Dopo la pausa per l’All Star Game e il ritorno tranquillo alla realtà della stagione regolare, per i Miami Heat è scattata l’ “operazione credibilità”. Solitamente si dice che dopo l’ASG i team “veri”, quelli con ambizioni di alto livello, girano un paio di viti e salgono di livello. Miami è chiamata così a dimostrare, lungo una striscia di incontri impegnativi, le proprie ambizioni. L’inizio non è stato certo incoraggiante: gli Heat nelle gare contro Bulls (a Chicago), Wizards, Knicks e Magic (casalinghe) hanno collezionato 3 sconfitte ed una vittoria (contro la squadra della capitale). Particolarmente cocente è quella contro i Magic, la sera precedente alla trasferta di San Antonio, distrutti nel primo tempo e capaci di rientrare da un disavanzo di 24 punti e di vincere a domicilio una partita che sembrava ormai andata. Gli Heat si presentano con questi granelli di sabbia negli ingranaggi, in Texas al cospetto dei San Antonio Spurs, la squadra con il miglior record della lega. All’AT&T Center, la prima sorpresa è neroargento: Tony Parker sarà della partita, quando fino al giorno prima sembrava out a causa di un problema al polpaccio destro. I quintetti sono quelli classici, con i padroni di casa che vanno con Parker, Ginobili, Jefferson, Blair e Duncan e gli ospiti che presentano Chalmers, Wade, James, Bosh e Dampier.
La partenza è di quelle che non ti aspetti: gli Spurs del primo quarto sembrano quelli di qualche anno fa, durissimi in difesa, con il piano partita di negare il contropiede e l’area colorata alle incursioni di James e Wade, eseguito alla perfezione, e chirurgici davanti, dove con una circolazione di palla di altissimo livello riescono a creare quasi sempre un tiro pulito. Di contro gli Heat sbattono, letteralmente, contro la difesa neroargento, incaponendosi in soluzioni uno contro cinque e non trovando il jumper dalla medio/lunga che gli permetterebbe di aprire la scatola. In più in difesa le rotazioni saltano con puntualità disarmante, con i 5 in canotta nera a schiacciarsi sotto canestro ed a lasciare praterie ai tiratori Spurs. Il risultato è un parziale di avvio di 17-8 griffato Manu Ginobili, autore di 8 punti in poco più di 3 minuti (saranno 11 alla fine del primo quarto e 20 a fine gara). Che il piano partita, difensivamente, sia eseguito alla perfezione lo confermano i due falli offensivi di LeBron James, che passerà tutto il primo quarto a discutere con gli arbitri più che a giocare a pallacanestro, e di Dwyane Wade. L’approccio è talmente deleterio che le telecamere colgono Tim Duncan, non esattamente uno incline al cazzeggio, scherzare in panchina a fine primo quarto, dopo il secondo fallo offensivo di James dicendo tre volte di fila a Richard Jefferson “Game over”.
Davanti poi gli Spurs giocano un basket celestiale: pick and roll, ribaltamenti, scarichi, extra pass, rotazioni perfette creano una pioggia di tiri puliti. Certo ci vuole anche buona mira, ma quando Matt Bonner entra a 5 minuti dalla fine e crivella la retina con 4 triple in 4 minuti c’è poco da fare. Esemplificativa di quanto detto è proprio la prima della serie: pick and roll tra Jefferson e Duncan all’altezza della lunetta, ribaltamento per Hill, su cui ruota Bosh, passaggio al volo per Bonner in angolo su cui Dampier non esce in anticipo per pigrizia e tripla di Red Rock. L’ingresso di Bonner che rispetto a Blair dà meno consistenza in area ed in difesa ma apre il campo e punisce le rotazioni dei lunghi pesanti, da il là ad un parziale che assomiglia ad una slavina: in un amen si passa dal 17-11 al 36-12 di fine quarto con gli Spurs letteralmente indemoniati davanti (si iscrive alla festa anche Gary Neal, in tema di ex-italiani) e gli Heat incapaci di trovare una qualsiasi soluzione.
Nel secondo quarto Spoelstra prova la carta del quintetto piccolo, con Bibby in regia, Miller ed House sul perimetro e James e Bosh a formare la coppia di lunghi, e riesce a riaprire, parzialmente, la contesa. Gli Heat ricuciono, sempre in affanno ma senza mai mollare, poco alla volta, grazie ad un Bosh molto positivo davanti. Interessanti le soluzioni proposte dal pick and roll con l’ex Kings Bibby, ed in generale le possibilità che apre giocando da centro con il jumper dalla media, lasciando libera l’area, e alle triple di Mike Miller. Segnali di vita anche da James che, giocando da numero 4, è un rebus insolubile per la difesa Spurs, che spesso si trova accoppiata con Blair o Bonner, troppo pesanti e poco atletici per fronteggiare l’ex Cavs e che quando manda sulle sue piste Jefferson o Ginobili patisce la differenza di peso e potenza nel piutturato.
15 punti nel secondo quarto per LeBron, che trascina gli Heat a -12 in chiusura di secondo parziale, facendo anche spettacolo: in contropiede, a poco meno di 3′ dalla fine, abbracciato letteralmente da Bonner, tira dando le spalle al canestro, 2+1 e pubblico che non riesce a trattenere l’ “ohhhh” di ammirazione.
Il terzo parziale si apre con gli Heat che mandano in campo Bibby per Chalmers, Miller con Wade sul perimetro, e Bosh e James sotto canestro. Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare gli Heat stentano, il jumper dalla lunga continua a non entrare (chiuderanno con 7/20 e nessuna bomba per James e Bibby) mentre gli Spurs, che rispetto al primo quarto hanno qualche passaggio a vuoto difensivo in più, in attacco continuano a macinare gioco guidati da Parker e Ginobili. Nel secondo tempo il tema tattico dell’attacco Spurs cambia: gli Heat adeguano il quintetto allargandosi sul campo ed i neroargento picchiano la palla in area ad ogni occasione, sfruttando il pick and roll ed i tagli a palla lontana come a 5:22 dalla fine del terzo periodo: pick and roll laterale tra Parker e Duncan, con il caraibico che rolla verso il canestro e prende posizione in post basso, l’ex marito della Longoria ribalta su Bonner, piazzato in angolo a completare una sorta di triangolo, che finta il tiro mette palla per terra ed attacca l’area, arriva la chiusura degli Heat con Bosh, che era flottato su Duncan e si trova sbilanciato a metà strada tra il suo uomo e l’aiuto, e Dampier il marcatore di Duncan, l’ex messinese pesca però Jefferson che taglia dal lato debole alle spalle di James e trova due punti facili facili. Sta di fatto che così gli Heat soccombono poco alla volta, perdendo anche la testa come nel caso del flagrant-2 (fallo, tecnico ed espulsione) fischiato a Dampier, che spintona via Parker (indiavolato nel terzo periodo, chiuso ad 11 punti) che andava ad appoggiare indisturbato dopo l’ennesimo pick and roll su cui l’ex Mavs era in ritardo. Miami scivola via così fino al -22 inchiodato dalla tripla di George Hill in chiusura di quarto.
Il quarto periodo è un pro forma (si vedono in campo Splitter, Othyus Jeffers e Steve Novak negli Spurs) che serve solo a Bonner per completare la sua notte magica: 18 punti con 6/7 dalla lunga distanza ed agli Spurs per mandare un messaggio chiaro a tutta la lega: al momento ci sono anche loro.
Si chiude così la trasferta (che sarebbe più appropriato definire incubo) degli Heat in terra texana, che non scioglie i dubbi su Wade, James e soci. Miami è 14 vinte e 16 perse contro i team con una percentuale di vittorie superiore al 50%, è 29 vinte e 2 perse contro i team con percentuali inferiori ma soprattutto è 1 vinta (il Christmas game contro i Lakers) e 7 perse contro i top team NBA (Spurs, Celtics, Mavericks, Bulls ed appunto Lakers). Nel dopopartita c’è stato un incontro non proprio amichevole tra Pat Riley e coach Erik Spoelstra per capire come, ogni volta che si tratti di eseguire e non di correre, gli Heat si sciolgano come neve al sole. Al momento pare che il sodalizio tenga, ma il futuro non è chiaro, ed avere il fiato sul collo di uno dei migliori coach della storia del gioco di certo non aiuta in quanto a serenità, e domenica arrivano a Miami i lanciatissimi Bulls.
Gli Spurs dal canto loro vincono la loro ventiduesima gara casalinga di fila (l’ultima sconfitta risale al Texas-derby di Novembre contro i Mavs), record di franchigia ancora in divenire, rimarcando che al momento hanno sia il miglior record casalingo (29-2) che complessivo (51-11) e che, ad eccezione dei Celtics, gli Spurs hanno battuto almeno una volta tutte le squadre della lega. Inoltre le 17 triple messe a segno dai neroargento sono record di franchigia, così come le 8 bombe messe a bersaglio nel solo primo quarto. La lezione impartita agli Heat in nottata, con 8 giocatori in doppia cifra ed una costante sensazione di dominio, non fa che far aumentare la salivazione per il big game di domenica notte contro i Lakers.
Enrico Amabile