Perdonate la consueta banalità del titolo.
Cercherò di farmi perdonare…
E’ inutile fare finta di niente, devo ammettere che questo avvio di stagione fulminante dei Jazz mi riempie di gioia.
Se infatti la botta del post Malone-Stockton, unita ad una certa ammirazione per Dwayne Wade (cosa dite? L’avevate intuito?) mi hanno fatto ultimamente simpatizzare per la neocampione franchigia della Florida, devo riconoscere che in fondo il mio cuore sanguina ancora biancoviola (anche se nel frattempo Utah ha cambiato i colori sociali e si presenta in un anonimo biancoblu).
Del resto dopo oltre una decade di devota e solitaria venerazione per la franchigia dei mormoni, può capitare…
Che sta succedendo nella maniacalmente ordinata (giuro, l’ho vista!) Salt Lake City?
Com’è che da onesta squadra di medio bassa classifica sono diventati il caso dell’avvio di stagione?
La risposta banale è: perchè sono 11 – 1, ma credo di poter andare più a fondo di così…
La prima risposta potrebbe essere: perchè Kirilenko sta giocando una stagione da MVP.
Ipotesi intrigante, ma purtroppo errata: causa i consueti infortuni il russo sta giocando poco e, se escludiamo la consueta sbalorditiva dose di stoppate, anche in maniera abbastanza anonima.
E allora cos’altro può aver trasformato questa squadra, che dallo scorso anno ha cambiato quasi solo Snyder con Fisher?
Il primo punto, tutto sommato prevedibile, è stata l’esplosione di Deron Williams. Questo massiccio playmaker, scontato il primo terribile anno da rookie sotto Sloan, ha finalmente avuto in dote le chiavi della squadra, e ne sta facendo un uso piuttosto competente. Il tiro da fuori non appassiona, ma le doti di penetratore e soprattutto di gestore della squadra sono lì da vedere. La personalità di certo non manca, e il ragazzo si sta facendo sentire con frequenti escursioni sopra i 20 punti e i 10 assist: Stockton resta inarrivabile, ma in questa lega in cui i play puri stanno scomparendo, tutto sommato ci si può accontentare…
Quello su cui invece non avrebbe scommesso nemmeno la madre è Carlos Boozer; durezza mentale, etica lavorativa, personalità, continuità: alzi la mano chi sentendo queste parole avrebbe mai pensato a questo giocatore.
Eppure è esattamente quello che sta accadendo.
Tornato dai suoi innumerevoli infortuni Boozer si sta dimostrando complemento ideale di Okur sotto le plance.
E poi tutti gli altri, perchè in fondo a Utah è sempre stato così: ti servono le stelle per poter giocare al tavolo dei grandi, ma alla fine è il sistema che vince. E se il sistema lo definisce l’allenatore con la più lunga permanenza su una panchina nella storia dello sport professionistico, non può che essere un successo.
Niente schiacciate, niente ankle breaker, nessun cecchino infallibile, nessun centro fisicamente incontenibile. Solo 5 persone con buona educazione cestistica, che eseguono alla perfezione un (buon) sistema in cui credono.
Con questa filosofia i Pistons hanno vinto un titolo 2 anni fa, e gli stessi Jazz sono arrivati in finale 2 volte.
Per questi Jazz possiamo predire qualcosa di simile?
Le prime partite sono state incoraggianti, fra le squadre sculacciate anche nomi eccellenti, come Phoenix (2 volte), Detroit, i Clippers (non ridete, anche quest’anno sono decisamente forti), più un’insospettabile prova di carattere con la rimonta da -21 contro i Kings.
Non credo che siano abbastanza forti per puntare all’anello, ma nemmeno che siano così lontani come io stesso pronosticavo (sbagliando, come al solito) poco fa.
Questo è quello che gli manca:
Il ritorno del Russo. E non solo, bisogna anche che si integri bene con un meccanismo che funziona. L’anno scorso avrei detto che un giocatore col suo carattere non poteva dare problemi di chimica, ma pare che quest’anno AK47 si stia lamentando del fatto di essere poco considerato in attacco…
Una guardia decorosa. Giricek è chiaramente inferiore agli altri 4 del quintetto, e Harpring, che invece che essere finito come i più credevano, è ancora vivo e lotta insieme a noi (10 punti di media per l’ex giocatore di football), resta un bel lusso come sesto uomo, un po’ poco come titolare, specie come guardia, essendo di fatto un 4 sottodimensionato…
Esperienza playoffs. Ormai lo sappiamo, quello è un altro gioco. Tutti i giocatori, e in particolare il go to guy, Williams, devono farsi le ossa in questo mondo, e dimostrare lì di essere stelle vere.
In conclusione, oggi si può pronosticare una buona stagione per i Jazz, diciamo intorno alle 45-50 vittorie, e il ritorno ai playoffs. Oltre quello gli si può solo augurare di mettere a frutto l’esperienza fatta per fortificarsi in vista di una corsa all’anello nel futuro, un futuro molto più prossimo di quanto si pensasse.
Forza bianco viola.
Vae victis