In una fredda notte di febbraio all’Air Canada Centre di Toronto sbarca San Antonio. Gli speroni sono nel pieno del famoso Rodeo Road Trip, l’estenuante tour in trasferta cui si sottopongono ogni anno in questo periodo, causato del San Antonio Stock Show & Rodeo, che li terrà lontani dal Texas per tre settimane e nove gare complessive. La presenza in Ontario del team con il miglior record NBA non scalda, però, gli animi dei canadesi: poco sopra i 15000 i presenti in un’arena in cui si respira già un’aria di resa: i Raptors sono reduci da 15 sconfitte consecutive e veleggiano desolatamente sul fondo della Eastern Conference in compagnia di Cavaliers, Nets e Wizards.
– Spurs all’europea Guardare attaccare la squadra di Popovich è uno spettacolo per gli occhi. Gli Spurs giocano come un team slavo e magari c’entra anche lo studio, approfondito, che appena 3 anni or sono Pop fece del sistema di Obradovic al Panathinaikos. Sta di fatto che, il gioco degli Spurs è radicalmente cambiato: marginalizzato quasi Duncan (ai minimi storici in ogni voce statistica) per evidenti motivi di età, tutto nasce da una serie di pick and roll laterali, con Ginobili e Parker a menar le danze. I ribaltamenti, i penetra e scarica, la pedissequa ricerca di un tiro pulito (scelta tattica di cui beneficiano soprattutto Neal e Bonner, con i loro tiri mortiferi sugli scarichi) sono un rimando sin troppo chiaro alla tradizione slava piuttosto che al gioco statico sul quarto di campo tanto in voga in NBA. L’altra faccia della medaglia è data dal fatto che gli Spurs al momento sono la decima difesa NBA: spesso lasciano scoperta l’area, difficilmente si sbucciano le ginocchia sull’uomo o in aiuto e non hanno una taglia fisica imponente per secretare l’area. Tutto ciò spiega l’avvio di gara piuttosto sonnolento, con gli Spurs che bucherellano la difesa dei Raptors con una facilità disarmante, ma che con altrettanta leggerezza espongono il fianco al buonissimo inizio di serata di Bargnani e DeRozan (13 e 8 punti rispettivamente). Il centro italiano, dopo qualche settimana di appannamento, appare pimpante, alternando conclusioni dalla media ad assalti al canestro e trovando man forte nella difesa neroargento.
– Raptors, cosa non va? 1) Shoot it better, 2) Contain and Contest, 3) Physical play in the lane. Il piano partita proposto dagli analyst di TSN 2 appare facile: per tre quarti. Giocando sull’indolenza di San Antonio i Raptors si tengono in linea di galleggiamento, grazie ad una buona serata in regia di Calderon (finirà con 11 assist) che riesce ad innescare l’attacco dei padroni di casa. Attacco che è sostanzialmente un two man show, se si considera che tolti Bargnani e DeRozan il resto del team produce una miseria con percentuali imbarazzanti. L’ex USC mostra progressi incoraggianti nel jumper dalla media, ormai semiautomatico, dal gomito della lunetta, e nel gioco in post basso, in cui a fine primo tempo mostra uno stupendo up and under niente di meno che contro Manu Ginobili. Le letture continuano ad essere quello che sono, soprattutto quando non può andar dentro con la moto per la schiacciata o l’appoggio ed è costretto a ragionare. Di certo il deserto del Tartari che si trova di fronte non aiuta. Bargnani, dal canto suo, pare tornato il giocatore ammirato non più di un mese e mezzo fa: un 2.15 in grado di arrestarsi su una monetina e di far partire il jumper da altezze siderali, che ha aggiunto anche una certa voglia di attaccare il canestro al proprio repertorio. La difesa, soprattutto in aiuto e recupero, è veramente orribile, ma il sistema Raptors, in cui ognuno va un pò dove gli pare in tal senso, non lo tutela nè lo incentiva ad impegnarsi. Sta di fatto che tra una uomo pessima ed un accenno di zona 2-3 ridicola, perennemente bucata dagli esterni Spurs, i Raptors non riescono a sfruttare i primi tre quarti in cui trovano una serata di grazia al tiro: tant’è che prima dell’ultimo periodo sono avanti di 2 segnando 83 punti e tirando con il 55% dal campo.
– Chi non ha il coraggio non se lo può dare Le dolenti note arrivano durante l’ultimo quarto, che Jay Triano (l’autore dell’obbrobio descritto in precedenza) inizia anche con Calderon in panchina e Bayless in campo. Il colpo di genio arriva però a dieci minuti dalla fine sul 90-86 Spurs: seduti Bargnani e DeRozan, dentro Calderon, Amir Johnson e Sonny Weems con Barbosa ed Ed Davis. Nei successivi dieci minuti i padroni di casa verranno travolti da un parziale di 21-14 con DeJuan Blair a farla da padrone in area ed i buoi abbondantemente scappati quando rientra il dynamic duo. Impressiona, comunque, la presenza di spirito dell’ex Pittsburgh. Blair mette al servizio dei neroargento tutta la sua grinta, la sua voglia ed il suo senso della posizione e, nonostante i 195 centimetri (pochini per i classici standard del lungo NBA), chiuderà la serata a 28 punti ed 11 rimbalzi, frutto di applicazione a rimbalzo, tagli intelligenti (nell’apertissima difesa Raptors, c’è da dire) dopo il blocco e tanta garra. I compagni lo cercano e lui si fa trovare pronto. Per un’ex star del college basketball in predicato di essere un lottery pick e poi finito quasi al secondo giro per via di un’altezza non adeguata e delle ginocchia traballanti, è già un primo assaggio di rivincita. I Raptors intanto affondano nella mediocrità di un roster sbilanciato. Manca qualcuno che segni con continuità sul perimetro, nella pochezza di un allenatore incapace di invertire la tendenza e di dettare la chiave tattica del gioco e sull’apaticità di tanti, troppi, giocatori che si limitano al compitino, giocano per se stessi e tirano indietro la manina quando c’è da fare il lavoro sporco. La stagione del basket, in Canada, sembra già finita ed il futuro non sembra dei più rosei. Continua invece la cavalcata degli Spurs, in barba a chi li dava per morti o per fenomeno transitorio.
Enrico Amabile