I Lakers avevano solo una possibilità per rimandare l’esito delle Finals 2010: giocare da Celtics! L’hanno fatto, nel senso collettivo del termine e in quello che riguarda difesa e intensità. Con un Bryant autore di “soli” 26 punti (e 11 rimbalzi) l’intera squadra è salita di livello, confermando che solo quando tutto il roster è coinvolto – per giocare, non per stare ad ammirare Kobe che ne fa 40 – possono diventare inarrestabili.
I Celtics di questa gara 6 ci hanno capito davvero poco. Il solito inizio forte con Gasol (tripla-doppia sfiorata con 17 punti, 13 rimbalzi e 9 assist) che non vuole correre dietro a Garnett, e KG libero di prendere la corsia centrale della transizione. Pierce c’è (13 punti) e Allen pure, alla fine il miglior marcatore dei Celtics con 19 punti. Ma è un altro avvio di gara che inganna. Perkins si gira un ginocchio, e ci sono ancora più di 5 minuti da giocare nel 1° quarto: non rientrerà più e la sua presenza è in fortissimo dubbio per la partita di giovedì (venerdì notte in Italia, h.03:00). Los Angeles compatta la difesa, impossibile penetrarla anche per un pessimo Rondo (10 punti con 5/15 al tiro) e si batte su ogni pallone.
In attacco è Bryant a dare il “la” ad un parziale che non si interromperà più, aiutato da Gasol e Artest (15 punti, 3/6 da 3), mentre Fisher condizionato prestissimo dai falli – 3 in un amen, il 4° subito ad inizio secondo tempo – lascia il posto a un positivo Brown, autore tra l’altro di una schiacciata devastante, una delle più belle dei playoffs 2010. L.A. entra a piacimento nelle sue serie di opzioni preferite, ribalta bene il lato e sfrutta a dovere l’abilità delle sue ali nella situazione di pinched-post. Boston è alle corde. All’intervallo il termometro segna -20, praticamente impossibile rientrare. Rivers non ha molto dalla sua panchina, soprattutto dai lunghi chiamati a prendersi i minuti di Perkins: Doc ruota Wallace, Davis e Williams, vedendo l’intero terzetto concludere la gara con 0 punti!
La difesa, dicevamo: quella dei Celtics non può essere la solita, quella che ormai conosciamo, l’assenza di Perkins per un così lungo periodo annulla le possibilità di riempire con 3, anche 4 uomini il lato forte, con la sicurezza di avere il proprio big man alle spalle. Il miglior complemento per Garnett resta Big Baby (non Rasheed), ma alla lunga i biancoverdi non incidono. Lo fanno invece i Lakers che surclassano gli ospiti a rimbalzo (52-39) e recuperano 12 palloni (Bryant 4, Farmar 3). La gara ormai non ha più storia, e dopo un 4° periodo di garbage time, le squadre vanno sotto la doccia col punteggio finale di 89-67. I Celtics sfiorano addirittura alcuni propri records negativi, senza riuscire a batterli, per quel che conta ora.
Già, quel che conta ora. Gara 7, la tavola è apparecchiata e imbandita. Riuscirà L.A. a scrollarsi di dosso la maledizione delle gare 7 contro i Celtics (0-4)? Jackson, che affronta per la prima volta una gara 7 in una serie finale, conserverà il suo record che lo vede imbattuto dopo aver vinto la prima partita di una serie? O Boston risorgerà dalle sue ceneri, magari recuperando anche solo parzialmente il proprio centro, per una sfida tra infortunati col Bynum? Tornerà ad imporre la propria difesa, quella che consente a Rondo di giocare in campo aperto, dove certamente può essere devastante per gli avversari, al contrario di quello che può dare invece ragionando (poco) a metà-campo? Tante domande, una sola risposta: gara 7, la più attesa degli ultimi anni, per entrare nella storia (Kobe raggiungerebbe Magic col 5° anello) o per uscire dalla porta secondaria. Sarà battaglia, giovedì, allo Staples Center, e come direbbero i Guns N’Roses, che videro proprio nella “città degli angeli” i loro natali artistici: Welcome to the Jungle!
Andrea Pontremoli