punti del Mamba (mai nessuno della sua età come lui), nè la doppia doppia di Nash e nemmeno le fiacche prove della coppia Morris-Duhon a fare notizia, bensì la meravigliosa giornata di Metta e il finale di Gasol. Il primo gioca esattamente la pallacanestro che tanti coach di giovanili italiane vorrebbero dai propri ragazzi: il talento non manca è vero, ma quando c’è grinta e determinazione non serve poi chiamarsi World Peace per mettere pressione agli avversari e dare coraggio ai propri compagni. Se poi oltretutto giochi ai Lakers e vesti la maglia numero 15, puoi allora segnare 16 punti nel secondo quarto evitando che altrettanto faccia Anthony, salvo poi uscire per falli e lasciare il posto allo special guest Gasol, che salva con una serie di giocate un pomeriggio non particolarmente esaltante, affondando a 12” dalla fine schiacciata e Knicks, con un ringraziamento all’inevitabile raddoppio su Kobe. Gialloviola promossi? Sì ma non del tutto, perchè il “Vamos!” di Gasol non basta per non notare gli alti minutaggi del quintetto base, Jamison ormai relegato alla panchina, la mancanza di un esterno di qualità e soprattutto quella di un play in grado di tenere le redini del gioco nei 20 minuti senza Nash.
D’altro canto i Knicks (a fronte però di tanti errori sotto misura) hanno il merito di aver dato anche loro al match un’intensità dal sapore di Playoffs, potendo schierare due giocatori come Melo e Smith in pieno momento di grazia. Se insomma Camby appare irriconoscibile rispetto a quello che nella stagione 2005/06 fu miglior difensore della Lega, JR Smith si dimostra non solo spina nel fianco per LA, ma lascia ben intendere di essere in grado anche di poter assolvere molto bene al compito di stella della squadra ,senza ovviamente intralciare un Anthony stellare, che ha saputo ridare vita e spirito al progetto degli Knicks contro le tante critiche che la scorsa stagione non si erano fatte attendere troppo . Con queste percentuali e questo basket due cose sono certe: Woodson può benissimo candidarsi a miglior coach dell’anno, mentre i Knicks hanno numeri e talento per poter dar fastidio ad Aprile a tante squadre. Il cammino è ancora lungo, Stoudemire rimane assente a tempo indeterminato e ora Felton ha persino un dito rotto, ma col team della Grande Mela c’è da stare comunque davvero molto attenti…
MVP del match? Si potrebbe andare con Kobe, impeccabile o quasi quando la palla ha cominciato a scottare, Steve Nash il play che i Lakers ora dovranno preservare minuziosamente anche dal minimo acciacco, Gasol è la sua schiacciata oppure Kurt Thomas, che a 40 anni dimostra come non serve averne venti o il fisico di James per metterla dentro al cesto. Preferisco però Metta World Peace, il vero uomo in più che New York non ha avuto dalle proprie linee, perchè gettare il cuore oltre l’ostacolo, talvolta, vale cento volte di più che una classe smisurata.
Buone feste a tutti!
Michele Di Terlizzi