Detroit è famosa per un paio di cose, non che la città del Michigan nè meriti di più. Tra queste i motori e la musica nera, che oltre trentanni fa uscì dal sommerso di cantine e garage per sfondare in classifica, ribattezzando un genere con l’etichetta di Mo-Town.
Cestisticamente parlando – e lo ripetiamo da inizio stagione – potremmo parafrasare il tutto con il titolo di questo pezzo, perchè la franchigia guidata da Joe Dumars è stata tutto l’anno nelle mani della più improbabile delle costanti.
Billups già con la testa al rinnovo contrattuale, non pervenuto durante la stagione, è stato il sinonimo di tutto quel che vuol dire Detroit Pistons, nell’anno di grazia 2007: svogliatezza, presunzione, ma anche enormi capacità di vincere le partite. Non sempre però è riuscito ad ingranare la 4^ (nemmeno la 5^!) in tempo per portare in fienile un’altra W.
Anche nei playoffs, e in finale di conference, è stato così.
Hamilton s’è iscritto al ristretto club dei “protestatori”, record di falli tecnici in carriera, a volte più preoccupato di far andare la lingua che il suo jump shot dai 4-5 metri. Rimane il migliore sul globo per prendere un blocco e in generale seminare i difensori per ricevere, possibilmente dopo un taglio “curl”, e tirare.
Prince, sì, quel Prince, quello da Kentucky, dove giocava centro e la metteva, eccome se la metteva, ora anche a livello NBA si è affermato come sicuro realizzatore, oltre che difensore dalle braccia interminabili, diventato famoso proprio per una serie difensiva sul Sig. McGrady.
Il suo apporto silenzioso è in costante crescita, anno dopo anno, sicuramente non uno dei motivi del mancato approdo alle Finals dei suoi Pistons.
Rinverdendo i fasti dei Bad Boys gli attuali giocatori in rosso-blu hanno rischiato di trovare un nuovo soprannome, magari BED BOYS, viste le sonnolente prestazioni che in tutta la stagione hanno comunque garantito una gran classifica e la possibilità, concreta, di risfidare S.Antonio per l’anello, quello che sarebbe stato il secondo per questo gruppo, orfano di Ben Wallace.
Ah ecco cosa mancava nella ricetta, quale ingrediente che sembrava quasi inutile e invece…
Big Ben evoluisce con alterne fortune nella non lontana (per i parametri americani eh?) Chicago, ma qui, nella sua vera casa, il Palace, si percepisce un terribile vuoto. Il vuoto lasciato dal giocatore che più ha impersonificato negli ultimi anni l’attitudine operaia della città, quel rimboccarsi le maniche e andare a lavorare che ha spinto – motivazione delle motivazioni, oltre al ritenersi un gruppo di “scarti” di altre franchige – i Pistons al 3° anello della loro storia.
E allora, cosa c’entra l’altro Wallace? Quello da UNC? Quello che ti fa arrabbiare ogni volta che lo vedi, perchè – eccheccavolo – uno così sarebbe l’MVP della Lega, se non tutti gli anni, quasi…e forse solo per dare alternativa al premio e insomma, guardare un po’ anche agli altri, pur se meno meritevoli.
L’abbiamo già scritto, lo sentiamo in tutte le telecronache di Sky&Sport Italia, questo, se solo volesse, sarebbe il migliore di tutti. E quest’anno, con qualche bizza in meno del solito, l’ha ampiamente dimostrato.
E’ il migliore in difesa, nella lettura del gioco, nelle potenzialità offensive che vanno dall’assoluto dominio del suo giro-e-tiro in post basso alle triple da (molto) dietro l’arco.
Perchè tutto questo non è bastato? L’abbiamo scritto. E allora tutta colpa di Flip Saunders? Direi di no. Un allenatore purtroppo (per lui) ritenuto un perdente, non in grado di guidare una squadra al titolo. Dimostrato a Minnesota, bissato a Detroit. Questo dicono i fatti.
Ma tutto il resto dice anche altro. Parla di un grande coach, che ha saputo ereditare una squadra con peso specifico non indifferente, un’eredità da non far chiudere occhio, quella di Larry Brown. Ha saputo mantenere invariate le caratteristiche del gioco offensivo dei suoi – il famoso attacco base “Two chest” – inserendo al tempo stesso importanti novità come la zona, l’uso in attacco del doppio post alto, ha incoronato Chris Webber come vero playmaker della squadra, ha saputo ritagliare spazi importanti per Delfino, Maxiell, McDyess.
Non tutto è da buttare, nella stagione di una squadra che è arrivata ad un passo dalla finale (allora gli altri che nemmeno fanno i playoffs e magari parlano di stagione soddisfacente???) e che deve continuare sul proprio cammino, non semplice, non sempre lineare, ma che in fondo può portare solamente ad altri grandissimi successi per lo stesso coach Saunders, per il GM Dumars e per tutti i campioni che vestono questa maglia.