La voce di Marco Calvani al telefono è calma e ferma come al solito. E come di consueto l’allenatore romano affronta l’intervista – la prima dopo l’assoluzione definitiva dalle accuse legate ad una presunta vicenda di doping – con grande chiarezza di idee.
“Ribadisco che l’indagine avviata era doverosa, una questione di assoluto buon senso. Che garantisce la meticolosità del nostro sistema sportivo nel far rispettare le regole. Quello stesso buon senso che comprovato dai fatti e dalle documentazioni portate dalla difesa mia e di Gabriele Romeo e Giorgio Sgobba – ma anche di tutti le altre persone coinvolte – ha portato alla soluzione di questa vicenda per quello che doveva essere cioè un nulla di fatto“.
Lei ha continuato a lavorare in questi 16 mesi ma non mi dica che è stato così facile?
“No non è stato facile. Ma sono riuscito a tenere separate le due cose: il mio lavoro, il mio impegno quotidiano in palestra con i giocatori, la preparazione delle partite le partite stesse dalle emozioni e dai pensieri interni su questa faccenda evitando che questi ultimi entrassero in palestra. Dentro di me c’è stata grande amarezza per essere stato considerato come una persona che non rispetta i valori dello sport mentre io ho improntato tutta la mia vita al rispetto di quei valori. La mia storia parla per me“.
Ha mai vacillato?
“Un paio di volte sono rimasto scosso e sorpreso. Nella prima audizione quando il Procuratore ad un certo punto mi ha chiesto “Lei si rende conto che questa vicenda potrebbe compromettere la sua carriera?” Lì per lì sono rimasto così sorpreso dall’enormità di questa cosa perchè sapendo di non aver fatto niente di male ho rifiutato questa lettura. E poi dopo la sentenza del Tribunale Nazionale Antidoping mi ha infastidito l’accanimento del Procuratore nel voler continuare a scavare. Nonostante le accuse nei miei confronti – almeno le principali – fossero passate da connivenza nei fatti ad omessa denuncia“.
Ma nessuno degli inquirenti si è mai posto il dubbio che foste tutti troppo ingenui, per non dire altro, nel postare una foto mentre si stava praticando del doping?
“No. Questa è stata una delle tesi difensive. Anche perché abbiamo sottolineato come fosse anche tecnicamente del tutto inutile e sbagliato dopare atleti in precampionato quando la pratica del doping caso mai, sottolineo e ribadisco caso mai, chi dovesse adottarla e ribadisco dovesse adottarla, lo farebbe durante la stagione. Dirò di più. Mi sarei aspettato e lo avrei accettato volentieri che qualcuno mi avesse “condannato” ad un anno di tour nelle scuole per dire ai ragazzi fate attenzione a quello che postate sui social” prendendo spunto da quello che certamente io non farò mai più dopo questa esperienza“.
A proposito di esperienza Calvani. In quanti le hanno girato le spalle? E che conclusioni ha tratto?
“In molti come si dice a Roma ci hanno fatto la scarpetta (come a dire che hanno inzuppato il pane in quello che pensavano fosse rimasto nel piatto cioè poco,ndr) e lo hanno fatto in modo nascosto, nel sottobosco. E questo mi ha lasciato quantomeno perplesso per non dire altro. Ho imparato molto. Ho capito chi sono le persone delle quali posso fidarmi, e quelle che hanno sempre creduto in me nella mia pulizia. Ma sia chiaro io non ho vendette da consumare“.
Eduardo Lubrano
Grazie all’Ufficio Stampa dello Scafati Basket ecco la ricostruzione della vicenda dall’inizio fino alla seconda sentenza del Tribunale Nazionale Antidoping del 28 gennaio scorso.
“In seguito ad una segnalazione del 20/09/2018 ad opera della Procura Federale della Federazione Italiana Pallacanestro riguardante una fotografia pubblicata sul proprio profilo Facebook dall’allora allenatore gialloblù Marco Calvani che ritraeva due atleti (Giorgio Sgobba e Gabriele Romeo) a bordo campo mentre si sottoponevano ad una flebo, la Procura Nazionale Antidoping apriva un apposito fascicolo e, sulla base degli elementi probatori acquisiti, con atto del 25/10/2018 deferiva il dr. Andrea Inserra al giudizio di fronte alla prima sezione del Tribunale Nazionale Antidoping, affinché, accertatane la responsabilità per violazione di cui all’art. 2.8 CSA, gli irrogasse la sanzione della squalifica per quattro anni ai sensi dell’art. 4.3.2 CSA.
La prima sezione del T. N. A., in seguito all’acquisizione di una consulenza tecnica d’ufficio, in data 27/06/2019, emetteva la propria decisione, escludendo ogni responsabilità del dr. Andrea Inserra in ordine all’addebito ascrittogli. Quindi, con atto del 08/11/2019, la Procura Nazionale Antidoping proponeva appello avverso questa decisione, chiedendone la riforma alla seconda sezione del T. N. A.. Nella giornata di ieri (28.1.2020,ndr) quest’ultima ha infine respinto l’appello della Procura Nazionale Antidoping e confermato la decisione impugnata“.