Ci eravamo lasciati settimana scorsa con la disamina delle fortune/sfortune delle inguardabili squadre dellest.
Diamo adesso un occhio alla conference da cui, salvo imprevisti (che a mio parere possono provenire solo dalla Florida, come in caso di elezioni presidenziali) usciranno i prossimi campioni NBA.
[b]Belle e impossibili[/b]
Si parla di Dallas e Phoenix, i due migliori record della lega, apparse imbattibili a est e difficilmente arginabili ad ovest. I Suns (come accade da 6 anni alle squadre che hanno come pointman il canadese) hanno il miglior attacco della lega, i Mavs stanno scendendo nel ranking dei punti segnati, ma salgono in quello della percentuale dal campo e, soprattutto, in quello della difesa.
Dallas può contare su una squadra solida, completa, esperta, con un Howard da ASG e uno Stackhouse a dar lustro alla panchina, mentre Classe Dirk flirta pericolosamente con il trofeo di MVP. Aggiungete a questo un buon coach, la confidenza nei propri mezzi che permette di riuscire a vincere anche quando si gioca male, le tante partite vinte nei finali tirati, e infine, ma forse è la cosa più importante, latteggiamento di chi gioca per vendicare un torto, lo scippo che ritengono di aver subito in finale nel giugno scorso: questi hanno fame, e tendono a non fare prigionieri.
Phoenix invece riesce nellarduo compito di stupirci ogni anno: ormai il loro stile di gioco non è più una novità (hanno nellNBA più imitazioni della settimana enigmistica), cambiano ogni anno parte degli interpreti, eppure i risultati sono sempre più convincenti.
Ho già spiegato più volte perché non li ritengo da titolo, ma questanno potrebbero avere una carta in più: Stoudamire è tornato, e sembra forte come prima; avere a roster (e integrato nella chimica di squadra) un giocatore con questa capacità di procurarsi punti in area (e quindi tirando ad alta percentuale) è un plus incommensurabile, che oltretutto valorizza ancora di più le doti di tiratori dei compagni. Il Pick&Roll fra Nash e Amare, che stava due anni fa per detronizzare gli Spurs, è tornato, e può ora essere usato in alternativa a quello con Diaw: in un caso lo si gioca per arrivare a un tiro (una schiacciata?) da sotto, nellaltro per mettere in moto un movimento di palla per smarcare un tiro di un esterno. Riuscire a difendere contro questi due movimenti antitetici non sarà facile per nessuno.
PS: comè che Nash è ogni anno più forte e più tonico fisicamente? Ospite fisso della piscina di Cocoon?
[b]Never underestimate the heart of a champion[/b]
Lo disse nel 95 Rudy T parlando dei suoi Rockets, ma calza a pennello per gli Spurs di questanno: sono probabilmente la peggior formazione degli speroni dal 99 ad oggi, e sono oggettivamente meno forti delle due franchigie citate sopra. Eppure qualcuno si sente di escluderli dalla corsa al titolo?
Non hanno un centro credibile (Oberto è il più quotato, ma spesso Pop deve ricorrere a quintetti piccoli per coprire il suo buco di roster, più che per credo tattico), Horry mi sembra irrimediabilmente (e giustamente!) arrivato come giocatore, così come Finley e Bowen (le cui giocate difensive di esperienza ormai superano notevolmente quelle di gambe e voglia).
Parker fa il suo, riuscendo ancora ad avere sfuriate realizzative degne di nota, ma senza più incantare come lo scorso anno, quando sembrava inarrestabile. Probabilmente questo è dovuto anche al fatto che i suoi progressi nel tiro da fuori si sono completamente arrestati, e i difensori ormai lo battezzano con frequenza pur di evitare le insidiose penetrazioni, e la tattica sta pagando.
Manu è sonnolento, ma ormai ci ha abituati a questo tipo di regular season, mentre lunico sorprendente è il solito Duncan: arrabbiato per non aver potuto dare tutto nella scorsa stagione a causa della nota fascite plantare, questanno sembra giocare con lo scopo di dimostrare a tutti di essere ancora la miglior PF della lega.
Più scarsi degli altri, dicevamo, ma con un fattore x da non sottovalutare: il fattore last dance.
E chiaro che parlare di ricostruzione per SanAntonio può far sorridere, ma credo che la dirigenza e i giocatori sappiano perfettamente che i giorni belli di questo gruppo sono alle spalle, e che a meno di risultati eclatanti di questanno si provvederà ad un significativo rimpasto: a parte le tre stelle (Duncan, Parker e Ginobili), tutti gli altri saranno sacrificabili per andare a trovare nuove pedine da affiancare loro per riprovare a dare lassalto allanello prima che inizi linevitabile declino fisico di Timoteo.
Questo è un tipo di fame, di voglia, di motivazione che Dallas e Phoenix non hanno; se a questo ci aggiungiamo lineguagliabile mole di esperienza di partite di playoffs, vediamo che gli Spurs campioni sono uneventualità non certa, ma tuttaltro che impossibile.
Un esempio: Finley è bollito e, per esempio, ha giocato in maniera abbastanza trasparente tutta la recente gara contro i Lakers. Quando però si è trattato di mettere il tiro per vincere, il giocatore di Chicago non ha minimamente esitato.
Un Jason Terry, per esempio, avrebbe giocato molto meglio tutta la partita, ma avrebbe messo quel tiro? Lo 0-4 delle finali dello scorso anno sembra dire di no, questanno vedremo.
[b]Una bella sorpresa[/b]
Houston, Utah, LA Lakers.
Tre storie completamente diverse, giocatori molto diversi, ma il comune senso di scetticismo che le accompagnava a inizio stagione.
Eppure tutte e tre stanno disputando stagioni meravigliose, e anche se non sembrano ancora mature per lanello, stanno dimostrando di essere in chiara crescita, e che i loro processi di ricostruzione stanno andando nella direzione giusta.
I Lakers di oggi sono la prova tangibile delle capacità di allenatore di Jackson: una stella egoista convinta a giocare per la squadra (conservando però lo spirito necessario del one man show per quando serve per vincere le partite), e una serie di compagni che mettono tutto quello che hanno (chi solo la tecnica, chi le doti fisiche, chi la voglia) al servizio dei compagni e di un sistema di gioco (la nota triangolo) che li sta facendo rendere ben oltre il reale valore in campo.
Houston è forte, peccato solo che le sue due stelle soffrano della maledizione di Lady Hawk: per chi non avesse almeno 30 anni, si tratta di un film in cui si narrava di questa principessa colpita da una maledizione per cui lei ogni giorno si trasformava in un falco, mentre il suo amato ogni notte diventava un lupo, così che i due non riuscivano mai a incontrarsi.
Dopo questa dotta citazione di B-movie degli anni 80, ci facciamo prendere dalla malinconia per quel che potrebbero essere (e probabilmente, vista letà e la schiena di McGrady, non saranno mai) questi due insieme. Yao ha ampiamente dominato nel pitturato della lega per due mesi, mentre ora TMC trentelleggia tenendo a galla i suoi nellattesa dellagognato ricongiungimento con il cinese. Intanto la mano di Van Gundy (secondo me uno dei migliori allenatori della lega) si vede, e i Rockets, squadra con dichiarata vocazione difensiva, sfoggia anche in attacco una fluidità inviabile, capace di valorizzare anche un giocatore tecnicamente eccelso, ma drammaticamente perdente, come Juwan Howard. Mutombo intanto è tornato quello di Denver e Phila, e il suo ditone sempre in aria di tecnico è tornato di stretta attualità: non male per uno dalletà indefinibile, ma comunque superiore alle 40 primavere.
Poi cè Utah. Due cose fermeranno la stagione di questanno dei Jazz: linfortunio di Carlos Boozer (che starà fuori diverse settimane) e le lune di Kirilenko. Il russo infatti è in polemica dichiarata con la squadra e ha chiesto di essere ceduto. A suo dire infatti il gioco dirottato verso Boozer e Okur oltre che su Williams lo rilega ad un ruolo troppo marginale.
La mia opinione?
Ha torto. Per le sue caratteristiche AK47 non è certo un attaccante: lui è al suo meglio quando può dare tutto in difesa, e in attacco si concentra sul far girare la palla, cosa che fa egregiamente. I suoi tiri dovrebbero nascere principalmente da scarichi o da rimbalzi offensivi.
Chiunque labbia visto giocare (Sloan in testa) sa che è così. Il problema (è questo in parte giustifica le pretese del ragazzo) è che in questi 3 anni di vuoto di potere gli è stato chiesto dalla squadra di diventare la prima opzione, di prendere tiri, forzarli se serve, ma mettere dei punti a tabellone, perché nessun altro compagno era in grado di farlo. I risultati non sono stati entusiasmanti, e mi sembra corretto che la squadra, adesso che compagni più forti sono arrivati, gli stia chiedendo di tornare a fare quello che fa meglio. Comprensibile però anche il punto di vista di Kirilenko, che si trova probabilmente in una sorta di crisi di identità.
Spero che i Jazz tengano duro e non lo scambino, e che col tempo AK47 riesca ad accettare (anche per il suo bene) la nuova (e ben più positiva, complessivamente) situazione. Come monito in caso contrario può guardare a quello che è successo a Joe Johnson, partito per Atlanta alla ricerca delle luci della ribalta e costretto ora a fare il tuttofare di una squadra senza prospettive. Fosse rimasto a Phoenix, forse ora avrebbe al dito un anello.
Le due situazioni insieme (infortunio a Boozer e telenovela Kirilenko) probabilmente non permetteranno ai Jazz di arrivare in condizioni ideali ai playoffs, e quindi il massimo pronosticabile per questanno è un secondo turno. Se pensate però a come erano partiti, non è così male
[b]In attesa di trade[/b]
Da metà classifica in giù troviamo una serie di squadre che lottano per il derby della disperazione. Qualcuna, come ad esempio Minnie, è addirittura in zona playoffs, ma in generale su tutte incombe unaria di insoddisfazione generale e la forte convinzione che a marzo il roster sarà significativamente diverso rispetto allattuale.
Parlo di Minnesota, Sacramento, Seattle, Menphis e Portland.
I motivi delle insoddisfazioni variano significative da squadra a squadra, ma quello che tutti hanno chiaro è che le possibilità di convivenza dei gruppi attuali sono finite. Un caso su tutti quello di Bibby e Artest, i separati in casa più famosi della NBA, che ormai non si rivolgono più nemmeno la parola e si gestiscono in modo alternato i possessi offensivi (non parlo di quelli difensivi perché non ci sono, essendo a Sacramento), per cui una volta attacca Bibby con i suoi amici (Miller, Thomas, a volte Martin) e con reminescenze di Princeton offense, una volta attacca Artest con la sua Ron-Ron-ball.
Ai fini del campionato hanno la sola funzione di riempire spazi di schedule, speriamo che i tanto agognati scambi avvengano il prima possibile, e che per una volta siano ispirati anche da considerazioni cestistiche, oltre che di portafoglio.
[b]Midseason Awards[/b]
MVP: ex equo Kobe Bryant e Dirk Nowitzki. Non ho considerato Nash perchè se prendiamo il premio per il suo senso letterale, uno come Nash dovrebbe vincerlo ogni volta che gioca, senza possibilità di gara. Dopo un po viene a noia.
Giocatore più migliorato: Carlos Boozer. Un piccolo Malone. Se qualcuno lo aveva previsto mi scriva per favore. Vorrei una sua consulenza sui numeri per lenalotto.
Miglior Rookie: direi Roy, ma in realtà non lho ancora visto giocare; appena colmo questa lacuna ne riparliamo. Anche perché intanto la concorrenza non è proprio fenomenale
Miglior squadra: Dallas. Per i motivi visti sopra.
Miglior squadra rispetto al potenziale a disposizione: Utah. Un miracolo. E non hanno ancora finito.
Peggior squadra rispetto al potenziale a disposizione: pari merito tra New York (Zeke, quando te ne vai e metti fine a questa burla indecente?) e Miami (cè ancora spazio per la redenzione, ma fin qui sono stati indecorosi).
Miglior allenatore: Jerry Sloan. Avery Johnson arriva secondo di un niente, ma questanno il vecchio non si batte, e mi auguro che finalmente anche la lega si ricordi di lui.
Miglior quintetto: Nash, Wade, Bryant, Nowitzky, Yao. Lo so, mancano Duncan, Gilberto, James, Bryant non è unala piccola e Yao è stato molto infortunato, ma bisogna fare delle scelte, e queste sono le mie.
[b]Pigiama parade[/b]
Non è una brutta idea quelle delle maglie retrò. E il tipico (e a mio parere molto intelligente) tentativo degli americani (popolo notoriamente privo di storia) di crearsi una loro storia, una mitologia, di celebrare il loro passato.
In maniera però altrettanto americana, stanno un po esagerando, e ormai sono più frequenti le partite con maglie retrò che quelle con le maglie attuali. Se a questo si aggiunge che ogni squadra ha almeno una maglia alternativa (oltre a casa e trasferta), e che ogni due o tre anni le cambia, a me sembra di vedere ogni volta giocare una lega diversa.
Va bè che le maglie variant vogliono dire un aumento del merchandising e che questo fa sempre piacere, ma un minimo di stabilità in più a me personalmente non dispiacerebbe. E per quanto riguarda le maglie storiche, ritengo fossero molto più emozionanti quando erano confinate allinterno della settimana retrò: il primo anno che la NBA ha avuto questidea ha infatti inventato questa settimana in cui tutte le squadre indossavano solo maglie depoca, tutte le pubblicità e il sito ufficiale presentavano evidenti richiami al passato, alle partite cerano le vecchie glorie, etc.
Quella era una celebrazione. Questa di oggi è un confuso e delirante spot pubblicitario che dura 6 mesi.
Ma al di là di queste considerazioni, volevo farvi osservare lultima (e più deleteria) di queste mode variant: le maglie pigiama.
Gli apripista furono i Rockets, che dopo i due titoli vinti si rifecero il look, passando a quel gessato blu (o più cinicamente, il pigiamone a rigoni) che gli ha portato una sfiga tale da non vincere più niente non ostante la parata di stelle che componeva il loro roster.
Epigoni di questa tendenza i Jazz di oggi, che come maglia variant hanno questa divisa in azzurro pigiama, color oviesse, con tanto di rigoni blu scuro ai lati. Mancano solo quelle fantasie (aeroplani, treni, navi, o semplicemente figure geometriche) che fanno tanto pigiama del mercato. La necessità?
Ma la cosa peggiore in assoluto è stata la scoperta del lusso: perché accontentarsi di rosso, blu e verde quando si possono avere oro e argento?
In un ordine che non riesco a classificare eseguono:
Spurs, con lorrenda maglia argento, sulla quale è completamente impossibile leggere le scritte e i numeri.
King, con lequivoca maglia oro integrale e viola scuro.
Wizards, che uniscono lorrore della maglia oro alla finezza (?!) del look tipo allenamento, con i pantaloncini neri che spezzano la divisa.
Trovo che nella moda ci sia una sola cosa buona: che prima o poi passa.
Noi siamo qui ad aspettare con fiducia.
Vae Victis