Prima di partire, due doverose precisazioni
[b]Onesta Intellettuale: parte 1[/b]
Se la volta scorsa avevo potuto fare il brillante e gongolarmi della spettacolarità dell’inizio della RS, stavolta sono costretto a registrare l’infausto passaggio televisivo della non memorabile ATL-WAS della scorsa settimana. Un’ingiustificabile sceneggiata in cui degli Hawks depressi e in crisi di identità schiantavano senza fatica i Wizards di un Arenas fuori parte e un Wall sulle uova da prima partita dopo infortunio, accumulando ad ogni intertempo ulteriori 10 punti di vantaggio. Insomma, il perfetto spot per chi sostiene che la RS sia solo un triste rito di passaggio nell’attesa dei PO…
[b]Onestà Intellettuale: parte 2[/b]
Non ho mai pensato che Doc River fosse un grande allenatore. Abbiamo tifato tutti per lui nel suo storico esordio, quando a Orlando ha guidato 15 operai di fonderia a una stagione mitica da 41 vittorie, ad un solo successo dall’approdo ai PO, quando la stella più brillante della squadra era Darrel Armstrong (e nemmeno nella sua stagione migliore!). Con i Celtics l’ho sempre ritenuto solo un buon motivatore, capace di creare un gruppo e di avere l’umiltà di lasciare carta bianca ai suoi vice (soprattutto Tibobeau) nello strutturare difesa e attacco. Insomma, un uomo di buon senso che si era trovato al posto giusto (ovvero sulla panchina di una squadra che si guidava quasi da sola) al momento giusto.
A guardare quello che sta succedendo oggi a Miami, bisogna riconoscere al buon Doc qualche merito in più.
Se da un lato è vero che la maggior maturità dei suoi Celtics può avere aiutato, dall’altro gli Heat sono più forti sulla carta come singoli, e anche meglio distribuiti come ruoli (e parlo di tutto il roster, non solo della triade). I Celtics, fin dalla primissima uscita (a Roma, ricordate?) sono apparsi un gruppo. Non hanno avuto da subito un gioco perfetto, e hanno avuto anche in seguito (perfino durante i PO) i loro problemi, ma li hanno sempre voluti affrontare come gruppo. Quello che invece appare evidente a Miami dopo 1 mese di camp e preseason e un mese di RS è che gli Heat giocano come singoli. Non credo che a nessuno di loro si possa imputare uno scarso impegno, ma l’impressione è che lo facciano tutti per conto proprio. Nessun sorriso, nessuna sfuriata, nessun cenno emotivo che li faccia percepire come un gruppo, solo un’insieme di individui accomunati da una tensione sovrumana.
Onestamente non posso che fare i miei complimenti al lavoro di Rivers, e augurare agli Heat che si verifichi al più presto il miracolo della venuta di “San Patrizio”, altrimenti mi sa che dice male…
Il soldato Erik si batte come un leone, ma la battaglia sembra già persa: dopo la pesante batosta subita a Dallas si è tenuto un meeting dei giocatori a porte chiuse (chiaro sintomo della grande fiducia verso il coach), mentre al termine di un time out Lebron ha “accidentalmente” urtato con la spalla quella di Spoelstra. Un po’ come se la Cosa dei Fantastici 4 urtasse il grande Puffo. I due hanno minimizzato, e Spoelstra sarà ospite di due puntate di Grey’s anathomy.
[b]Anarchia controllata[/b]
Ammetto che fin qui non ho mai nemmeno nominato gli Spurs e questo perché ho verso di loro un’atavica (e per molti versi immotivata) avversione. Ma l’attualità mi costringe a fare due parole sulla squadra più in forma della lega.
La prima novità rilevante è l’amletico Duncan, che si sta esibendo nel ruolo che prima di lui fu di Robert Horry. Fa lo specialista difensivo. Gioca poco, e solo quando sa che serve. E quasi solo in difesa, regolando l’avversario di turno con giocate sempre meno atletiche e sempre più di esperienza, ma non per questo meno efficaci. In attacco si va soprattutto per onor di firma, guardandosi bene dal partecipare al gioco. Ogni tanto, se proprio serve, può starci la giocata di classe, ma possibilmente ne fa a meno.
Del resto, è uno specialista difensivo.
E nel frattempo il Pop ha dato il via libera ai due stranieri. Ginobili è nel suo miglior momento di sempre, promosso in quintetto e libero di creare a piacimento. L’estate di riposo senza impegni con la nazionale ha giovato alla forma fisica, e il ragazzo si candida onorevolmente al trofeo di MVP. Parker dal canto suo sta vivendo un ottimo periodo. Dopo aver trasformato in una renna di natale la sua dolce metà portoricana, il franco belga sta dando tutto sul campo, con ottime medie per sé e ottimi risultati per la squadra. Certo, solo due anni fa ci si chiedeva se Rondo avrebbe mai potuto arrivare al livello di Parker (ricordandolo molto come stile di gioco), oggi invece Parker in un ottima serata può sperare di assomigliare a un Rondo sottotono. Come cambiano le cose in due anni eh?
Intanto onore al Pop che, apparentemente disgustato dalla svolta offensivista dei suoi, in realtà ovviamente appoggia questa trasformazione, che era l’unica cosa saggia da fare. Invece di ostinarsi nel cercare di replicare (senza possibilità di successo, visto il declino fisico dei protagonisti) i fasti e lo stile di gioco degli Spurs che furono, il “sergente di ferro” ha accettato il passaggio ad un nuovo modello, imperniato sull’attacco, che vive sul penetra e scarica, la velocità e la fantasia del back court, con tutti gli altri a beneficiare degli scarichi.
Come Red Rocket Bonner, autore di strisce con percentuali da 3 irreali, ma soprattutto come Richard Jefferson. RJ è sapientemente uscito dal contrattone, ottenendo dai sempre sagaci Spurs un contratto di importo simile, ma spalmato su più anni. Con questa mossa (apparentemente dissennata) è passato dal preconcetto sul suo gioco: “ma quanto ci costa ‘sto bollito?!” a “beh, per quello che lo paghiamo, non è affatto male!”. Sistemata la sua situazione dal punto di vista psicologico, il nuovo modo di giocare più dinamico ha permesso di completare il miracolo della resurrezione, trasformando un inutile corpo estraneo in un valido elemento di quintetto.
Quanto durano questi Spurs? Poco. Il record di oggi, onestamente al di sopra delle loro possibilità, andrà peggiorando, complice anche un fisiologico appannamento fisico e atletico di Ginobili. Questi nero argento 2.0 hanno avuto il merito di reinventarsi ai vertici, con un approccio che però ricorda per certi versi quello non particolarmente vincente dei Suns dell’ultimo quinquennio. Risultato: molto bene in RS, così così ai PO.
Se va bene escono con onore in finale di conference, più probabilmente ci salutano al secondo turno dei PO, lasciando l’onore di sfidare i Lakers a Mavs o Jazz (o i Thunder?).
Comunque, molto più di quanto ci si potesse aspettare.
Vae Victis