Ero convinto di affrontare, ovviamente in modo parziale e in un’ottica strettamente personale, i nodi tecnici più appetitosi da sciogliere in casa Nets in apertura di stagione, ma sembra destino che l’estate bianconera non conceda tregua sul fronte delle news. Probabilmente è lo scotto da pagare quando, da underdog, si sale sulla ribalta, o forse è il credito con la fortuna a battere cassa, fatto sta che, in pieno training camp e alla vigilia della trasferta in Cina per il succoso precampionato con i Lakers, di novità da raccontare ce ne sono ancora a iosa. Siete pronti?
Joe Harris, il reduce. Chi non ha auto tregua neppure a settembre è stato Joe “buckets”, il campione del tiro da tre, che orgogliosamente ha issato il pinnacolo bianconero difendendo, tutto sommato con onore, lo sdrucito vessillo a stelle e strisce, costretto ad abdicare dal trono mondiale in virtù di una FIBA World Cup sotto tono. Harris è stato usato da Popovich per lo più come specialista difensivo, durante la prima fase, per assurgere addirittura al ruolo di titolare dopo l’infortunio di Tatum. Decisamente sottoutilizzato in fase offensiva, Harris ha fatto il suo (8 punti e quasi 4 rimbalzi a partita, con un complessivo 50% dall’arco ma con meno di 4 tentativi a gara), ma non è stato certo protagonista, costretto a poche conclusioni e sovente sacrificato sul portatore di palla o sul bombardiere più temibile degli avversari, fino a naufragare con il resto della ciurma contro la Francia di Gobert e di Fournier (ottimo tiratore, ma non certo superiore al nostro, se parametrato sugli standard NBA). Sarà, adesso, da verificare se Joe, fin qui inappuntabile quanto ad etica del lavoro, non debba pagare, alla lunga, il surplus di lavoro svolto tra agosto e la prima metà dell’ultimo mese. Ad ogni buon conto…well done, Joe!
Joe Tsai, the golden age owner. Da un Joe all’altro, planando sulla notizia (abbiamo già sviscerato il nuovo proprietario di franchigia nel numero precedente), Tsai è ufficialmente, ora sì, il nuovo commander in chief, alle soglie di un’epoca nuova per i Nets, potenzialmente addirittura la migliore della sua storia. La prima mossa ufficiale era dovuta e nell’aria: il nuovo amministratore delegato (CEO, come sintetizzano gli anglosassoni) è David Levy, ex dirigente della Turner Media; prende il posto di Brett Yormark, storico artefice del trasferimento della franchigia a Brooklyn. Al di qua del ponte ci si augura che, passando dalla proprietà russa a quella cinese, a parità di investimenti, crescano anche i dividendi sportivi: le premesse ci sono tutte…
Tempo di rifarsi il look! Aria nuova, a Brooklyn: nuova proprietà, novità nello staff dirigenziale, in quello tecnico (in cui continuano gli avvicendamenti), nuove aspettative ed ambizioni; tempo, dunque, di rinnovare la propria immagine! Completamente nuovo il parquet del Barclays, nuove le canotte, il tutto ispirato alla storia del quartiere e alla sua cultura musicale e cestistica. Bellissimo il nuovo look del campo di gioco, originale tutto in grigio, volutamente a richiamare i frequentatissimi playground, con bordocampo in nero e banda bianca tratteggiata, simboleggiante la metropolitana. Al centro, il B-logo giganteggia quasi a sussumere la fusione del borough con la franchigia. Le canotte sono sempre bordate in stile coogi, esplicitamente dedite a Notorius B.I.G., ma la nuovissima terza casacca è semplicemente geniale, anch’essa tutta in grigio con bordi nerostellati (unica concessione, forse, al passato) e logo sul petto in perfetti caratteri graffitari: un afflato di popolarità, l’anima del quartiere che si sposa con la sua squadra! Se la post-season ha reso i Nets una delle franchigie tecnicamente più interessanti, il nuovo outfit la rende la più cool della Lega! La nuova era può davvero avere inizio…
Farewell, Melo… Un amore strano, improvviso, per taluni irrefrenabile, quello scatenato dalle voci estive, ricorrenti, sul possibile approdo a Brooklyn di un’altra icona del basket. Strano, perché Carmelo Anthony ha speso gran parte della sua straordinaria ma controversa carriera sull’altra sponda dell’East River e non gode certo di fama di uomo-spogliatoio. Tuttavia, la sua grandezza e l’idea romantica di vederlo chiudere la carriera in bianconero, richiamando ulteriori folle di nuovi tifosi ed entusiasmando quelli più vecchi e nostalgici, nonché lo stretto legame di amicizia con KI e KD, avevano illuso molti, anche tra gli addetti ai lavori. Finanche Prince ed altri che, con lui, avevano preso parte agli allenamenti voluti a Los Angeles dallo stesso Kyrie Irving, ne avevano tessuto le lodi, lasciando intendere un ulteriore opera di lobbying in suo favore. Il tutto rafforzato dalla firma a Detroit di Joe Johnson, il presunto concorrente per il posto lasciato parzialmente vacante dalla sospensione di Chandler (immutato affetto anche per isojoe e i migliori auguri da parte di #stillawake!). Poi, la doccia scozzese: Marks, senza mai nominarlo, parla di tante possibili soluzioni sul tavolo, il che, nel linguaggio criptato ma mai banale né mendace cui ci ha ormai abituato, sta ad indicare che la pista è fredda… Detto, fatto: poche ore dopo, venivano svelati i nuovi arrivi, uno dei quali specifico per il ruolo di power forward (ci torniamo a breve) e addio, sogni romantici!
Lasciatemi, qui ed ora, aprire una parentesi personale (off topic, direbbe un navigatore del web più addentro alla nuova generazione). Melo era e rimane una bandiera dei cugini Knicks, vero. Ciò non toglie il fatto che il tifoso di basket sia e resti prima di tutto uno sportivo e un amante del Gioco. Non si può non amare il jumper o il low post di Carmelo. Sono troppo vecchio per recitare il classico mantra “sono cresciuto con lui”: no, io risalgo all’era di Kareem! E, tuttavia, come tanti altri, sono rinato alla NBA grazie ad internet e, quando l’ho fatto, Melo era il top. Se non mi ha battezzato nel nome del Gioco, sicuramente mi ha cresimato, ecco. Gli ultimi tiri ad un canestro, con mio figlio, li ho fatti su un campetto che aveva ritratta, tra le altre, l’immagine di Melo sul muro di cinta… Per chi vi scrive, sarebbe stata la ciliegina sulla torta di questa estate sapida di orgoglio e di riscatto. Addio, Melo, spero che tu possa, come desideri, mostrare ancora al mondo la tua classe, un ultimo show…
It’s media day! Ma Kyrie… Non sono fatte per dormire sonni tranquilli, le notti di Brooklyn: l’apertura della conferenza stampa di inizio stagione, attesissima tanto più perché non era stata preceduta da alcuna presentazione ufficiale delle superstar, ha fatto registrare, fin da subito, una dolorosa sorpresa, con l’assenza di coach Kenny Atkinson e di Kyrie Irving, il secondo infortunatosi giusto mezz’ora prima e corso in ospedale insieme al primo. Poche ore dopo, il responso: frattura dell’emivolto sinistro, causata da una gomitata. È la terza volta in carriera, per Kyrie: ci aspettiamo che, saltate, inevitabilmente, le prime uscite in preseason, corra ai ripari, appena possibile, e torni sotto le vesti di supereroe mascherato. Dopo la sbornia di mercato, la sorte sta presentando ai Nets un conto piuttosto salato…
L’entusiasmo e la fame di vittorie, tuttavia, sembrano immutati! Sentite Sean Marks (traduzione libera): “Non è affar nostro progettare obiettivi sostenibili o muoverci nel solco della mediocrità. Competeremo al massimo livello e ci aspettiamo il massimo traguardo!”. Tutto questo, nonostante (a spegnere il coro sempre più affollato degli ottimisti) “non ci aspettiamo che KD torni in campo in questa stagione…la riabilitazione è un percorso lungo e non sempre prevedibile al termine del quale dirà lui quando si sentirà di giocare…l’obiettivo non è riaverlo subito, ma riaverlo al 100%…i piani per la stagione non prevedono il suo rientro”. Su cosa fa leva cotanto ottimismo, dunque?
Cultura: un brand, ormai, tanto quanto #theprocess a Philadelphia: “la cultura è ciò che ci ha contraddistinto fin dall’anno zero…si aggiorna continuamente, ma l’idea è sempre quella di giocare per gli altri e non per sé stessi…siamo ansiosi di scoprire cosa apporteranno alla nostra cultura i nuovi arrivati”.
Continuità: il core della squadra, pur perdendo Russell, il capitano Hollis-Jefferson, i veterani Carroll, Davis, Dudley…, quello cresciuto insieme, emblema della strategia di rebuilding e marchio di fabbrica vivente di Sean Marks e Kenny Atkinson, è ancora lì: Spencer Dinwiddie è sempre il primo in palestra, anche d’estate; Jarrett Allen non ha saltato un giorno di allenamenti; Caris Levert ha sostenuto numerose sessioni di tiro notturne; Joe Harris si è immolato per una causa più grande… In tre anni, quattro semisconosciuti pescati in coda al primo giro del draft o in G-League, sono divenuti, rispettivamente, il candidato sesto uomo dell’anno, il re delle stoppate illustri, il MIPOY in pectore (al netto di quel drammatico infortunio…) e il signore delle triple: troppo, per parlare di semplici gregari, oppure no?
La prima impressione è quella che conta… Ricordate quando, lo scorso anno, coach Atkinson e compagni indicarono entusiasti, in preseason, Caris Levert come il più progredito durante l’estate? Non ci fosse stato l’infortunio di mezzo, lo sarebbe stato dell’intera Lega, altro che della sua squadra! Pertanto tendo a dare anche oggi un certo peso alle prime osservazioni e dichiarazioni sui singoli. Quest’estate il giocatore più lodato da tecnici e compagni è risultato Taurean Prince. Atkinson: “ci piace fin dai tempi di Atlanta. Sa tirare. Sa coprire e difendere più ruoli, soprattutto la sua chiave sarà la difesa, ma siamo davvero impressionati da lui!”. Dinwiddie, leader di spogliatoio, gli attribuisce doti da tiratore paragonabili a quelle di Joe Harris. Non fatichiamo a crederci: Prince sarà chiamato ad un grande contributo e giocherà un ruolo-chiave in stagione, ha atletismo, potenza, versatilità, tiro, potenziale difensivo, poca concorrenza in posizione di ala. La primissima uscita stagionale, al Barclays contro i malcapitati vicecampioni brasiliani del Franca, lo ha visto protagonista e top scorer (6/8 da tre!), a conferma di tutti i segnali positivi. Torneremo sull’argomento ma, se le proprietà chiaroveggenti dei compagni sono immutate in un anno, è lui l’acquisto più sottovalutato di questa offseason!
E ancora a proposito di primissime sensazioni, pioggia di lodi sperticate per le potenzialità di Nic Claxton! Alzi la mano chi se lo aspettava… Un lungo con apertura alare di 7’3” e con le doti di palleggiatore e passatore proprie di chi ha giocato da playmaker fino alle high school, sempre nella prima, facile uscita stagionale ha messo in piedi un vero show personale nei minuti concessigli, guadagnandosi l’affetto della tifoseria e suscitando entusiasmo: punti, schiacciate, assist, stoppate, corsa… Che lo attenda un ruolo a la Kurucs, alla luce della penuria improvvisa di big men?
I neo-arrivati: dicevamo, in chiusura di press conference, del repentino arrivo di nuovi acquisti, a completare il roster a 20 per il training camp. Sono arrivati CJ Williams, swingman tosto da Minneapolis, e John Egbunu, centro nigeriano scuola Gators, con due non garantiti: entreranno in competizione per il secondo spot come two way contract. A ruota, l’annuncio di Lance Thomas, veterano proveniente dall’altra sponda della Grande Mela, con tipologia contrattuale ancora ignota, apparentemente destinato a rimpiazzare Chandler durante il periodo di sospensione. Una vita da gregario, buon lottatore, difensore e non certo battezzabile dall’arco (38% in carriera), Thomas sembra il fit predestinato come backup nel ruolo di stretch four. Operazioni di riempimento, per tamponare l’emorragia nel ruolo determinata dalle cattive notizie estive. Tutta da scoprire, la consistenza…
China connection. E adesso si vola in Cina (un ritorno, per Joe Harris, mentre Kevin Durant resterà a Brooklyn per proseguire la riabilitazione) per due exibition game dal sapore forte contro i Lakers di LeBron e AD, costruiti per vincere e per farlo subito e reduci da un esordio-shock nella Baia, dominando contro i Warriors! Un banco di prova drasticamente più significativo, rispetto alla prima uscita sul legno di casa. Contro i malcapitati brasiliani del Franca ben 8 uomini in doppia cifra e 40 assist complessivi, con un attacco spumeggiante e il 60% dal campo; il tutto buono per iniziare con il piede giusto e alimentare l’entusiasmo dei tifosi, ma il banco di prova era davvero poca cosa. In terra d’Oriente il sound sarà decisamente diverso…
The final countdown. Intanto mancano due settimane all’esordio in regular season. Ranking, notoriamente, non ne facciamo, ma è doveroso citare quelli altrui, con i più autorevoli che collocano i Nets tra il terzo e l’ottavo post a Est. Ci sta: il salto di qualità sulla carta è sotto gli occhi di tutti, ma l’assenza di Kevin Durant pesa come un macigno sulle chance immediate dei bianconeri; Kyrie Irving è una point guard d’élite, sotto certi aspetti e per alcuni movimenti, forse, la migliore al mondo (non riesco a dimenticare quel canestro ai Warriors nelle Finals di tre anni fa, quasi sulla sirena, dal palleggio e contro la marcatura asfissiante di un certo Klay Thompson…), ma i dubbi sulla sua leadership di squadra, dopo l’ultima, controversa stagione a Boston, frenano non pochi entusiasmi fra gli addetti ai lavori; la profondità della panchina, fattore chiave dell’ultima stagione, è minata dai guai di Chandler e, forse, di Kurucs; se è vero che il nucleo portante della squadra è rimasto e che i nuovi innesti hanno molte analogie con chi è andato via (sviscerato anche questo aspetto nei numeri precedenti), non bisogna dimenticare che sono cambiati mezza squadra e, potenzialmente, i 3/5 dello starting five… Tante incognite, dunque, che giustificano una forbice così ampia ed incerta nei pronostici. Dubbi, ne abbiamo anche noi, ma anche certezze sul talento, nonché fiducia nell’ulteriore crescita soprattutto di Levert (pregandogli la salute), che individuiamo come l’arma (nemmeno tanto) segreta e il giocatore-chiave della prossima stagione: più che da Kyrie o da Prince (non ce ne vogliano), è dalla sua trasformazione in una star che passerà il definitivo salto di qualità dei Nets!
E sul parquet? Il dovere di cronaca spinge le aspettative tecniche in coda al nostro mensile e le comprime in un breve paragrafo: poco male, trattandosi solo di opinioni. Tuttavia soffermarci, alla vigilia dell’opening day, ci pare doveroso alla luce delle tante novità: quale direzione prenderà Kenny Atkinson? Lo scopriremo solo vivendo, cantava qualcuno molto tempo fa, ma qualche ipotesi è lecita:
– difesa e rimbalzi: la difesa dell’area e in transizione e la conquista dei rimbalzi sono stati i capitoli più complicati del libro della scorsa stagione e i più riletti e ritoccati durante i primi giorni di camp. La difesa è l’aspetto più controverso anche in vista del nuovo torneo: Kyrie e Harris sono difensori di discreto potenziale ma discontinui, perché non sempre si spende, il primo, perché non sufficientemente rapido di mani e di piedi il secondo. Atkinson lo sa, ed è per questo che Levert sarà chiamato ad un pluslavoro, per questo che a Prince è stata espressamente indicata la difesa come chiave della sua stagione, per questo che…aspettatevi un largo impiego per Nwaba e Temple off the bench.
Fronte interno: Allen è strepitoso come contraerea, ma nella trincea del low post paga dazio troppo spesso. Ricordate l’importanza di Ed Davis lo scorso anno e quanto abbia pesato il suo infortunio nella serie con Phila? Ecco, adesso al suo posto c’è un certo DeAndre Jordan e, se Davis era un backup naturale, il nuovo arrivato ha raramente saltato una partita da titolare. A differenza di molti altri, io resto convinto che il partente sarà ancora Allen, ma, come tutti, credo che il ruolo di Jordan sarà cruciale e che la staffetta tra i due sarà utilizzata senza soluzione di continuità;
– motion offense: sarà ancora il mantra, statene certi! Ci aspettiamo Levert titolare al fianco di Irving e, se le qualità di playmaking del secondo sono note ai più, quelle del primo non fanno notizia per i tifosi bianconeri, ma, sotto i riflettori della nuova era mediatica di Brooklyn, stupiranno tutti gli altri, e la circolazione di palla non potrà che beneficiarne. Lo stesso coach ha già affrontato il tema in conferenza stampa, raccontando come lo stesso Kyrie abbia sottolineato le proprie qualità off the ball, quasi ad auspicare un impiego di questo tipo. Perfino in una stagione difficile e non certo eccelsa, come quella appena trascorsa, i numeri gli danno ragione: due triple su tre sono arrivate su assist e la percentuale sale ulteriormente in occasione delle vittorie.
– tiro da tre punti: provo a disegnare uno scenario e sono abbastanza certo che lo vedremo, pur con mille varianti, piuttosto spesso. Palla a Levert, pick and roll con Allen, penetrazione del palleggiatore, sul quale fisiologicamente scivola in raddoppio il lungo, a chiudere il corridoio: a quel punto, anche qualora il ferro fosse oscurato (e non è facile fermare il #22, nonostante non sia un peso massimo), oltre al rollante sotto canestro (the fro non è certo battezzabile, in area!), sul perimetro ci sono tre tiratori del calibro di Irving, Harris e Prince… La butto lì: l’attacco dei Nets ha il cielo come limite e fermarlo non sarà facile per nessuno!
Pertanto mettetevi comodi e fate scorta di birra e di sonno, perché il conto alla rovescia sta iniziando ma, se non siete avvezzi alle ore piccole, non temete: tra un mese saremo qua con dovizia di particolari! Non a caso ci chiamiamo #stillawake…