Rieccoci dopo brevissima pausa tecnica.
La dirigenza dei Knicks, assolutamente non richiesta, ci ha tenuto a precisare per iscritto che la decisione di effettuare lo scambio nasceva esclusivamente da loro, nel pieno possesso delle loro facoltà e dei loro poteri, e che in alcun modo erano stati influenzati, chessò, da Isiah Thomas (un nome di fantasia, il primo che mi è venuto in mente, del resto chi potrebbe, se sano di mente, accettare consigli dal PEGGIOR GM nella storia dello sport professionistico americano?). Che voglia dire qualcosa? Ma bando alle ciance, siamo qui per parlare di …
[b]Come ti (s)cambio l’NBA[/b]
Il weekend dell’ASG è stato l’apice di un chiacchiericcio che prosegue da ormai diversi mesi circa l’abbandono di Anthony delle Montagne Rocciose. Ieri il tutto è arrivato al non proprio insospettabile epilogo. In breve:
[b]Lato Denver:[/b] bene. Al di là di ogni discorso tecnico (con Anthony si può o meno vincere un titolo, i comprimari che ha attorno sono quelli giusti o no, etc), i Nuggets si sono trovati a dover fronteggiare il dato di fatto che da giugno Melo non avrebbe più vestito la loro maglia azzurra, quindi il problema era darlo via entro la dead line per avere almeno qualcosa in cambio. Non solo, a questo si è aggiunto il fatto che Melo (che contrattualmente poteva porre il veto sul trasferimento) ha posto alcune condizioni sulla sua possibile destinazione: doveva essere una città dello stato di New York col nome che iniziava per N, la statua della libertà e il ponte di Brooklyn, e la squadra doveva avere i colori bluarancio. I Nets hanno provato a barare dipingendosi le maglie col pantone, ma il sagace Carmelo li ha beccati, e quindi ai poveri Nuggets non è rimasto che imbastire la trade con i Knicks. Data questa situazione di palese inferiorità (una data di scadenza obbligatoria, un unico possibile acquirente, che per altro poteva senza problemi concludere la trattativa a giugno, mentre loro no), direi che Denver ha fatto un ottimo lavoro: un play (Felton) non decisivo, ma senz’altro pronto all’uso e non troppo caro, per altro nel momento migliore della sua carriera, e due giovani già di ottimo livello, ma con amplissimi margini di miglioramento (Chandler e Gallinari). Più un po’ di altra roba …
Non è eretico pensare che i Nuggets possano comunque puntare ai PO in questa stagione (cosa che con Favors e Harris era tutt’altro che scontata), e in generale abbiano del buon materiale su cui lavorare. Chiaro che per diventare una contender ci vuole ben altro, ma vista la situazione mi sento di gridare al miracolo.
[b]Lato NY:[/b] mah! La squadra attuale (ormai precedente) non poteva vincere un titolo, né oggi né negli anni a venire, a meno che Gallinari non diventasse una super star (cosa possibile, ma tutt’altro che certa), e questo prima che Stoudemire inizi a calare fisicamente. Il dubbio quindi non è se dovessero fare qualcosa, ma se quello che hanno fatto migliori significativamente la loro condizione.
Melo può sicuramente giocare in un sistema D’antoniano di penetra e scarica in cui lui sta fuori dall’arco come finalizzatore. E’ più o meno quello che ha fatto con gran successo alle Olimpiadi. Può anche giocare da bloccante con ottimi risultati. Non sono convinto che sia il metodo migliore di usare il talento di un giocatore che ha bisogno di avere tanto la palla in mano, ma sicuramente può giocare bene.
Qualche dubbio in più su Billups che, pur essendo un giocatore di pick&roll sopraffino, dà il meglio se dopo il blocco può tirare, che non se deve costruire il gioco leggendo la difesa e trovando i compagni. Inoltre, per età e attitudine personale, non è certo giocatore da contropiede.
La dipartita di 3 starters richiede anche la promozione in quintetto di un panchinaro, nello specifico Douglas, giocatore che ha regalato qualche sprazzo, ma di certo non convince per un uso più esteso.
E questi erano gli aspetti “positivi”. Poi c’è la difesa. In una linea difensiva che comprenda Amar’e, Melo e Billups (magari sostituibile entro un anno con Chris Paul) io non mi sento di credere tanto. Se poi a disporla in campo è D’Antoni, non ci credo per niente. Abbiamo visto la fatica fatta dai 3 amigos di Miami a mettere insieme qualche concetto difensivo, e lì il materiale umano era più portato, più motivato (o comunque più “motivabile”, o allenabile, che dir si voglia) e l’allenatore (e il GM, se è per quello) mangiano pane e difesa. NY quest’anno farà divertire, farà parlare di sé, farà anche i playoffs. Onestamente però niente di più. E se anche fra un anno avessimo una riedizione dei Big Three (il passato però non ci dà indicazioni incoraggianti sui piani a lungo termine dei Knicks basati su acquisizione di Free Agents) con Paul, comunque sarebbero un’imitazione sbiadita del concetto vincente (ancora tutto da dimostrare) praticato a Miami.
[b]Follie di una notte di mezzo inverno[/b]
Non si poteva però finire qui. Nelle ultime ore (minuti!) prima della dead line molte altre squadre NBA hanno cercato di correre ai ripari, scambiando tutto ciò che aveva senso (e spesso molto oltre …)
Lo scambio più significativo è quello che porta Deron Williams da Utah allo splendido New Jersey, andando a completare un’opera non così meritoria della franchigia dei mormoni, che in 6 mesi si libera di: Williams, Boozer, Matthews (che a Portland non sta facendo proprio malissimo), Brewer, Korver, Minor, e per sovramercato anche di Sloan, l’allenatore delle ultime 23 stagioni che li ha portati pressochè sempre ai PO e a 2 finali. Sostanzialmente hanno dato via in blocco la squadra che era stata in finale di conference pochi anni fa, e che ancora oggi era almeno annoverabile come quasi-contender ad ovest. In cambio paccottiglia, scelte future, soldi, a volte addirittura niente, salvo la possibilità di risparmiare dei soldi. Le voci dicono che a far marcire tutto il secchio sia stata la mela bacata a nome Deron, che ha avvelenato il clima spingendo gli altri ad andarsene, prima di chiamarsi fuori lui stesso. Va ai Nets, dove sarà la stella della squadra (perché, a Salt Lake City?), trova una stellina (Lopez), e aspetta fiducioso che la dirigenza (nota nell’ambiente come molto capace nell’attrarre free agent o fare scambi vantaggiosi) gli porti un altro compagno di giochi, con cui farsi massacrare ai PO per i prossimi 5 anni da Miami, Chicago e NY (nell’immediato anche da Boston e Orlando).
All’insegna del Burlesque anche lo scambio che coinvolge Celtics e Thunder. I Celtics si privano di Crypto-Nate (e questo ci può stare, anche se ora sfugge chi farà rifiatare Rondo) e di Perkins. Siccome però si sentono tranquilli dalle prestazioni e dalla solidità fisica dei due O’Neal, si liberano anche di Erden, proprio per essere certi che qualora dovessero fronteggiare una squadra con un centro dominante (chessò, Orlando, LA?) non abbiano nemmeno qualcosa che ricordi un lungo da mettergli contro. Se ne va anche il Marchese, cronicamente infortunato, e viene sostituito dal neo ingresso Green (forse l’hanno preso per il nome?) swingman molto atletico e senza tiro dalla lunga, che balla (più in senso negativo che positivo) tra le posizioni di 3 e 4. Insomma, un giovane emergente a caccia di minuti messo nelle posizioni occupate da Pierce e Garnett, oltre che da un Davis che vuole (e MERITA) più minuti. Ah, arriva anche Krstich. Allora è fatta, Howard lo prende lui …
La follia prosegue. Phoenix e Houston si scambiano Brooks e Dragic. In pratica i Suns cedono quello che potrebbe essere il prossimo Nash (o comunque gestire decorosamente il post-canadese) per uno che oggi è più forte (ma oggi non gli serve, avendo ancora loro proprio Nash), ma che ha margini di miglioramento molto più modesti. Battier torna a Memphis (che Houston volesse risparmiare dei soldi? Voi che dite?), mentre anche Atlanta e Washington vogliono partecipare al gioco del momento “scambiamoci un playmaker senza un motivo”: i Wizards si portano in casa Bibby, sperando che faccia da chioccia al rookie prodigio John Wall (e di cose da insegnargli il vecchio Mike ne avrebbe anche), ma soprattutto si portano a casa un BOT nella fervente attesa che scada e loro possano passare all’incasso. Atlanta invece si procura un ottimo giocatore, duro, difensore, intelligente. Non un gran costruttore di gioco, ma in una squadra in cui la palla è spesso in mano a Johnson può anche fare bene. Si iscrivono alla tenzone anche Cavs e Clips, che si scambiano il Barone per Mo Williams, ovvero due giocatori simili (oggi, il passato ovviamente pendeva un po’ di più verso il sangue blu), svogliati e polemici, poco determinanti, che mal sopportano il contesto perdente da cui provengono (e quindi non sembrano destinati a tornare al sorriso a breve). Ma stare ognuno a casa sua no?
Fra gli scambi privi di senso una menzione d’onore merita quello fra Portland e i Bobcats. Questi ultimi, dopo aver regalato Mohamed (gli Spurs ci avevano vinto un titolo, con lui in mezzo, per dire …) ai Thunder, spediscono nell’Oregon anche il loro giocatore franchigia, Gerald Wallace. Il bilancio di scambi/free agency dell’ultimo anno di Charlotte si presenta così: andati Wallace, Felton, Okafor, Mohamed, Richardson, arrivati Stephen Jackson. Massima stima per il capitano, ma forse si poteva fare meglio. Vogliamo risparmiare, o il sempre sagace MJ si sta disfando di tutti i giocatori per poi annunciare:”beh, se proprio mi costringete torno giù io”? In fondo da qualche settimana si allena con la squadra, vorrebbe arrivare in doppia cifra di “come – backs”, e se tanto mi dà tanto, visto che a ogni ritorno aumenta in peso, perde in velocità e scala di una posizione, stavolta dovremmo vederlo come ala grande. Il suo sogno è fra 10 anni giocarsela in uno contro uno con Shaq.
Il commento complessivo a questo mare di scambi è che sembrano spesso dettati da motivazioni economiche, o dal voler far qualcosa tanto per farlo. I criteri tecnici legati alla pallacanestro non sembrano essere stati considerati.
Ovviamente con la sola eccezione dei Thunder. La costola degli Spurs come al solito non sbaglia una mossa, e dovendo giocare contro i Lakers di Bynum e Gasol si porta in casa Perkins e Mohamed per provare a contrastarli. L’unica perdita vera è Green, che però a seguito dell’improvvisa esplosione di Ibaka aveva perso peso, appeal e minuti nella rotazione di coach Brooks, e quindi potrebbe non essere rimpianto così tanto. Insomma, non sono sicuro che oggi siano più forti di prima, ma hanno almeno il merito di aver fatto una scelta sensata per provare a migliorare la loro squadra, seguendo un progetto di pallacanestro.
E di questi tempi, non è poco
Vae Victis
Carlo Torriani