La NBA sta festeggiando il suo 75° anniversario e per l’occasione le tradizionali gerarchie nella Western e nella Eastern Conference sono quasi completamente saltate.
Iniziando dalla Western Conference, Golden State è tornata prepotentemente sulla breccia dopo due stagioni difficili e forse sul finire di quest’anno potrà contare nuovamente sul lungodegente Klay Thompson. La squadra di Kerr è ancora in bilico tra ricostruzione e assalto al vertice, i dubbi sulla tenuta fisica di Draymond Green suggeriscono prudenza sul rendimento a medio termine.
Uno scrupolo che passa anche per il minutaggio di Steph Curry che sta vivendo una splendida seconda giovinezza (al momento fattura 28 punti a sera sfiorando il 95% ai tiri liberi), e trascinando i compagni in vetta alle graduatorie. Presto o tardi le scelte selezionate nelle ultime lottery reclameranno spazio e un minutaggio di rilievo: Jonathan Kuminga e James Wiseman sono stati scelti troppo in alto per accontentarsi di fare tappezzeria. Il rendimento dei prossimi due mesi potrebbe essere decisivo per stabilire la direzione a medio termine e spingere la dirigenza ad affrettare movimenti di mercato che sembravano improbabili alla fine di questa estate.
I Denver Nuggets stanno pagando l’infortunio alla schiena di Michael Porter Jr. che dopo la ricca estensione firmata in estate ha prima faticato a mantenere le attese e poi ha fatto i conti con i soliti problemi fisici che potrebbero fermarlo anche per tutta la stagione. Se consideriamo anche la situazione medica incerta del lungodegente Jamal Murray, siamo di fronte a un paradosso: Nikola Jokić è forse oggi il miglior giocatore della lega ma non ha più un adeguato cast di supporto e rischia di gettare al vento un paio di annate del suo prime tecnico e fisico.
Gli Utah Jazz ed i Phoenix Suns stanno mantenendo le attesa pur non rubando l’occhio in questo avvio di 2021-22, in particolare la franchigia dell’Arizona ha giovato di un calendario relativamente semplice che ha rinvigorito la classifica leggermente oltre i meriti sportivi.
I Los Angeles Lakers sono ancora alla disperata ricerca di una efficace chimica di squadra e di una gestione ragionevole degli sforzi fisici richiesti a Lebron James e Russell Westbrook. I gialloviola sono impantanati in una mediocrità poco dorata e stanno lasciando interdetti i tifosi che lamentano un’identità di gioco che resta ancora un segreto gelosamente custodito.
Meglio del previsto i Dallas Mavericks di Luka Dončić: i texani sono stati bersaglio della critica dopo la promozione di Jason Kidd sulla panchina ma dimostrano un approccio offensivo più variegato e finalmente leggono la stessa pagina del libro. Kristaps Porziņģis sembra rinato (ma attenzione ai classici fuochi di paglia autunnali),al momento viaggia sui 20 punti e 8 rimbalzi per sera. Note molto positive anche da Jalen Brunson che sta avanzando la candidatura a sesto uomo dell’anno perché riesce a trascinare i compagni nei momenti clou delle partite grazie a una intensità fisica fuori scala e una leadership sempre più spiccata.
Per il resto non ci sono note particolari: le altre texane stanno affondando mentre il resto del gruppo sta facendo i conti con infortuni (Clippers) e prevedibili problemi di Gioventu’ (Grizzlies e Wolves su tutti).
Sulla costa Est la situazione è probabilmente meno fluida ma non per questo più leggibile.
I Brooklyn Nets sono ancora in amministrazione fisica controllata per evitare di spremere le giunture di James Harden e di Kevin Durant. La lunga assenza del no-vax Kyrie Irving si sta facendo sentire più del previsto e potrebbe innescare nel breve una serie di scambi in grado di fare rumore. Il record in questo momento è ancora confortante ma in quasi tutte le partite la squadra di Steve Nash ha messo in scena troppi cali di tensione con squadre poco attrezzate tecnicamente.
Ad inseguire ci sono i soliti Miami Heat che, archiviati i problemi fisici della stagione scorsa, sembrano pronti a dare un nuovo assalto alle finali NBA. Impressiona la crescita tecnica di Bam Adebayo e di Tyler Herro e la commovente longevità sia di Kyle Lowry che di Jimmy Butler.
Boston è alla ricerca di stabilità a seguito del cambio operato in panchina e negli uffici della dirigenza: Jayson Tatum sta tirando dal campo sotto i suoi standard e per il momento non riesce a trascinare i biancoverdi nelle zone nobili delle classifiche. I Celtics per storia recente e pedigree non possono certo abbandonarsi con facilità ad una stagione di transizione ma la qualità del roster non autorizza particolari voli pindarici.
I Chicago Bulls stanno smentendo gli scettici e sciorinando una pallacanestro di qualità apprezzabile in attacco e difesa. La franchigia della Wind City ha una gestione dei tiri poco democratica ma la dittatura balistica di DeMar DeRozan sta facendo felici i tifosi e persino la critica che li vede sempre di più come outsider di lusso per questa annata.
Come prevedibile i Bucks hanno diminuito il voltaggio fisico dopo due anni vissuti molto pericolosamente: i campioni NBA sono ancora in folle e sostanzialmente ingiudicabili.
Oltre le attese gli Hornets di LaMelo Ball, la squadra di Michael Jordan è una delle più fresche e talentuose espressioni NBA ma spesso si perde in bizantinismi eccessivamente elaborati. Il roster si guarda ancora troppo allo specchio ma nel giro di un paio di anni potrebbe assaltare la diligenza della Eastern e in caso di permanenza di Miles Bridges (8 punti di media in più!) fare furore per diversi anni a venire.
Gli Wizards hanno cominciato bene il loro percorso anche se per il momento sembrano vincere le gare più per la generosità fisica che per questioni meramente tecniche. Considerato il rendimento deludente di Bradley Beal ci sono i margini per scalare altre marce ma è più ragionevole presumere un netto calo verso la metà della stagione.
Per il resto non ci sono cose particolari da segnalare: New York sta normalizzando le sue prestazioni, Philadelphia è vittima della pessima gestione del caso Simmons e di una impressionante quantità di problemi fisici. La brillantezza relativa degli Atlanta Hawks potrebbe meritare un capitolo a parte ma è davvero troppo presto per non concedere fiducia alla truppa di Trae Young. Nota a margine: il purgatorio tecnico dei Cleveland Cavaliers sta forse terminando, raramente i Cavs hanno sfoggiato un gioco tanto divertente quanto redditizio nelle prime battute stagionali: Evan Mobley sembra oro puro.
Francesco Tonti, edito by Frank Bertoni