La cronaca – I Boston Celtics pensano di potersi gestire in questo periodo che guiderà loro e l’intera Lega verso la post-season. Al momento hanno ragione loro. Dopo un pessimo primo tempo, con i Knicks avanti di 14 all’intervallo, si rivedono i veri Celtics, quelli che difendono come nessuno nella NBA e pur con le carenze sotto canestro dettate dalle assenze dei due O’Neal e dalla partenza di Perkins, piazzano un break decisivo (23-4) per battere New York e portare a casa la parte buona del referto.
Caro Danny – Questo potrebbe essere l’inizio canonico di una breve lettera aperta a Ainge, perchè dal profondo del cuore mi sento di dover chiedere: perchè? Perchè hai spedito Perkins a Oklahoma City, dopo averlo aspettato per metà stagione, dopo che palesemente è stato riconosciuto come la sua assenza abbia gravato in modo decisivo sulle sorti delle ultime finals perse in gara 7 con gli eterni rivali gialloviola? Di conseguenza: un O’Neal scomparso dal radar, un altro che appare dal tunnel degli spogliatoi con improbabile cravatta rosa (e quindi avete capito chi è dei due…), entrambi lontani dal rimettere il piede sul parquet in abiti da gioco. Un Krstic da 4 rimbalzi (sigh…) in 25 minuti e il posto in quintetto che non gli garantisce la permanenza in campo nei momenti in cui la gara si decide. Big Baby spettacolare come sempre, per cuore e mani, ma con lui dentro al fianco di Garnett il quintetto è piccolissimo e potrà reggere solo contro alcune squadre, con assetti particolari, diciamo non contro i Lakers, per fare un nome per niente casuale.
Cuore di capitano – Quante volte avremo parlato di Paul Pierce in questi termini? Troppe per ricordarsene. Il #34 biancoverde decide la gara con 7 punti consecutivi nell’ultimo quarto, con la difesa su Anthony e l’aiuto che sa sempre dare alla circolazione di palla. Una star mai egoista e non ditemi che non suona tanto come una…ehm…stupidata il paragone tra l’attuale Carmelo e il Pierce pre-Big Three. Non scherziamo!
I want to be a part of it – Così recita il famosissimo refrain, seguito dall’ode all’ombelico del mondo: New York, New York! Parafrasando il testo della celeberrima canzone, Carmelo Anthony ha voluto con tutte le sue forze, essere parte dei Knicks. Bene, ci mancherebbe. Poi sono seguiti i fatti: come spiegato in tutte le salse, anche su queste pagine, nella Grande Mela…’Melo c’è arrivato davvero, e il tabellino da quel momento recita 7-9, ovvero il record dei Knicks post-trade. Ben altra la situazione in casa Nuggets dopo lo scambio, ma ne parleremo alla prima occasione utile. Certo bisogna vedere chi sono gli avversari incontrati, bla bla bla. Questo non toglie che il gioco di D’Antoni – che per inciso ha perso da solo, con una gestione delle rotazioni criminale nell’ultimo quarto, la sfida domenicale con i Bucks – risenta pesantemente della presenza di un accentratore come Anthony, che in campo ferma troppo la palla, che toglie tiri a Stoudemire, e che fuori dal MSG fa andare la lingua più veloce di quanto passi (mal volentieri) la palla in campo. Si è già lamentato di tutto, il buon Carmelo. Solo che se lo facevi a Denver se ne accorgevano in pochi, o sicuramente in numero nettamente inferiore rispetto ai sempre “attenti” tifosi, media & Co. che seguono i Knicks. “And find I’m king of the hill, top of the heap…”
Demolition derby – Una volta al Garden si svolgevano incontri di boxe poi rimasti nella storia. Lo scontro – nel vero senso della parola – tra Knicks e Celtics produce un referto di gioco e anche uno medico. Prima Allen colpito dal gomito di Turiaf giace a lungo a terra sanguinante, sotto lo sguardo preoccupato della mamma, “ospitata” niente meno che da Spike Lee al quale fa compagnia, gomito a gomito, per tutta la partita, in prima fila. Chiuderà consolando il regista di “He got game”, con tanto di colbacco in testa, e crediamo vicino alla rassegnazione alla quale la sua squadra del cuore lo sta portando dopo anni di insuccessi (rimane del 1973 il secondo e fin qui ultimo anello di quelli dell’ombelico del mondo). Nel finale c’è tempo per un altro knock-out, sempre di gomito trattasi, stavolta quello scheletrico e per questo appuntito di Rondo, che involontariamente fa la conoscenza con il viso di Carmelo Anthony (poi anche…calpestato dallo stesso Rondo rientrante in difesa), mettendolo praticamente fuori uso per gli ultimi 2 minuti del match. Non che questo abbia in qualche modo indebolito in maniera evidente New York, che il vero possibile risolutore dei finali punto a punto l’aveva pur sempre in campo. Parlo chiaramente di Chauncey Billups: Mr. Big Shot sembra il vero acquisto della campagna di rafforzamento promossa dai Knicks, accoppiabile di certo sia con Melo che con Amar’e, ma non con entrambi che continuano a pestarsi i piedi in campo, amando sostare al gomito e giocare più fronte che spalle a canestro. Sembra che in pochi si stiano preoccupando del presente dei blu-arancio, mentre le voci di future trades estive, potenziali arrivi dal mercato dei free-agents, mancato rinnovo di D’Antoni, attualmente al 3° anno di un quadriennale, si rincorrono su giornali e tv. Eppure ci sarebbero, anzi ci saranno, tra pochi giorni dei playoffs da giocare e onorare.
Andrea Pontremoli