La prossima stagione avrà inizio subito prima di Natale, almeno nelle prime fasi sicuramente a porte chiuse. La regular season si svilupperà su 72 partite e il calendario verrà articolato in modo da ridurre almeno del 25% i viaggi attraverso il paese. Il draft è fissato per il 18 di novembre e il mercato verrà aperto negli stessi giorni. Il tetto salariale sarà fissato sui 109 milioni di dollari, una riduzione parzialmente compensata dal taglio di circa il 18% medio dei salari dei giocatori (per Shams Charania). Training camp a partire dal 1 dicembre.
Nel frattempo, i Nets non badano a spese per regalarsi il coaching staff più stellare che la storia della franchigia ricordi, nonché, a lume di naso, il più ricco, articolato e affidabile dell’intera Lega, firmando prima Amar‘e Stoudemire, nel ruolo di coach destinato allo sviluppo dei giocatori, poi (udite, udite!) Mike D’Antoni e, last but not least, Ime Udoka! Da un lato, cioè, si ricompone il trio delle meraviglie di quei Suns che seppero rivoluzionare il concetto di basket nella scorsa decade; dall’altro arriva, ad assicurare equilibrio gerarchico e tecnico, uno specialista difensivo di scuola Spurs e dalla cristallina connection con Sean Marks. Davvero non mancano moneta, genio ed ars diplomatica al GM dei miracoli…
Per la cronaca, è tutto, cari amici.
Se, dal prosieguo, vi aspettate l’ennesimo articolo basato sulle trade machine, potete sospendere fin da subito la lettura e chiudere, perché ci limiteremo ad un rapidissimo ex cursus: abbiamo già affrontato il tema nel numero precedente. Conosciamo le necessità oggettive dei Nets di Steve Nash, sappiamo tutto sui rumors (Holiday per Levert e Allen su tutti); una fonte autorevole quale l’ex GM Bobby Marks ha recentemente sostenuto che non ci sia alcuna necessità di puntare su un’altra superstar e auspicato un approccio più conservativo al mercato. Caris Levert ha ricevuto l’endorsement direttamente da KD alla luce di quanto mostrato nella bolla, Nash ha speso parole al miele tanto per il fenomeno numero 22, quanto per Jarrett Allen, il giocatore che più ci ha fatto strabuzzare gli occhi a Disneyworld… Dopo cotante adesioni alla linea di #stillawake, preferiamo tirarci fuori dal calderone delle proposte, tutte allettanti, tutte irrinunciabili (abbiamo fatto i nomi di Danuel House e Aron Baynes, non ci aspettiamo che Sean Marks legga i nostri suggerimenti e non abbiamo idea dell’uso che vorrà fare delle pick al prossimo draft: molto dipenderà anche da questo). Eravamo i soli a ventilare questa strategia del tutto conservativa ai tempi in cui era di moda il nome di Beal, ora sembra, invece, quella prevalente nelle opinioni circolanti e tutto parrebbe indicare che sia anche la linea adottata da società e staff tecnico.
Scelta costosa?
Assolutamente sì: i Nets veleggiano speditamente nell’oceano della luxury tax e lo fanno con cognizione di causa. Joe Tsai ha apertamente detto tutto ciò che pensa, gettando il guanto di sfida al mercato: vogliamo il titolo, sappiamo di avere gli uomini giusti, vale la pena di sacrificarsi, addirittura di sposare con entusiasmo la luxury, se questo avvicina l’obiettivo. Dichiarazioni di questo genere, rilasciate fin da gennaio, sono un chiaro messaggio rivolto alle concorrenti: non solo siamo disposti a pagare bene, ma anche a farvelo sapere, col rischio che la domanda salga, purché sappiate che i nostri giocatori valgono, che le offerte dovranno essere molto saporite, per essere prese in considerazione, e che sul mercato saremo aggressivi. Ecco cos’ha spinto Marks a dichiarare Joe Harris top priority della offseason: rinnovarlo non costerà meno di 12 milioni l’anno, forse anche 15, ma la volontà è quella. Le altre, si arrangino: difficile possano offrire di più e, se pure lo facessero in moneta, dovrebbero sudare non poco per strappare la firma a un giocatore che a Brooklyn deve tutto, è di casa ed ha la possibilità di infilarsi un anello. Per quanto ci riguarda, ribadiamo il concetto: rinunceremmo a Joe solo per un Klay Thompson al top della forma.
Scelta dolorosa?
La domanda vera, però, è quanto Tsai sia disposto ad addentrarsi nel pur sempre ostile territorio della luxury, per quanto mentalmente ed economicamente preparato. Regalare soldi agli avversari non fa piacere a nessuno, per cui sarà il caso di far mente locale e farci trovare pronti a dolorose rinunce: in una partita come questa, per dare scacco alle avversarie si deve essere pronti anche a sacrificare alcuni pezzi del proprio scacchiere. Non parliamo solo di pedoni a la Musa, per intenderci, ma anche di alfieri come Garrett Temple (rumors ben informati vorrebbero declinata la Team Option) e perfino torri d’avorio come Spencer Dinwiddie (che, intanto, ha sciolto il contratto con la propria agenzia).
Ora, siccome non siamo nati ieri…
…Sappiamo bene che queste voci e questi segnali sono preludio ad un cambio di casacca quasi quanto il primo albeggiare è preludio ad un nuovo giorno, il che ci induce ad alcune considerazioni, tutte nostre:
- Siamo sicuri di trovare sul mercato o dentro casa un all-around player, veterano, leader, difensore arcigno, ben integrato nell’ambiente e nelle grazie di Irving e Durant, quanto Temple e a meno di 5 milioni di dollari?
- E’ il mercato, bellezza…Lo sappiamo bene, ma rinunciare a SD è come vendere l’anima. Il vero leader dei Nets durante la ricostruzione è stato lui; la faccia, la mente della squadra, il suo emblema, chi ne ha incarnato lo spirito e gli ha dato voce, contro tutto e tutti. Colui che ha saputo alzare un trofeo in casacca bianconera (Skills Challenge) quando la sua squadra era ancora nel club dei perdenti e nessuno gli avrebbe dato un penny. Spencer sa bene cosa lo aspetta: mani fatate e mente da manager, mentre parla e twitta ancora come uomo squadra, arrivando a proporsi come il Draymond Green di una eventuale rivisitazione del sistema-Kerr, affila le armi e si prepara, come procuratore di sé stesso, ad affrontare lo snodo della sua carriera nel magma delle trade. #retire, sarà la prossima campagna di #stillawake se le logiche di mercato avranno la meglio sul cuore: che il numero 8 (cui lui stesso ha rinunciato dopo la scomparsa di Kobe) venga issato in cima al Barclays, perché è stato la luce nell’era più buia.
- Se Dinwiddie andrà via, lo farà via trade. Se Temple andrà via, sarà un risparmio di spiccioli. Nulla che lasci presagire altro che un movimento di buoni role player nelle caselle giuste. Il che, a nostro modo di vedere, renderebbe ancor più improbabile una rivoluzione globale in vista di una terza star. Improbabile non vuol dire impossibile, sia chiaro, ma i Nets hanno di fronte a sé almeno due anni per tentare la scalata al cielo e tutto un futuro davanti, nel quale gli altri simboli della rinascita sono già radiosamente proiettati: si tratta di compiere una scelta epocale tra un all-in per la vittoria subito o una programmazione che contempli anche un piano B e un’uscita di sicurezza. Questa è l’America, d’accordo, ma il nostro marksismo ci induce a leggere la realtà in un modo più razionale.
Del resto, una squadra già dotata di due star con terza in rampa di lancio, ci si aspetta che completi il roster con una truppa di role player messi al posto giusto e selezionati secondo il postulato del più basso rapporto costo/beneficio. È il nuovo trend della Lega.
Se questo è, con gli emergenti in corsia di sorpasso, il più sacrificabile per la causa finisce per essere proprio SD (giocatore di ben altro livello ma più scomodo e spendibile), potendo garantire succose contropartite per riempire i vuoti negli altri ruoli e pagare pegno per tutti, permettendo a Marks di tenere a bordo i due migliori talenti da lui pescati al draft.
Oppure forse no, forse il famoso young core non è stato che il sogno di una lunga notte di mezza estate, la stagione della ricostruzione. Tutto per acquisire il diritto di sedersi al tavolo che conta, quello dove il limite è il cielo e si punta tutto sulla mano vincente, la mano della gloria. Se ci vedete una contraddizione, forse avete già dimenticato la meravigliosa ma breve fiaba dell’uomo con il ghiaccio nelle vene, forse non conoscete fino in fondo Sean Marks…o forse qualcosa vi sfugge sulla dura lex del mercato e della Nba. That’s business, honey… Qui nessuno è indispensabile, tranne Kyrie Irving, Kevin Durant…Chris Chiozza e Timothe Luwawu-Cabarrot! E non prendetela tanto come una provocazione, e non fatevi troppe domande: in fondo, vi abbiamo già spiegato il perché!
Noi siamo già al capezzale della canotta numero 26, ma chi la indossa attualmente continua a ricordarcelo e a colpire per acume cestistico. Dinwiddie deve aver letto gli ultimi numeri di #stillawake e, come già accennato, si è proposto di incarnare il ruolo dell’orso ballerino qualora Nash desiderasse costruire intorno a Durant un sistema Warriors-style (benchè l’arrivo di D’Antoni lasci ipotizzare anche altro). Che era esattamente l’idea da noi lanciata il mese scorso, solo che, nel ruolo di Green, avevamo visto, e ancora vediamo, molto più adatto Caris Levert. Idea che lo stesso Nash ha contribuito ad alimentare quando ha dichiarato di voler utilizzare KD in tutti i ruoli: non è ciò che ha fatto Kerr? At the point, easy money sniper, natural born SF, at the low post e perfino stretch five, nella famigerata death lineup.
Joe buckets is the key…
Sappiate che la conferma dell’uomo chiamato canestro, che diamo per assunta come l’idea cardine del mercato di Marks, rappresenta una motivazione in più in questa direzione. Troppo spesso ci si ricorda di Joe Harris solo come il miglior specialista da tre della Lega: difficile fare diversamente, essendo l’unico giocatore ad aver tenuto una media superiore al 43% dai 7,25 tra tutti coloro che hanno tirato, nelle ultime tre stagioni, con almeno 5 tentativi a partita. Sottolineo, l’unico!
Se, però, allarghiamo la nostra visuale, scopriamo che never sleeping Joe naviga stabilmente oltre il 50% in drive, mettendone a referto 6,5 ad allacciata di scarpe. Le sue stats recitano anche una costante crescita in termini di assist per cui, al tirar delle somme, parliamo della perfetta incarnazione delle tre minacce, ma non basta: è un formidabile collante di sistema, generando una messe di movimenti offensivi off the ball che ne fanno una trottola immarcabile. Una advanced stat lo vede diciannovesimo assoluto per miglia percorse nei giochi offensivi (1,38), il che giustifica il suo offensive rating anche oltre statistiche più leggibili come il true shooting percentage, pressoché costantemente irreale nelle ultime tre stagioni.
“Dov’è la notizia?”
Va bene vi starete chiedendo, avendo letto queste cose più o meno da quando esiste il nostro rotocalco. La notizia non c’è, ma emerge nitido un ricordo che vorrei condividere con voi: provate a fare mente locale e tornate, con la memoria, all’inizio della stagione scorsa…Riuscite a vedere Joe Harris sul campo? Sì, esatto, è proprio quell’omino intimidito che aspetta passivamente, fermo sulle gambe in angolo, l’esecuzione del solito movimento iso di Kyrie Irving.
Scene che, alla luce degli skills di Joe Buckets, non dovremo più vedere e che depongono per la cessione del timone a Kevin Durant. Irving ha vinto l’anello quando ha giocato da secondo violino e, lontano dalla palla, è un atleta semplicemente devastante. Dovesse calarsi nel ruolo di PG con licenza di cedere pallone e responsabilità (a la Steph Curry, appunto) quando è giusto farlo, Joe Harris potrebbe sprigionare tutto il suo potenziale rendendo pressoché incontenibile l’attacco bianconero.
Qui entra in gioco uno dei grandi interrogativi per la prossima stagione: la compatibilità tra due grandi personaggi e point guard, ma caratterialmente tanto differenti, come uncle drew e Steve Nash. La connection tra i due è molto più sfumata di quella che lega il coach a KD e non è detto che le loro idee combacino. Qui dovrà entrare in gioco anche Durant, uomo molto più saggio in spogliatoio e dietro i microfoni, per fungere da leader, equilibratore e trait d’union tra i due.
Ma sul potenziale offensivo dei Brooklyn Nets nutriamo, francamente, ben pochi dubbi: sarà da titolo. Fa bene Nash a preoccuparsi prima di tutto dell’altra metà del campo. E faremo bene noi a ricordarci che da lì nasceranno conferme (speriamo tante) e nuovi arrivi.
Che questo avvenga mediante draft o trade, lo scoprirete solo vivendo. Oppure, sil vous plait, direttamente sul prossimo numero di #stillawake, quello che vi racconterà tutto, ma proprio tutto, della campagna acquisti bianconera.
Stay tuned!!
by Marco Calvarese
edito by Frank Bertoni