Svegliarsi sudati, dopo i sogni allevati da chi, anche molto in alto nelle gerarchie sportive, ha individuato la finale come obbiettivo primario.
La strada assume invece già pendenze da Gavia-Mortirolo, con gli strappi dei serbi che fiaccano gambe e morale, in vista delle montagne tedesche (vista la stazza dei lunghi, la metafora non è poi così fantasiosa) e francesi; sapendo, poi, che con teutonici e galli servirebbero due vittorie, perché passare il turno senza “vittorie utili” nella classifica del secondo girone significa imporre nuove imprese per l’ammissione ai quarti.
In questa luce, il bicchiere si mostra preoccupantemente mezzo vuoto.
Soprattutto, la Serbia ha dimostrato – non che ne avessimo bisogno, per carità… – la differenza tra avere e non avere un signor play in squadra: nel primo tempo, dal momento di massima difficoltà serba, Macvan (bravo, sì, ma pur sempre un giovane che passa più tempo sulla panca del Maccabi che sul campo, riscaldamento compreso) ne ha messi 10, mentre Bargnani, oltre 21 di media nell’NBA, non vedeva palla. Per tacere dello show che Teodosic ha imbastito nel secondo e decisivo break…
Certo, Hackett se l’è più che cavata, mettendo fisico ed aggressività a supplire le carenze nella visione del gioco e nel passaggio, ma per sfruttare appieno il talento delle nostre punte ci vorrebbe qualcosa d’altro. La soluzione potrebbe essere Maestranzi, ieri affogato nella frustrazione difensiva, tanto da perdere fiducia ed intraprendenza anche nella metà campo avversaria; la speranza è che riesca a resettarsi per stasera, fermo restando che contro Tony Parker ci vorranno di sicuro i garretti di Hackett.
Senza un play che controlli il ritmo si pagano anche molto più salati i black-out, tanto da passare, tra secondo e terzo periodo, da un euforico 22-14 ad un tombale 34-52: già, la matematica dice 12-38 (!), lo sport spiega che se anche rientri, e noi siamo anche stati capaci di farlo, poi inevitabilmente sconti la fatica.
Altra brutta conferma “strutturale” è l’incapacità, già ampiamente palesata in preparazione, di cogliere i momenti decisivi, o almeno di non lasciarli agli avversari. Sul -4 (53-57) e Serbia in panico contro la nostra 3-2, Mancinelli riceve in post basso, aggira il marcatore con il suo magistrale piede perno, appoggia in sottomano di destro (ah, la mano debole!) e…non arriva al ferro; segue recupero dei bianchi e lancio in contropiede, Maestranzi non ha la prontezza di spendere un falletto a metà campo (non si era in bonus, e non era l’ultimo prima del canestro) e Gallo si vede costretto a calare la mannaia sul terzo tempo di Keselj: antisportivo che apre un 9-0 serbo in un amen, e partita chiusa.
Ma se il bicchiere è mezzo vuoto, l’ottimismo impone anche di vederne la metà ancora piena, e non solo perché siamo alla prima uscita e la Serbia pare la più seria contendente della Spagna.
Se manca regia in campo, ne abbiamo da vendita stock in panca: Pianigiani ha brillato per reattività e ricerca di soluzioni, e non è certo un caso che, costretti a due time-out in due minuti, siamo usciti dal secondo con un 17-3 che ci ha rimesso in partita, fino allo 0-9 di cui sopra. La mossa Cusin in quintetto ed il Mago in panca, già sperimentata in preparazione, ha pagato i suoi dividendi, fortificando la difesa contro la prima ondata e garantendo continuità qualitativa più avanti. Ancora, la 3-2 ha obnubilato i serbi, nonostante una certa lentezza di Bargnani (molto meglio Mancio e Gallo) a coprire l’angolo di competenza: se siamo stati graziati da qualche tiro aperto sbagliato e da una penetrazione maldestra, non possiamo contarci sempre.
Altro elemento positivo, la corrispondenza tra aggressività e risultati. Nella depressione del secondo periodo abbiamo lasciato 11 tiri liberi (ed 11 punti…) agli avversari, contro un bel cerchio nella nostra casella; nella seconda metà del terzo quarto, con Hackett e Beli finalmente ad attaccare il ferro, abbiamo cavato 9 tiri liberi (ed 8 punti) noi, mentre lo zero stavolta toccava a loro.
Nella colonna dei “più” c’è anche l’abbinata Gallo-Mago, il primo finché si è girato la caviglia (ceri accesi perché stasera sia al meglio…), il secondo quando ha cominciato a vedere l’arancia: 20 punti in metà partita sono roba da MVP del torneo, se premiati da vittorie e prosecuzione del viaggio lituano, ed il 9 a rimbalzo è rassicurante, almeno quanto aver contenuto a solo -5 il divario a rimbalzo di squadra.
Poi, Beli non può che migliorare, non solo e non tanto in attacco (magari entrasse più costantemente in penetrazione…!), quanto dietro, dove troppo spesso ha preso solo il numero di maglia dell’avversario diretto.
Infine, una squadra che, comunque, c’è: non solo Mancio, ma – come detto – Hackett e Cusin, e poi Carraretto e Mordente, tanto da piazzare anche noi due sberloni alla Serbia, in apertura e nel terzo periodo. Se si aggiungono Maestranzi e Datome siamo a cavallo, altrimenti…speriamo che almeno stasera basti!
Maurizio Zoppolato