Secondo Carmelo Anthony i Boston Celtics hanno semplicemente fatto il loro dovere, cioè vincere le due gare iniziali della serie sul proprio campo, proprio come proveranno a fare ora i Knicks in gara 3 e 4 al Madison Square Garden. Non è bastata infatti un’altra grande prova realizzativa di Anthony (42 punti e 17 rimbalzi) per guidare i suoi ad una vittoria esterna che avrebbe cambiato le sorti della serie. Boston con difesa e pazienza in attacco (e un po’ di fortuna, come ammette Doc Rivers alla fine dell’incontro) strappa il 2-0 grazie al 96-93 di questa notte.
Rondo time – Il primo quarto è monotematico. Ci si aspetta dei Knicks molto più aggressivi e concreti in attacco, capaci di trovare delle alternative valide alla stella Anthony, supersorvegliata dalla difesa biancoverde. Invece è la stessa difesa dei padroni di casa a intasare lato forte (come sempre) e area, aprendo il contropiede che viene chiuso da Rondo quasi sempre in solitario. Per Rajon 14 punti nei primi 12 minuti di gioco, alla fine saranno 30, validi per il proprio record personale nei playoffs. Pierce tira male e sbaglia le prime 5 conclusioni, ma saprà rifarsi, come spesso gli accade, nei momenti decisivi, e alla fine i suoi 20 punti concorreranno al 2-0 Celtics nella serie. New York continua a non avere un antidoto contro la point-guard da Kentucky, nemmeno opponendogli Tony Douglas, guardia sicuramente più dinamica rispetto all’infortunato Chaunsey Billups, che guarda i suoi dalla panchina a causa dell’infortunio alla caviglia: probabile sia assente anche in gara 3.
Melo…e poi? – L’attacco dei Knicks dicevo si appoggia totalmente su Anthony, visto tra l’altro che Amar’e Stoudemire gioca solo 17 minuti per un infortunio alla schiena, che non dovrebbe impedirgli comunque di essere al proprio posto nel prossimo incontro al MSG. A Melo non sembra vero: tira tutto ciò che gli capita tra le mani, tranne forse l’unico pallone che avrebbe dovuto tenere per se. Con i Celtics avanti di un punto sembra di rivivere il finale di gara 1, quando la stella da Syracuse sbagliò il decisivo tiro da tre punti (grazie anche all’ottima difesa di Pierce, cosa sottolineata ben poco su stampa e internet). Invece questa volta Anthony raddoppiato dallo stesso Pierce e da Big Baby, opta per un passaggio sotto a Jared Jeffries che invece di attaccare il canestro per il tiro, cerca un passaggio in area, intercettato da Garnett. D’Antoni dichiarerà a fine incontro che la sua stella ha fatto la cosa giusta (ovvio) ma io non ne sono convintissimo, anzi…
L’ex-perdente – Per anni Kevin Garnett, uno dei più ammorbanti giocatori, agonisti ed atleti mai apparsi su un parquet, è stato etichettato come un perdente: ovvio non aveva ancora vinto l’anello con i Celtics nel 2008. In particolare nelle sue stagioni a Minnesota fu spesso accusato, magari anche a ragione, di rifiutare l’ultimo tiro. I suoi sostenitori l’hanno sempre difeso etichettandolo come un giocatore di squadra e quindi non egoista: se vedeva un compagno posizionato meglio (e con lui spesso e volentieri raddoppiato in post-basso) gli passava la palla, tutto qui. Torniamo a questa notte. Palla a lui con New York avanti di 1. Post-basso sinistro, niente raddoppio, palleggio di potenza verso il centro area e semigancio che conosce solo il fondo della retina, niente altro. 14 secondi dalla fine e +1 Celtics, questa volta. Poi la magata in difesa: palla recuperata sul passaggio molle di Jeffries e tuffo sulla palla, senza uscire dal campo, per chiamare time-out. Verrà poi speso un fallo da NY per fermare subito il cronometro ed un freddissimo Delonte West metterà i liberi della vittoria.
Squadra vs Singoli – Un tema ricorrente in questi playoffs (vedi ad esempio la serie tra Miami e Philadelphia), valido anche per la sfida tra Boston e New York. I singoli dei Knicks, però, sono a pezzi, dando una valida giustificazione soprattutto alla seconda sconfitta consecutiva nella serie da parte della truppa di coach D’Antoni. Contro questi Celtics, non ancora al 100% soprattutto nel reparto lunghi, ma esperti e ancora affamati, non puoi concedere tutto questo. Carmelo Anthony è fantastico: segna in ogni modo, da ogni posizione, spesso subendo fallo e confezionando giochi da tre punti, sbagliando e prendendo il proprio rimbalzo. Usa il tabellone dai lati, gioca fronte e spalle a canestro. Un attaccante eccezionale e completo. Ma i Knicks perdono. Le due cose sono collegate? Di certo allo staff dei Celtics va più che bene che un unico giocatore fermi così tanto la palla e confezioni pure prestazioni da 40, anche 50 punti se possibile, ma in un certo senso permettendo alla difesa avversaria di riposarsi. Non un ribaltamento, non un penetra-e-scarica che crei opportunità, vantaggio per l’attacco costringendo la difesa a disperati recuperi (e contro quella dei Celtics che riempie così tanto il lato forte, cercare di muoverla…muovendo la palla diventa fondamentale). Questi però sono i Knicks del nuovo corso, probabilmente l’ultimo di D’Antoni sulla panca della Grande Mela, dove acquisti voluti o meno del “mercato invernale” hanno destabilizzato una squadra che cominciava ad avere un suo perchè ed una ragione di esistere, anche per i detrattori del “sistema d’antoniano” (ma quale?) come il sottoscritto.
Andrea Pontremoli