Anche a voi tutti gli anni verso metà delle Finals comincia a prendere il magone, perchè vi rendete conto che mancano ancora 2-3 partite e poi si smette per 5 mesi?
Prima di mettere in archivio ufficialmente questa stagione, vediamo insieme alcuni punti su queste Finals e dintorni, mentre ringraziamo il nostro inviato in loco per l’ottimo lavoro svolto (e ovviamente ci rodiamo di invidia…). Grazie Simone.
[b]Stagione con l’asterisco?[/b]
Dopo la vittoria del titolo del 99 degli Spurs Phil Jackson, come sempre simpatico come una riga sulla fiancata della tua auto nuova, ha detto che si trattava di un titolo con l’asterisco, perchè conquistato al termine di una stagione ridotta. Si può dire lo stesso per questo titolo del 2012?
Dipende. Se con questa frase intendiamo che questo titolo abbia meno valore di altri, è semplicemente un’idiozia, così come del resto lo era nel 99.
Se però vogliamo chiederci se il calendario ridotto, e soprattutto l’alto numero di partite in poco tempo abbia inciso sulla stagione indirizzandone il risultato finale, non vedo come si possa sostenere che non sia così. Il legame causa/effetto tra stagione ridotta e infortuni è abbastanza credibile. E se guardiamo a cosa sono stati i PO ad est, il risultato finale è stato abbondantemente alterato: i Bulls senza Rose, i Magic senza Howard, Boston con Pierce e Allen a pezzi e con tutte le seconde linee fuori gioco, gli Heat senza Bosh per quasi 2 turni, i Knicks senza Stat e senza il Barone (ho ancora i brividi ripensando alle immagini dell’infortunio). Diciamoci la verità: bruttini, e del tutto imprevedibili.
A ovest le cose sono andate meglio, con gli infortuni che si sono concentrati su Denver (soprattutto in stagione) e Clips (letteralmente falcidiati in questi PO).
L’assenza di training camp e di allenamenti durante l’anno ha favorito quelle squadre insieme già da tanti anni e che quindi ne avevano meno bisogno per affinare il loro gioco di squadra (Boston e San Antonio), o quelle che tanto di gioco di squadra non ne hanno, e vanno con le loro individualità (OKC e Miami).
E infine, si diceva che in una stagione ridotta sarebbero state avvantaggiate le squadre più giovani e atletiche, e infatti in finale ci vanno proprio Thunder e Heat, questi ultimi eliminando i Celtics soprattutto perchè i biancoverdi avevano palesemente finito la benzina.
Insomma, il lockout ha chiaramente influito (e in peggio, almeno per noi che l’NBA la guardiamo) sul risultato finale di questa stagione, quindi speriamo che non capiti più. Agli Heat comunque l’innegabile merito di essersi saputi adattare meglio di altri a questo contesto così inusuale e “estremo”.
[b]No more LeChoke James?[/b]
E’ l’argomento principe dell’NBA da almeno 3 anni, si è detto di tutto, principalmente contro James, e oggi si dice di tutto, principalmente pro James. Mi permetto di inserirmi nella querelle per dire anche la mia.
Partiamo dicendo che il fatto che Lebron sia un giocatore eccezionale non è mai stato in discussione. E che sia uno dei più grandi di sempre è quasi universalmente riconosciuto. Il problema è che quando cominciano a infilarti in quel numero (dei più forti di sempre) arriva puntuale come la morte il paragone con Jordan, e in seconda battuta con Kobe, Wade, Bird, Magic, Thomas, etc…
Qualche giorno fa, pensando a questa cosa ho avuto una specie di illuminazione: il paragone con Jordan non ha senso, non solo perchè Jordan è e probabilmente resterà inarrivabile, ma perchè James è proprio un altro tipo di giocatore. Se ci pensate bene, James è esattamente Shaquille O’Neal, nella versione ala piccola.
Ovvero parliamo di un giocatore con innegabile talento e tecnica, ma quello che lo rende completamente diverso da tutti gli altri, e assolutamente irraggiungibile è il fisico. La combinazione di altezza, peso e rapidità/atletismo è unica e non matchabile. Un giocatore di pari altezza e stazza verrà battuto in velocità, uno altrettanto veloce verrà spostato di peso o gli si tirerà in testa. Vale per Shaq e vale, con le debite proporzioni per il diverso ruolo, per Lebron. Qui però sorge il problema, che fa sì che entrambi i giocatori siano stati assolutamente dominanti, ma comunque sotto le aspettative, sotto il potenziale (si pensi a Russel, 11 titoli e dominio oggettivo, pur con doti fisiche decisamente inferiori).
Jordan era un atleta di primo livello (tra l’altro soprattutto nei primi anni, quando non vinceva), ma di certo non il miglior atleta della storia del gioco in quel ruolo. Se pensiamo a JR Smith, Gerald Wallace, perfino Gerald Green sono tutti atleti comparabili a Jordan. Per poter emergere quindi MJ (così come Kobe, Wade, …) ha dovuto fare un ulteriore step (anche 3 o 4) a livello di durezza mentale, di volontà.
Passando invece a Shaq e Lebron, con quel corpo non hanno mai dovuto faticare o fare quel passo in più per essere in grado di dominare. Come ama dire Buffa quando parla di Stoudamire, pensa cosa dev’essere vivere in quel corpo: perchè dovrebbe sforzarsi di imparare a fare un tagliafuori, quando può zompare come una pantera e prenderti il rimbalzo sulla testa?
E lo stesso vale per i nostri due: il talento scorre copioso in loro, e hanno un incredibile capacità di imparare fondamentali tecnici. Eppure Shaq ti tira i liberi col 50%, e Lebron non fa un movimento di post che sia uno. Perchè sono pigri. Perchè hanno sempre potuto dominare senza essere costretti a dare il 100%.
Oggi tutti parlano di come James sia finalmente diventato un clutch player. Se però andate a vedere i tiri con cui ha fatto vincere i suoi nei primi turni dello scorso anno, erano i soliti tiri da 3 da fermo senza nessun senso. Quest’anno ha suggellato il successo di gara 2 e gara 4 delle finals con tiri da 3 senza ritmo (in gara 2 addirittura da oltre 8 metri e con l’uomo addosso). Semplicemente questi tiri sono entrati. Ma restano tiri pigri, non aggressivi. Se sei Lebron sono certo che tu sia genuinamente convinto di poter metter quel tiro (e la prova è il fatto che nei casi citati effettivamente li ha segnati), ma questo non lo fa automaticamente diventare il miglior tiro che puoi prendere. E non perchè siano tiri da 3. Quando Indiana o Boston muovono la palla per costruire un ultimo tiro per Reggie Miller, o Allen, stanno mettendo la loro stella nella miglior condizione per segnare il suo miglior tiro. Per James quello non è certo il miglior tiro, è quello che gli suggeriscono un misto di supponenza, pigrizia e superficialità. Nella mia visione quindi Lebron non era e non è nemmeno adesso un game winner, uno che non ti lasci l’impressione di non essersi impegnato fino in fondo. Ribadisco, non è solo un problema di segnare o no un certo tiro: i numeri ci dicono che uno dei giocatori con la più alta percentuale nel segnare gli ultimi tiri sia Melo Anthony; uno dei peggiori Allen Iverson. Ma secondo me Iverson è infinitamente più vincente, perchè sei certo quando il cronometro va a zero che lui ha fatto tutto quello che umanamente poteva per vincere, indipendentemente dal risultato. Di Melo non hai proprio sempre questa sensazione…
In definitiva quindi non penso che Lebron sia diventato un clutch player, e probabilmente non lo sarà mai. Bisogna però dargli atto che, all’interno di quelle che sono le sue possibilità caratteriali, quest’anno ha fatto progressi enormi: niente più twitter, internet, borotalco, prese in giro. Tanto silenzio, sguardi concentrati e occhi sull’obiettivo finale.
Per questa volta è bastato, complici anche una serie di circostanze indipendenti da lui: basti pensare in gara 4, quando i Thunder stavano fuggendo nel secondo quarto, e Norris Cole (!) ha fatto una penetrazione e 2/2 da 3 (e non stiamo parlando necessariamente di Larry Bird) per 8 punti del tutto fuori spartito. Senza quelli, probabilmente staremmo parlando di una serie diversa.
Onore al merito per Lebron, che è indubbiamente maturato e ha raggiunto probabilmente il suo apice. Ma per gli anni a venire, o torna super Wade, o non credo parleremo di 2, 3, 4, 5 titoli agli Heat.
[b]Scott Brooks: come ti perdo una finale[/b]
Tra i più grandi collaboratori del James nel portare a casa l’agognato anello c’è indubbiamente il coach dei Thunder. Non si può dire che sia stato outcoached da Spoelstra, un po’ perchè nessuno merita un insulto così, un po’ perchè la già solitamente flebile mano del simpatico Erik non si è vista quasi mai. Nessuna fluidità offensiva, se non qualche sprazzo negli inizi di partita, nessuna rotazione da gestire (avendo attivi 5 uomini e mezzo, non ci voleva grande fantasia per decidere chi giocava), e la difesa ha concesso in media 98 punti a partita.
Per citare solo i 2 temi a mio parere più gravi:
[b]utilizzo dei 2 lunghi.[/b] Rivers è un grandissimo coach. Ha visto che gli Heat andavano sotto in altezza anche contro la nota squadra allenata da Biancaneve (5 starters e due riserve, Mammolo pivot titolare), e quindi ha impostato la strategia dei Celtics sul servire in post basso o a centro area Garnett.
Il prode Brooks, al cui cospetto il generale Patton è un principiante, si è trovato in analoga situazione, ma è andato un po’ peggio dal punto di vista tattico. Certo, Perkins non è Garnett, e Bosh era rientrato (inondando quindi di testosterone e violenza selvaggia l’area degli Heat), per cui era lecito aspettarsi qualcosa meno, ma c’è un limite a tutto.
Innanzitutto, sarebbe stato simpatico fare una scelta: non importa quale, purchè fosse una scelta. Invece il pilatesco Brooks ha giocato un po’ con i 2 lunghi e un po’ a 4 piccoli, dando a tutti i coinvolti pochi minuti (se no rischiavano di prendere confidenza con la situazione) e molto frazionati, ma in entrambe le situazioni senza mai cercare di trarre vantaggio dall’assetto in campo. Posso capire che Perkins in attacco non faccia le onde. Però a servirlo a un metro da canestro marcato dal nonno di Shane Battier, forse qualche punticino poteva farlo. E poi a rimbalzo: mi vuoi dire che in difesa non riesci a trarre vantaggio dall’avere i due lunghi perchè uno deve stare fuori area a marcare Battier: bene, però almeno in attacco, fai tirare da fuori Westbrook, Durant e Harden (non proprio i peggiori jumpshooters del pianeta) e vai a rimbalzo forte con Ibaka a Perk: dovresti prendere almeno il 70% dei rimbalzi disponibili. O no?
[b]Harden su Lebron.[/b] Solo una domanda: perchè? Harden è un ottimo difensore, e se vuoi fare una scelta tattica e sparigliare le carte mettendolo su Lebron gli ultimi 3 minuti della partita, può anche essere una buona idea. Ma stiamo sempre parlando di uno che gli deve 10 cm e almeno 15-20 kg: cosa potrà mai fare se lo deve marcare per 25 minuti a partita? Ed ecco l’imprevedibile (per Brooks) risposta: far prendere un sacco di tiri ad alta percentuale a James, fare un sacco di falli, essere costretto a uscire, non prendere mai ritmo, perdere di fiducia, essere meno incisivo anche in attacco.
Risultato: Lebron MVP e Harden scemo del villaggio, con le peggiori 5 partite di post season della carriera. Piuttosto gioca con 4 piccoli (e torniamo al punto precedente), con Sefolosha inutile paracarro in attacco, ma almeno presentabile in difesa su Lebron, e Harden a curare un più trattabile Wade.
Ma del resto il povero Brooks non è un veggente. Anche perchè altrimenti quell’estensione con i Thunder l’avrebbe firmata…
E anche per oggi ne abbiamo dette abbastanza. Prima di salutare definitivamente la stagione 2012 ci risentiamo per un doveroso saluto all’era Boston/big three appena conclusasi (sigh!).
Ma di questo parleremo la prossima volta.
Vae Victis
Carlo Torriani