L’intensità con la quale i Boston Celtics hanno affrontato gara 4 ha fatto la differenza, portando al passaggio del turno i biancoverdi e all’eliminazione dei Knicks. Eppure nell’ultima gara tra le mura amiche del Madison Square Garden tutti si aspettavano una reazione, almeno per forzare la serie a gara 5 e tornare a Boston tenendo vive le poche speranze di rimonta.
Wow, Big Baby – Glen Davis domina il secondo, decisivo quarto. 6-8 dal campo per 14 punti totali, col suo jump-shot dai 4/5 metri praticamente infallibile. Big Baby stende New York e se alla sua prestazione sommiamo l’inizio di terzo periodo che vede Boston allungare ben oltre i 20 punti di differenza, capiamo dove i Celtics hanno vinto la partita. In realtà, come detto in apertura, non solo le facce di Boston lasciavano trasparire fin dalla palla a due, la voglia di chiudere stanotte il discorso, ma cozzavano incredibilmente con la non reattività dei Knicks, sempre ultimi sulle palle vaganti, non determinati a rimbalzo, nonostante una buona prova nel fondamentale di Stoudemire, parzialmente guarito dai problemi alla schiena e comunque in grado di disputare una gara che richiedeva intensità e fisicità.
Melo is not enough – Ci voleva una grande pretazione balistica di Anthony, dopo la deludente gara 3. E questa c’è stata, almeno in termini di punti totali (32 con 10-24 dal campo) ai quali Carmelo ha aggiunto 9 rimbalzi. Ma come ben sappiamo – ultimo caso quello delle annate di James a Cleveland – con un solo grande giocatore non si vince, nei playoffs. Se questo poi aiuta con il suo stile di gioco l’esclusione dei compagni, non coinvolgendoli bensì rendendoli spettatori del proprio spettacolo personale, allora arrivano i guai. Le rotazioni di D’Antoni sono ridotte all’osso dopo la trade di Febbraio, se non dal punto di vista del numero di giocatori a disposizione, di certo per quel che riguarda la loro qualità e capacità di portare alla propria squadra qualsiasi tipo di benefit una volta alzatisi dalla panchina. Il 30 Aprile scade il termine per il rinnovo dell’incarico di Donnie Walsh, e a questa scelta della proprietà è di certo legato l’ultimo lumicino di speranze di rivedere l’Arsenio Lupin di milanese memoria sul pino dei Knicks il prossimo anno.
Asse portante – Le percentuali al tiro per i Celtics vanno e vengono e nè Pierce nè Allen hanno saputo ripetere le prestazioni di gara 3, chiudendo rispettivamente con 13 e 14 punti e un complessivo 30% da tre punti. Questo ha solamente rischiato di allontanare la vittoria dalle mani dei Celtics quando nell’ultimo periodo i Knicks si sono pericolosamente riavvicinati, ma non ha mai messo in discussione una gara che poteva ritenersi conclusa ben prima del 48° minuto. Ci hanno pensato Rondo e Garnett, solidi in difesa come nelle conclusioni offensive, e in grado di reggere sulle proprie spalle le sorti di Boston. Rajon pecca solo dalla lunetta dove manca di precisione, ma chiude alla sirena con 21 punti e 14 assist. KG va in doppia-doppia con i “soliti” 10 rimbalzi e 26 punti, facendo capire per l’ennesima volta che quando c’è bisogno lui c’è, anche per fare canestro!
Waiting for… – I Miami Heat appena prima dell’inizio della gara tra New York e Boston, mancano lo sweep ai danni di Philadelphia che con un grandissimo finale (e mostrando un orgoglio smisurato, loro sì) strappano una W a James&C. La serie torna quindi a Miami dove presumibilmente finirà con il punto del 4-1 per gli uomini di coach Spoelstra, ma garantendo in questo modo qualche giorno di riposo supplementare a Boston, che negli ultimi anni ha sempre dovuto affrontare serie di playoffs lunghe, se non lunghissime, spesso chiuse a gara 7 e quindi trovandosi a parti invertite rispetto ai prossimi avversari: loro davanti alla tv e i Celtics in campo. Chissà che queste preziosissime ore di tranquillità e allenamento in palestra, preparando la prossima serie di semi-finale di conference che si preannuncia come esaltante e difficilissima, non permetta a Doc Rivers di recuperare anche Shaquille O’Neal, atteso dall’ennesima sfida della sua carriera. Boston gli chiede minuti di qualità, non molti (15-18 sarebbero già un sogno) ma preziosi come l’aria nelle rotazioni dei lunghi bianco-verdi.
Andrea Pontremoli