Trades che nessuno si sarebbe aspettato e casi come quelli di Durant, Westbrook, Irving, Udoka che hanno cambiato l’estate NBA rendendola ancora più calda di quanto già non fosse: ecco i temi più importanti del mercato 2022 e le firme più rilevanti degli ultimi mesi.
Gobert a Minnesota: che l’estate abbia inizio!
A sparigliare il mercato NBA è stato sicuramente lo scambio tra Minnesota Timberwolves e Utah Jazz riguardante Rudy Gobert orchestrato l’1 luglio: il centro francese lascia Salt Lake City. In cambio la squadra che fino agli ultimi PO era allenata da Quin Snyder ottiene Malik Beasley, Pat Beverley, Jarred Vanderbilt, Leandro Bolmaro, Kessler e ben 5 scelte future al draft. Una mossa non così sorprendente per la franchigia di Utah quella di separare il duo Mitchell-Gobert: piuttosto, è davvero “fuori dall’ordinario” il pacchetto ceduto da Minnesota.
I Wolves si ritroveranno sotto canestro sia Gobert che Karl Anthony Towns (estensione da massimo salariale fino al 2028 da 224 milioni di dollari) e il modo in cui conviveranno in campo sarà interessante da scoprire, considerando che in questa NBA due “twin towers” del genere sotto canestro non si vedono molto spesso. Quel che è certo è che il prezzo pagato da Minnesota è stato molto alto, tale da provocare più volte la seguente domanda: “se Gobert vale così tanto, quanto bisogna spendere per arrivare a KD?”.
Eh sì, perchè l’altro tema che ha dominato l’estate NBA è stata la possibile partenza da Brooklyn di Kevin Durant, che nonostante un contratto in essere che prevedeva per la superstar nativa di Washington altri 4 anni a New York, ha cercato di forzare la sua cessione più volte nel corso degli ultimi mesi. Addirittura ai primi di agosto si è arrivati ad un “o me o loro” nei confronti della coppia Marks-Nash: il progetto di Brooklyn era destinato a fallire? Senza neanche una finale di conference in questi ultimi 2 anni? No, perchè alcuni giorni fa arriva il dietrofront: dopo settimane in cui non si è riusciti a trovare una soluzione che accontentasse Durant (che voleva andare in una contender) e i Nets (che non hanno mai avuto intenzione di fare sconti sulla loro superstar), è arrivato il dietrofront. Nel comunicato che vediamo di seguito, ecco il “patto” tra giocatore e franchigia: si prosegue nel tentativo di portare un titolo a Brooklyn.
I temi a questo punto sono due. Il primo: sarebbe stato effettivamente possibile muovere il contratto di Durant? Molto difficile, anche per come il pacchetto consegnato a Utah da parte di Minnesota per ottenere Gobert ha alzato sensibilmente le richieste di Brooklyn. La richiesta dei Nets era ALMENO un giocatore che potesse diventare il volto della futuro della franchigia e 4 prime scelte nei prossimi anni. Considerando la ferrea volontà del giocatore di andare in una contender, quale franchigia avrebbe potuto esaudire le richieste di entrambe le parti? Pochissime, forse nesuna.
Il Secondo tema è: quanto durerà questa tregua? Perchè dopo questa telenovela, considerando la personalità e il passato di Durant, sembra improbabile che si possa proseguire fino allo scadere naturale del contratto, ovvero il 2026. Questo comunicato va interpretato come un “l’estate è passata, un compromesso migliore per ora non c’è, proviamo a vincere il titolo l’anno prossimo e poi nell’estate 2023 ne riparleremo”.
Anche considerando che con l’ottima firma di TJ Warren, le conferme dell’anno scorso e la player option esercitata da Kyrie Irving (37 milioni di dollari) la franchigie di Joe Tsai ha le sue carte da giocare. Le incognite sono diverse, per un gruppo che non ha ancora riscosso quanto sperato, a partire da quel Ben Simmons ottenuto in cambio di Harden che non si vede sul parquet dalla stagione 2020-21. Ma con Irving, Durant, Harris, Simmons, Seth Curry e tutto il contorno dei Nets si può provare a vincere.
Il trio dei Lakers rimane invariato
Anche se, nonostante l’opzione esercitata a fine giugno, non sarebbe così scontata la permanenza di Irving per l’intera stagione, che LeBron James vorrebbe al suo fianco ad LA. L’ostacolo più importante per questa operazione è il contratto pesantissimo di Westbrook: un anno rimasto da ben 47 milioni di dollari e un giocatore che dopo l’ultima disastrosa stagione ha un basso valore di mercato. Muoverlo non è semplice, ma le possibilità dei Lakers di rendere competitivo un roster che l’anno scorso non centrò neanche l’obbiettivo play-in passano molto dalla partenza di Westbrook.
Non possono bastare il ricco rinnovo fino al 2024 di LeBron, lo scambio Tucker-Beverley e le firme di Toscano-Anderson, Lonnie Walker e Matt Ryan (con quest’ultimo che sarà un “osservato speciale” dal sottoscritto, a dire il vero): il trio Davis-LeBron-Westbrook ha fallito e difficilmente potrà riscattarsi. L’arrivo di Patrick Beverley sembrava preludere a possibili operazioni riguardanti Westbrook nelle settimane successive, ma nulla si è mosso. O meglio, non si è mosso RW ma è tornato Schroeder: se a Los Angeles vogliono arrivare fino in fondo questo non sembra essere il roster per farlo.
E’ stata un’estate complessa da gestire anche per i campioni in carica, la cui dinastia continua la lotta contro l’avversario chiamato “salary cap”: i Golden State Warriors, dopo il trionfo in 6 partite contro i Celtics, hanno perso 2 giocatori chiave nella cavalcata al titolo. Si tratta di Gary Payton II e Otto Porter, le cui pretese economiche avrebbero costato tanto al proprietario Joe Lacob in termini di luxury tax (gli Warriors sfiorano i 200 milioni di dollari in stipendi . La questione è che Golden State avrebbero anche potuto permettersi di pagare questi due giocatori soltanto considerando i ricavi dai biglietti venduti con il nuovissimo Chase Center: ma la NBA, di fatto, ha detto no (lo si evince da alcune dichiarazioni di Lacob nel mese di luglio, prontamente multato per 500k dollari dalla NBA).
Su questo argomento si potrebbe discutere ampiamente. Perchè una squadra che è composta quasi interamente da giocatori che ha draftato e che, grazie all’ottimo lavoro della sua organizzazione, produce incassi da capogiro dovrebbe essere impossibilitata ad offrire un adeguato rinnovo ad alcune sue pedine? Non è il luogo per discuterne, ma lasciamo aperta la domanda…
Quello che conta nel presente è che Golden State ha provato a metterci una pezza con il rinnovo triennale di Kevon Looney, pedina fondamentale nello scacchiere nei Dubs. I nuovi arrivi sono stati JaMychal Green e DiVincenzo, due pedine che possono rivelarsi molto utili per Steve Kerr e costano “solo” 7 milioni a Golden State. Per il resto, le sorti di Golden State saranno in mano ai soliti noti: Curry, Green e Thompson (i veterani), Wiggins e Poole (due chiavi del successo del 2021-22) e il duo Kuminga-Wiseman, che oltre ad essere una grande speranza per gli Warriors del futuro deve diventare un’arma anche per il presente. Nella stagione si porranno anche i quesiti più importanti per il prosieguo della dinastia: i rinnovi di Green, Thompson, Poole (la cui scadenza è tra meno di una settimana e ne parliamo in fondo all’articolo) e Wiggins. Di questi 4, verosimilmente, uno non verrà confermato. Golden State è attesa da scelte difficili: ma nella Baia, nonostante le difficoltà di questi anni, si continua lo stesso a vincere e contemporaneamente a creare il futuro della franchigia. I Warriors ripartono per vincere.
Ultimo tema esaminato in questo “riassunto” dell’estate NBA sono i Boston Celtics, sconfitti in finale dai Warriors dopo una lunga e bellissima cavalcata ai playoff. Meritano una menzione per essere riusciti a mantenere il nucleo che è arrivato in fondo lo scorso anno con l’esordiente Udoka in panchina e per aver aggiunto elementi importanti come Malcolm Brogdon e Danilo Gallinari, che purtroppo però non sarà disponibile per molto tempo. Riguardo la “questione Durant” già trattata in precedenza, potremmo azzardarci ad asserire che i Celtics avrebbero potuto avere sufficienti argomenti per intavolare una discussione riguardante Kevin Durant. Il sacrificato, molto probabilmente, sarebbe stato Jaylen Brown ma a quanto riportato Brooklyn ha chiesto anche Tatum e allora la trattativa non è proseguita: quello da pagare ai Nets sarebbe stato un pezzo esorbitante per la franchigia del Massachusetts e, a costo di sembrare ripetivi, si fa fatica a non chiamare in causa la trade di Gobert pensando a queste richieste abbastanza assurde dei Nets…
In ogni caso, Brown, Tatum e Smart sono rimasti e con loro il nucleo dello scorso anno, oltre ai due nuovi arrivi citati in precedenza: la concorrenza non manca, non è facile ripetere il cammino dell’anno scorso, ma questa Boston può puntare nuovamente ad arrivare in fondo. C’è un “però”, e ne parliamo tra poco.
Inizio d’autunno di fuoco per 3 contender
Phoenix, Golden State, Boston: non sono mancati i grattacapi in questa pre-season. La franchigia dell’Arizona ha dovuto fare i conti con lo scandalo legato al proprietario Sarver. Accusato di frasi sessiste e razziste, prima è stato sospeso per un anno con una multa di 10 milioni di dollari poi ha messo in vendita i Suns. E’ seguito il “caso Udoka”: l’allenatore di Boston è stato accusato di una relazione intima con un membro dello staff, a causa della quale non siederà in panchina nella stagione 2022-23. Ultima vicenda, in ordine cronologico, il pugno di Draymond Green a Jordan Poole in allenamento. In questi giorni “l’orso ballerino” non si sta allenando con la squadra, mentre Jordan Poole è proprio reduce da un’ottima prestazione in pre-season con i Lakers e il suo termine per l’estensione di contratto è fissato per lunedì prossimo. In questa rissa c’entra la questione del contratto? Il front office ha negato questa possibilità, ma non è improbabile che la vicenda abbia ripercussioni sulla scelta o meno di prolungare il contratto di Green: molto probabile che l’ultima parola spetterà ai “senatori” dello spogliatoio (Curry in testa). Nel giro di pochi giorni la situazione sarà più chiara.
Gli altri movimenti
Harden fa uno “sconto” a Philadelphia, che mette sotto contratto con un triennale PJ Tucker, veterano che è stato una chiave del successo di Milwaukee nel 2021 e che ha giocato a Miami la scorsa stagione: i 76ers sono da tenere d’occhio a est. Continuano le avventure di Lillard e Nurkic a Portland, seppur in una Western Conference che non dovrebbe concedere chanches alla franchigia dell’Oregon. Estensioni importanti per Lavine (Chicago), Ja Morant (Memphis) e Karl Anthony Towns (Minnesota), mentre i Bucks accolgono Ingles e firmano Ibaka, centro l’anno scorso in forza ai Clippers. Proprio i cugini dei Lakers sono attesi ad una stagione importante: l’estensione di Batum e soprattutto la firma di John Wall rendono la squadra di Lue profonda e attrezzata adeguatamente per provare ad andare fino in fondo.
Non mancano gli interrogativi: come rientrerà Kawhi? Che versione di Wall vedremo? Come giocheranno questi Clippers che, di fatto, non abbiamo mai visto con queste ambizioni? Domande a cui seguiranno risposta nei prossimi mesi: quel che è certo è che partono almeno un passo avanti rispetto ai più nobili cugini losangelini. Scontata l’estensione di Jokic, che arriva a cifre “stellari”: i Pelicans, invece, sono “obbligati” a dare quasi 200 milioni di dollari a Zion, da cui si attendono risposte dopo un anno di assenza.
Non scordiamoci anche l’approdo a Salt Lake City di Simone Fontecchio, che giocherà la sua prima stagione NBA in una squadra in fase “rebuilding”.
Philadelphia: James Harden (2x68M$), PJ Tucker (3x33M$)
Portland: Damian Lillard (4x176M$), Nurkic (4x70M$)
Chicago: Lavine (5x215M$), Drummond (2×6,5M$)
Memphis: Ja Morant (4×39,6M$)
Minnesota: Karl Anthony Towns (4x224M$)
Bucks: Ingles (1x6M$), Ibaka (1×2,9M$)
Clippers: Batum (2x22M$), Wall (2x13M$)
Wizards: Bradley Beal (5x251M$)
Denver: Jokic (5x264M$)
New Orleans: Zion Williamson (5x193M$)
Cleveland: Garland (4x29M$)