Diciamoci la verità: Mike Tirico non vale un soldo rispetto all’insormontabile Jeff Van Gundy ([i]Puts it in and the foul![/i]). La partita poi, chiusa sul 110-84 per i padroni di casa, non aiuta certo il secondo trio della ESPN, che discorrendo di ben altro (come se non bastasse Bagatta) rende ancora più monotone le due ore davanti al PC, un match insomma che si rivela un vero buco nell’acqua, soprattutto perchè in una serata del genere dove Duncan gioca la peggiore gara della sua lunga carriera e Howard non fa molto meglio risulta davvero difficile analizzare le due situazioni di Spurs e Magic. Ma proviamoci ugualmente.
In casa S.Antonio il problema più ovvio ed evidente è la mancanza di Tony Paker: il francesino, nel bel mezzo di una mischia, ha riportato una frattura alla mano che probabilmente lo terrà fuori dal parquet fino al termine della stagione, playoffs compresi. Ancora più ovvio il rimpiazzo a cui Popovich ha dovuto far fronte, George Hill, un ragazzo che si è contraddistinto tutto l’anno per atletismo e grinta, ma che ora, chiamato a svolgere la funzione di playmaker per oltre 30 minuti, sembra patire le tante responsabilità affidategli. Contro i Magic per esempio la sua funzione essenziale era portare palla oltre metacampo, poi svaniva nascondendosi dietro Nelson come un bambino di minibasket alle prime armi, contro i Warriors stanotte ancora sottotono rispetto alla prestazione di squadra (147 punti!). Arrivati nella metacampo avversaria poi, serve un buon gioco, ma anche in questo caso, gli Spurs, costruiti nell’ultimo decennio totalmente sul binomio Duncan-Parker, non si rivelano la squadra adatta per Jefferson, abituato a ben altro basket a NJ: coach Greg non può richiamarlo più di tanto (anche perchè all’Amway mette insieme 20 punti, migliore tra gli ospiti), ma nelle tre/quattro partite che quest’anno sono riuscito a vedere, la nota stonata resta proprio Richard, per quanto il ragazzo resti pur sempre un talento spesso sottovalutato. Semplicemente il Texas non pare la sua casa, ma attendiamo i PO…
Qualche parola poi sulla panchina: tolti Ginobili ed Hill, la qualità resta impalpabile con Mason che, oltre a litigare continuamente con l’allenatore, non rende più come l’anno scorso (quando mai l’ho preso al Fanta!) e Bonner che se non è in serata non trova altre soluzioni che tirare mattonate, con una meccanica per carità funzionante, almeno la maggior parte delle volte, ma davvero orribile.
Infine discorso “lunghi”: escluso Duncan, mi resta difficile comprendere perchè McDyess rubi minuti ad un giovane promettente come Blair, una montagna di muscoli che non merita minuti nel solo garbage-time: attaccandoci ai soli dati DeJuan produce più punti e rimbalzi come starter rispetto alle sue entrate dalla panca, poi per carità è giovane, ma anche in questo caso S.Antonio non è mai stata, non negli ultimi anni almeno, una chioccia per le giovani promesse. Prendendo in analisi il match contro i Magic, dove abbiamo detto nè Duncan nè Superman hanno fatto grandi cose, al prodotto di Pittsburg vengono concessi pochi possessi dove, è vero non produce nulla, ma risulta certo meno patetico del caraibico, davvero sottotono.
Guidati dalla solida (questa sì) regia di Ginobili comunque, gli Spurs sono reduci da un Marzo quasi perfetto e la corsa verso la post-season potrebbe regalare anche nuovi sorpassi nella graduatoria ad Ovest: San Antonio cè ma deve ancora capirlo fino in fondo e soprattutto deve convincersi di esserlo, in caso contrario quella di Orlando non resterà solo una brutta uscita.
Discorso Magic indubbiamente opposto: i ragazzi di Van Gundy sono davvero logorroici, ma fin tanto che le triple entrano la baracca va avanti e il record cresce sempre più (49-21). Orlando comunque non fa altro che sfruttare le debolezze nello spot 1 dei texani, usufruendo di tutta l’energia di un ritrovato Nelson (quello della stagione 2008-09) e due spine nel fianco come Williams, 35 anni e non sentirli, e JJ Reddick, entrambi poco partecipi negli schemi e puramente utili nel buttarla dentro dall’arco sui mortiferi scarichi dopo i raddoppi in area. In una squadra dal gioco perimetrale come Orlando due sono gli aspetti statistici rilevanti: le percentuali al tiro e i rimbalzi. E se nel primo caso la squadra della Florida è la migliore a livello di bombe messe in stagione (oltre 700), a rimbalzo i Magic si affidano al solo Howard, l’unico in doppia cifra tra i suoi: Dwight gioca male contro gli Spurs, ma non può tornare in panchina senza prima schiacciare con violenza in alley-oop due deliziosi assits targati Vince Carter.
Vinsanity dunque: fino a Febbraio, per il #15 sembrava materializzarsi l’ennesima stagione fallimentare, con vecchi incubi che pian piano riaffioravano da casa Nets. Poi la svolta, dopo mesi di fatiche, sofferenze e qualche fischio. Vince riparte così in quarta, come molti altri nella Lega dopo la pausa dell’ASG, riacquistandosi voti e strappando sempre più applausi divenendo, dopo Howard, il fattore più determinante in fase offensiva per i suoi con oltre 20 di media e una serie di giocate ricordate finora solo in vecchi video di YouTube ai tempi della grigia New Jersey.
In conclusione dunque Orlando è un’ottima squadra (e questo non lo scopriamo certo oggi), costruita con cura e ben fornita in ogni spot, anche dopo un pesante addio come quello di Hedo: come ogni macchina però c’è sempre il punto debole e se lo scorso anno i Cavs non sono riusciti a sfruttarlo a pieno, difficile che con James sull’orlo della tanto discussa trade estiva, la squadra dell’Ohio dovrà inchinarsi ancora una volta alla franchigia finalista lo scorso anno; prima però ci sono i playoffs e per la mini-final a Est c’è ancora diverso tempo…anche per strane sorprese.
Sperando in match migliori, buon weekend!
Michele Di Terlizzi