Il presidente del Chievo Calcio, Luca Campedelli ci aveva stupiti, un decennio fa.
Era in serie A, lo raccontammo per Libero e ci disse lui, sua sponte, che al vertice della Lega di serie A, appunto, avrebbe voluto David Stern.
“Il mitico” commissioner dell’Nba. Se è rimasto al vertice del campionato professionistico americano così a lungo, significa che ha qualità e terrebbe a bada i nostri litigi”.
Già, noi che seguiamo il calcio, più del resto, siamo stra d’accordo, ma poi non è detto, conoscendo Lotito e compagni. Anyway. Ma perchè non proviamo a piazzare il draft Nba e comunque il loro modello, senza retrocessioni? Il volley l’ha fatto, per 6 anni, il campionato aveva perso sapore, nella lotta per salvarsi, dal momento che non si faceva nessuna lotta.
Immaginate la Pallacanestro Varese come dicevamo ieri, come chiuderebbe se sapesse di salvarsi, magari qualcuno andrebbe via in anticipo.
Se invece la formula adesso non sarà cambiata, magari retrocederà, ma ci proverà sino all’ultimo istante, come fece Reggio Emilia l’ultima volta che finì in serie A2, con Max Menetti al debutto, dopo Renato Pasquali.
Dunque, l’Nba, è una parola perchè in effetti si giocherebbe solo per l’Europa e un’Europa spesso di secondo piano, perchè la Fiba Europe Cup, già vinta da Reggio Emilia quando si chiamava EuroChallenge nel 2014, è poca cosa e neanche la Champions League era granchè.
Meglio la 7DAYS Eurocup, dove sempre Reggio Emilia arrivò in semifinale, con Max Menetti incredibilmente poi congedato dalla presidente Maria Licia Ferrarini, per avere mancato i playoff.
Da allora, Reggio Emilia non li ha mai raggiunti e solo adesso è tornata alle Final Eight di Coppa Italia 2021.
Dunque, come sarebbe l’Nba italiana?
Semplice, con le franchigie. Prendiamo le prime 29 in classifica, o meglio, via, le prime 25 e in più creiamo club nelle grandi piazze perse.
Sarebbe bella una Nba Italia con geopolitica, ben distribuita, con il massimo del sud possibile. Andiamo a memoria, a sensazioni, a sentimento, direbbe mia moglie, Silvia Gilioli. Scelte romantiche e mnemoniche, appunto.
Dunque Sardegna, la Dinamo Sassari che ha vinto uno scudetto e giocato una finale e Cagliari che fu grande, denominata Brill, negli anni ’70.
Vorremmo una Sicilia, almeno, meglio due, e allora, Capo d’Orlando e Trapani? Trapani, con Wendel Alexis, vicecampione con Livorno, ci affascinava. O Barcellona Pozzo di Gotto messinese, come i paladini?
Esistono capoluoghi di regione senza una grande tradizione cestistica di vertice, dunque Palermo e Bari, Potenza e Catanzaro, Ancona e naturalmente Aosta, Campobasso e Genova.
Già, Genova, ebbe un’A2, forse, neanche al femminile è stata al vertice. Che facciamo, dunque, proviamo a sfondare nei grandi centri.
In una Nba Italiana a 29 squadre, andrebbero contemplate Roma, nonostante il fallimento, ma basta il club di A2; Torino, cancellata dopo la storica coppa Italia, conquistata da Paolo Galbiati e Napoli, che ne vinse una sempre di coppa Italia, con Mason Rocca.
Addirittura, ci starebbe forse bene una Milano2, se fosse di tradizione, All’Onestà, appunto, con Joe Isaac giocatore, sempre in tempi in cui eravamo troppo piccoli e di cui non ci sono immagini.
Proviamo a rifare il conteggio, dunque, fra LBA di oggi e di ieri e metropoli. Dunque, partendo dal nord, Torino e magari Casale Monferrato o Biella (più che Asti)?. Poi Milano, Cantù e Varese, adesso Cremona, vincitrice della coppa Italia, Trento, Venezia biscudettata, ma ci fu anche Mestre e soprattutto Verona, vincitrice di una Korac. Per non tacere di Udine, di Treviso. Lasciamo stare Padova. Emilia Romagna, Reggio Emilia ovviamente, in serie A dall’82, le due Bologna, ci starebbe anche Imola? O Ravenna? O Piacenza? E Mantova, allora? Marche con Jesi, mentre Porto san Giorgio ha gloria antica, magari Roseto o Montegranaro. Vorremmo un’umbra, facciamo Fabriano, più di Perugia, e un Abruzzo, Roseto o Teramo? O la (Facar) Pescara?
Nel Lazio, ci sta Rieti, grande degli anni ’70. Campania con Caserta ed Avellino, entrambe fallite, la Brindisi oggi è portentosa. Reggio Calabria, ovviamente. Non contiamo, scherziamo e basta.
E poi ci teniamo una franchigia cult, di paese. Chessò, un paese lucano, oppure del Medio Campidano.
Un salary cap ci vorrebbe. E poi il draft. E un limite agli stranieri. Due, come quando eravamo ragazzini, Morse e Bouie. Stop. Non 6 più 6 che ancora non capiamo cosa voglia dire.
E via, a vincere l’Eurolega. Di cui parleremo domani.
Vanni Zagnoli