Ebbene sì.
Mentre voi (noi?) rosolavate i vostri flaccidi corpi bianchicci sotto il sole di qualche affollata spiaggia d’agosto, dall’altra parte della pozza qualcuno ha lavorato. E parecchio.
Sono i GM NBA che, ebri del fatto di sapere che la stagione quest’anno ci sarà e dell’avere a disposizione per i loro traffici ben 2 mesi invece che 12 minuti, ci hanno dato dentro parecchio.
Per gli amanti del dettaglio, sul sito ufficiale NBA (http://www.nba.com/news/transactions/2012_13/) potete trovare tutte le info, compresa la nuova rosa dei ballboys di Charlotte; per quelli invece che sono più pigri, di seguito un bigino dei movimenti principali con annesso commento sulle possibili implicazioni.
[b]Scambio a 4[/b]
Al grido di “finchè vinco gioco io”, gli angeleni sono stati gli indiscussi padroni del mercato, portandosi a casa tutti pezzi più pregiati di questo mercato estivo, e candidandosi immediatamente a contender.
O no?
Prima di tutto orchestrano il principale scambio estivo, coinvolgendo altre 3 squadre:
LA prende Dwight Howard, Chris Duhon (non uscite mai senza di lui) e Earl Clark da Orlando, dando in cambio a Phila Bynum e McRoberts, e a Orlando Eyenga, una prima scelta del 2017 e probabilmente lo ius primae noctis di Buss Jr.
Phila si prende Jason Richardson dai Magic, Bynum dai Lakers e Vucevic e Harkless da Denver.
Denver si prende Iguodala da Phila e manda a Orlando Afflalo, Harrington e una prima scelta del 2014.
Mettiamola così: Phila prende abbastanza bene in cambio di un Iguodala che mai ha convinto e che era in aria di addii da almeno 2 stagioni; Orlando si libera di brutti contratti, crea spazio salariale, prende un po’ di scelte (anche se non altissime, probabilmente) e un buon giocatore giovane (Afflalo), dopo essere stata tradita dal quarto uomo franchigia designato in meno di 15 anni (Shaq, Penny, TMAC e ora Howard): non una pesca incredibile, ma in oltre un anno di tentativo di smercio del centrone non è che avessero ricevuto queste grandi offerte…
A Denver la follia: non paghi di avere i due giocatori più promettenti (Gallinari e Chandler) nello stesso ruolo, vanno a recuperare proprio in quel ruolo un’inutile Iguodala; va bene la squadra atipica e la duttilità che tanto piace a Karl, ma questi sembrano sempre più una copia degli Atlanta Hawks…
Ma tornando ai Lacustri, la notizia dell’estate è che Howard si è finalmente scelto la sua nuova casa, e si unisce a Kobe e al neoarrivato Nash (ci sono voci che parlano anche di un arrivo di Barbosa) nel tentativo di riportare LA sul tetto del mondo. Secondo me trattasi di classico caso di persona giusta nel posto sbagliato: il problema principale degli ultimi Lakers non era il triangolo sì o no, l’invecchiamento di Kobe o la difesa sul pick and roll; tantomeno le performance (tutto sommato più che decorose) del fragile Andy. Il problema era che in quintetto avevano due pivot, Bynum e Gasol, che non potevano stare in campo insieme dal punto di vista tecnico. Con Bynum inchiavardato in mezzo all’area, a Gasol non restava che riconvertirsi 4 con propensione al gioco perimetrale, cosa che in attacco ha funzionato a momenti alterni, in difesa mai, con un elefantico Gasol costretto a correre dietro ai 4 (che come sappiamo ormai spesso sono dei 3) avversari, o a difendere un pick&roll oltre i limiti dell’imbarazzo (con l’amichevole partecipazione di Fisher e poi di Sessions). Invece di risolvere alla radice questo problema, il sempre sagace Buss Jr (tramite la sua appendice operativa Kupchak) sostituisce Bynum con la sua versione “pimpata”. A ben guardare infatti non è che Howard faccia molte cose che Bynum non faceva: qualche rimbalzo e punto in più (ma non che Andrew fosse statisticamente drammatico, passiamo da 11 a 13 e da 18 a 20), un po’ più di intimidazione (2,1 stoppate di media per entrambi), e poi? Fino all’anno scorso si sarebbe potuto dire che era più solido e affidabile fisicamente, oggi dopo l’infortunio alla schiena l’integrità fisica di Dwight è tutta da dimostrare. Ci si aggiunga l’età più avanzata, lo stipendio più alto e il carattere più egocentrico (su un palcoscenico che per altro i compagni tendono a non condividere volentieri…), e si vede che alla fine i Lakers non hanno fatto questo grande colpo. L’unico vero upgrade che vedo è nell’intensità (ammesso che i pianeti e gli umori di Howard si allineino): Bynum non dava esattamente il 110% ogni sera, Howard da questo punto di vista è mentalmente molto più continuo (si pensi alla stagione comunque buona giocata in questo anno vissuto pericolosamente). Il costo di questa operazione però è il dover passare lunghi tratti di partita avendo sul perimetro a guardare:
il miglior passatore dell’NBA (Nash)
il miglior realizzatore dell’NBA (Kobe)
il miglior lungo dell’NBA (Gasol, ok opinione personale, comunque credo che sia unanime l’includerlo almeno fra i primi 5)
tutti e 3 fermi a guardare questo energumeno fare a cornate in post basso, cercando di strizzare fuori dal suo modesto talento offensivo i 2 punti dell’azione.
Riguardo all’apporto di Nash, credo che potrà dare ai Lakers meno di quanto avrebbe dato in un’altra squadra, ma il suo contributo sarà comunque positivo: senz’altro la panchina, che giocherà su sua indicazione, andrà meglio, e anche i figuranti che completano il roster gialloviola sembreranno giocatori NBA. Potrà togliere la palla dalle mani di Kobe, e permettergli di riposare di più, oltre che di sviluppare il suo gioco senza palla (e se c’è qualcuno che può sviluppare anche a quest’età un aspetto completamente nuovo del suo gioco, è senz’altro Bryant). Potrà infine giocare un pick&roll di altissimo QI cestistico con Gasol, specie nei minuti di panca di Howard.
Insomma, non sto ovviamente dicendo che i Lakers sono da Dleague, è chiaro che sono probabilmente la seconda forza ad ovest dopo i Thunder, ma onestamente mi sembra che l’immane quantità di talento sia stato più ammassato che messo a frutto.
Un’ultima considerazione (perdonatemi in caso di non perfetto fit dal punto di vista economico, ma credo che una quadra l’avrebbero potuta trovare): hai finalmente deciso di scambiare Bynum, e hai Phila che lo vuole e che è disposta a scambiare Iguodala: ma un bello scambio a 2 senza rompere la palle ai Magic e il loro incubo e i Nuggets in evidente stato confusionale? Nash (ma anche uno qualunque meno costoso), con Kobe, Iguodala, Gasol a fare il centro e un 4 difensivo e grintoso (Varejao?) non sarebbero stati più adatti all’NBA del 2012? Un AI che può fermarti in difesa un Lebron o un Durant, o permetterti di giocare con 4 piccoli e allargare l’area, non sarebbe stato più utile di un totem (il secondo) a centro area?
[b]Squadra che vince non si cambia[/b]
Continuiamo questa maratona dell’ottimismo con i campioni in carica, che si presenteranno il prossimo anno con una formazione molto simile. Le due principali aggiunte sono due tiratori esterni, ovvero Ray “Giudaeraunprincipiante” Allen e Rashard Lewis. Apparentemente due ottime aggiunte, in sostanza due provati cecchini che si possono appostare sull’arco e punire i raddoppi sui Big three. Per Lewis il discorso sarebbe vero: un 4 per centimetri che però gioca come un 3, non subisce troppo in difesa contro i lunghi avversari, prende tanti rimbalzi, tira bene dall’arco, ma a differenza di Battier, non viene incriminato per atti osceni in luogo pubblico se mette palla per terra e va a finire da sotto; peccato che questo giocatore era il Lewis del 2007, poi mai più rivisto, travolto da infortuni, età, contrattoni, scambi e crisi di identità. Quello di oggi appare onestamente molto meno eccitante. Per The Candyman il discorso è diverso: di per sè è l’uomo a cui vorresti dare il tiro da 3 da cui dipende la tua vita. Peccato che per 20 anni ha lavorato su dettagli maniacali per essere perfetto nello smarcarsi senza palla, ricevere e tirare: aspettare immobile sull’arco e tirare sullo scarico è completamente un altra cosa, richiede una capacità diversa di concentrazione e di mettersi in ritmo. Allen da professionista serio potrebbe provare a convertirsi, e il minor impegno fisico richiesto (oltre al minor minutaggio) potrebbe aumentarne resa e valore in questo fine carriera. Può succedere, certo, ma non è certo come ce lo raccontano. Considerato anche che uno dei principali motivi di contrasto con i Celtics era il ruolo di sesto uomo richiestogli da Rivers.
In compenso però bisogna riconoscere che il 90% della squadra la fanno i Big 3 e questo terzetto, che lo scorso anno ha portato Miami al titolo, quest’anno non potrà che essere più forte: Wade e Bosh hanno giocato per tutti i PO a scartamento ridotto a causa degli infortuni, se a maggio e giugno saranno sani non potranno che giocare meglio. Lebron invece, potrebbe aver trovato con la vittoria del primo anello quella serenità e sicurezza che gli erano sempre mancati, e quindi il giocatore chiaramente più forte di tutti potrebbe giocare come tale. Quindi possiamo raccontarcela a piacere sulle possibilità di fitting di Allen, sulle condizioni fisiche di Lewis, o su quali altri Free Agent a fine carriera potrebbero essere interessati a rafforzare la franchigia di South Beach, ma se questi 3 sono sani e convinti, non esiste l’antidoto. Auguri agli altri!
[b]Young wave[/b]
Non grandi protagonisti del mercato i Thunder, ma questa può essere considerata una buona notizia. L’unica mossa degna di rilievo è stata la rifirma (a cifre importanti, 48 mln per 3 anni) di Ibaka. Un’importante segnale di continuità, che unita alle estensioni di Durant, Westbrook e al contratto in essere di Perkins fa sì che il nucleo della squadra sia garantito per i prossimi anni, con la sola notabile eccezione di James Harden. In scadenza a fine anno, il Barba probabilmente cercherà un max contract, che i Thunder non possono permettersi senza superare il cap. La mia (solita) soluzione romantica e forse un po’ ingenua sarebbe: lui rinuncia a qualche cosa, magari gli altri 4 si autoriducono lo stipendio, e insieme formano il nucleo del team che indiscutibilmente nei prossimi 5 anni si porta a casa almeno 2 titoli (tanto se vinci dei titoli, una buona parte di quello che perdi come ingaggio è facile che lo recuperi con maggiori sponsorizzazioni). Il mondo reale è diverso. I Thunder devono cercare però di definire il prima possibile la situazione Harden, per evitare che possa essere causa di distrazione e conflitto per tutta la stagione. Il vantaggio che hanno è che Harden ha giocato delle brutte finali, e quindi sia per orgoglio che per far risalire il suo valore di mercato il Barba dovrà comunque impegnarsi al massimo quest’anno. Comunque, in una squadra il cui vero punto di forza è la chimica e l’equilibrio fra i giocatori, questa situazione può essere pericolosa. A parte questo la squadra appare forte, bilanciata, completa, e ora ha aggiunto anche l’esperienza di PO e finale, quindi si presenta ai nastri di partenza come favorita ad ovest e ostacolo più credibile al repeat di Miami. Unico neo si può considerare Brooks, che in finale ha convinto non molto: perdere sul piano tattico con Spoelstra non è un gran biglietto da visita. Certo, non è una tragedia: non parliamo di un Del Negro, che per decidere quale schema chiamare ad ogni azione gira una ruotona della fortuna, su cui in ogni casella c’è scritto: “Chris, per favore, pensaci tu”; però non è nemmeno quel genio che ti fa fare quel salto in più curando anche i particolari più insignificanti o ti ribalta una serie con aggiustamenti e trovate tecniche: insomma, ha il vantaggio di non essere un freno alla vittoria, ma di certo non è un punto di forza. Mi piace comunque il messaggio della dirigenza: credo in questo gruppo, e ritengo che con il solo passare del tempo e quindi il naturale progredire di esperienza, maturazione e affiatamento, ci siano tutti gli ingredienti per vincere un titolo. Credo che questo sia lo spirito giusto per costruire dei campioni NBA.
[b]Siamo sicuri che non sia un paese per vecchi?[/b]
Prima delle ferie avevo promesso un pezzo che ripercorresse e celebrasse le gesta degli Original Big Three, ovvero Pierce, Allen e Garnett, tracciando un bilancio del quinquennio biancoverde visto che nell’estate la squadra sembrava dover essere smantellata (Garnett e Allen erano free agent e non sembrava si volesse insistere oltre con questo gruppo di ottuagenari a fine carriera).
L’estate però ha portato qualcosa di diverso. Allen alla fine se nè andato, sembra più per contrasti tecnici che per motivi economici, o per la volontà della franchigia di liberarsene. Quello che però sembrava l’inizio della fine, in realtà ha messo in moto una trasformazione solo parziale, che ha portato i Celtics ad essere una squadra forse più competitiva dello scorso anno, e ancora una volta l’unica sfidante credibile agli Heat ad est.
Perso Allen, Ainge l’ha sostituito in modo più che degno con Jason Terry. Giocatore più autonomo nel costruirsi il tiro, il Jet è senz’altro più adatto al ruolo di sesto uomo, che di fatto ricopre da quasi tutta la carriera. L’idea di avere a disposizione un’iniezione di energia (e di punti) da inserire quando serve, capace di risvegliare l’attacco a volte stagnante dei C’s non è male. Sicuramente il QI cestistico è più basso, così come la disponibilità al sacrificio e al mettersi a disposizione della squadra. Non ha nemmeno la stessa affidabilità nei momenti caldi, anche se Terry ha comunque dimostrato a suo modo di poter essere determinante quando conta.
A completare la copertura del ruolo di guardia ci sono poi il previsto starter con scopi prettamente difensivi Avery Bradley, in rampa di lancio nella seconda parte della scorsa stagione, che però sarà ai box almeno fino a dicembre, e il neo acquisto Courtney Lee, con ruolo e capacità abbastanza simili, che sarà presumibilmente lo starter fino al ritorno in piena forma di Bradley.
Complessivamente insomma nel ruolo di 2 i Celtics, pur rinunciando ad Allen, non sembrano indebolirsi, e anzi guadagnano in profondità.
Altra firma importante è quella di Jeff Green: di ritorno da una stagione di assenza per problemi cardiaci, Green è pronto a tornare, e potrà avere un ruolo importante sia per dare (fondamentali) minuti di riposo a Pierce, sia per giocarci insieme come 4 tattico: gran rimbalzista e buon difensore, può essere una discreta aggiunta per contenere, chessò, Lebron o Durant?
Sempre in termini di maggior profondità, potranno risultare importanti anche le firma delle due scelte del draft: Jared Sullinger e Fab Melo. Il primo è una sorta di ritorno di Big Baby Davis, sottodimensionato, tende a ingrassare, ma con buoni fondamentali, tanta voglia e buona intelligenza. Difensore modesto ma in miglioramento, gran rimbalzista anche in attacco. Fab Melo invece è il classico corpaccione da piantare in mezzo all’area per fornire dell’intimidazione. Grezzo e senza grosse possibilità di crescita, va di fatto a sostituire un giocatore con analoghe caratteristiche, Stiestma, che andrà ad offrire i suoi servigi ai Wolves per molti più soldi. Insomma, il reparto lunghi guadagna in profondità, pur andando a costare meno: non malissimo. La panchina sarà poi completata dal rifirmato Dooling, onesto mestierante NBA di provata affidabilità.
Tutto questo insistere sulla profondità ha un motivo: è evidente a tutti che il focus di questa squadra si sposterà sempre di più su Rondo (e giustamente, visto quanto ha fatto vedere la scorsa stagione), ma a livello di corsa al titolo i Celtics potranno dire la loro esclusivamente se i due grandi vecchi saranno in condizioni almeno paragonabili a quelle di quest’anno (in cui, ricordiamolo, sono arrivati a un po’ di benzina in più nel finale di gara 7 dall’eliminare gli Heat).
Pensare che Garnett possa ripetere l’incredibile stagione scorsa è difficile. Nei playoffs 2012 è stato con distacco il primo lungo della post-season. Non male per quell’età e quel kilometraggio. Se però si riesce a farlo giocare molto poco in RS, non è da escludere che possa andare vicino a quei livelli. Discorso analogo vale ovviamente per il capitano, che qualche zampata importante l’ha data anche negli scorsi PO, non ostante le condizioni fisiche tutt’altro che ottimali, e un’autonomia di gioco ad alto livello che non supera i 20 minuti a sera.
Unica nota (anche qui ingenua e romantica) riguarda il rinnovo del Bigliettone: 3 anni a 34 mln complessivi. Non ostante l’età del giocatore, per quanto fatto vedere la scorsa stagione, e per i contratti folli visti nel mercato dei lunghi, non stiamo parlando di una pazzia, e quindi poco si può imputare all’impeccabile mercato estivo di Ainge. Sono invece ancora una volta stupito dal giocatore, che ha preteso queste cifre. Garnett, come somma di tutti i contratti firmati in carriera (compreso quest’ultimo) sarà il giocatore più pagato di sempre nella storia della NBA. Visto che la povertà probabilmente non sarà comunque un problema immediato per te, i tuoi figli e i tuoi nipoti, perchè non lasciare alla squadra una decina di mln (in 3 anni) con cui magari firmare altri comprimari che aiutino ad andare al titolo? Sarebbe nel tuo interesse diretto, e comunque anche una forma di riconoscenza verso la squadra che ti ha dato il tuo unico titolo, il rispetto della gente, che ti sta dando un contratto per 3 anni anche se probabilmente sarai realmente competitivo ancora per una, massimo 2 stagioni. E infine, è la squadra a cui per evidenti affinità elettive eri promesso fin dal primo giorno, non ostante l’incidente di percorso Minnesota.
Scusate, sono un inguaribile romantico.
Fine della digressione.
Chiudiamo con questo poker delle contender 2013 la prima parte di questo sunto del mercato estivo.
Ci risentiamo la prossima settimana per esaminare l’andamento del mercato estivo in ambientazioni più folkloristiche, come LA-gli altri, Minnesota (ebbene sì), ovviamente NY (quest’anno disponibile in due fragranze) e Atlanta.
Vae Victis
Carlo Torriani