Una stagione da incorniciare per un verso, da dimenticare in fretta per un altro. È la ‘strana’ storia di Steph Curry, stella del massimo torneo cestistico statunitense, leader indiscutibile degli Warriors, ma costretto, dai numeri, a dover rinunciare alla disputa delle fasi incandescenti del finale di stagione. Le scommesse NBA considerano tra le squadre più promettenti, i Philadelphia 76ers, i Denver Nuggets e i Boston Celtics, non precisamente in quest’ordine.
Un peccato, perché il quattro volte campione della NBA il suo l’ha fatto e non a caso i 100 giurati del torneo americano lo hanno premiato con il «Clutch Player of the Year», dedicato alla leggenda Jerry West, ora 85enne, ma titolare di una carriera straordinaria, con vittorie in serie sul campo, in panchina e anche da dirigente.
Un premio particolare, riservato ai cestisti che diventano determinanti nei finali di gara, in quei cinque minuti delle sfide in cui il distacco tra le due squadre è inferiore a 5 punti e dunque particolarmente in bilico. Il quintetto di San Francisco è la squadra che ne ha disputate più di ogni altra, ben 48. Il capitano dei Golden State Warriors è quello che ha fatto più punti «clutch», ben 189, duellando per il trofeo con un altro top player del calibro di DeMar DeRozan dei Chicago Bulls.
Un testa a testa davvero appassionante che ha visto trionfare Curry, capace di totalizzare 298 punti contro i 272 dell’antagonista principale, mentre staccatissimo il terzo di questa speciale graduatoria, Gilgeous-Alexander degli Oklahoma City Thunder con 160.
Un premio che ha sicuramente ridotto un po’ l’amarezza di Steph Curry per non poter prendere parte alla fase più importante della stagione, non essendo riuscito a soddisfare gli appassionati tifosi con la qualificazione ai play-off, visibili anche quest’anno su Sky. Lui resta indiscutibilmente un top player e, nonostante gli anni stiano inesorabilmente passando, resta una delle stelle più lucenti nel panorama cestistico statunitense e mondiale.