https://youtu.be/ySysvxloIis
Una serie quasi al capolinea, fiumi di inchiostro virtuale spesi intorno alla fine già annunciata di una dinastia, l’alibi dell’assenza del giocatore più completo al mondo, intorno al quale (detentore di player option per la prossima stagione ma dai più dato per certo ad annusare il mercato) altri fiumi di parole per descrivere le strategie di mercato di tutte (dicasi tutte!) le franchigie appena in odore di adeguato spazio salariale, tutte disposte a stracciarsi vesti e roster pur di firmarlo.
Di fronte ad un simile scenario preapocalittico, il protagonista, forse involontario, al secolo Kevin Durant, che fa?
Rischia.
Accelera i tempi di guarigione dallo stiramento al polpaccio rimediato nella sfida con Houston. Sembra passato un secolo.
Gioca un primo quarto da par suo, senza forzare.
Poi, in un banale palleggio in semi-crossover, lascia la palla, ci mette qualche secondo per realizzare e, infine, si accascia a terra. Il replay, ormai virale, è impietoso: si vede il polpaccio risalire in modo innaturale lungo la gamba, quasi rimbalzando. Come catapultato da un elastico. Rottura del tendine d’Achille, la diagnosi più verosimile, praticamente certa, anche se si aspetta il responso della risonanza magnetica. Certo una conseguenza, e la peggiore possibile, della precedente lesione, non perfettamente guarita. Locus minori resistentiae…
Si consuma un dramma sportivo: è un infortunio gravissimo, che richiede una tenorrafia in tempi rapidi e una riabilitazione lunga una stagione. Dopo aver assistito ad una postseason senza LeBron, sembra dovremo rassegnarci ad un’intera stagione regolare senza KD: dal punto di vista dello spettacolo puro, una rinuncia incommensurabile.
Scontato, ma non abbastanza da essere taciuto, l’incoraggiamento, personale e di #all-around.net, all’uomo e al giocatore. Altrettanto, il biasimo ai tifosi che hanno festeggiato l’infortunio di uno degli avversari più temuti ma leali: tutto il mondo è paese, ma non facciamo mai di tutta l’erba un fascio: molti avevano le mani nei capelli, hanno applaudito per incoraggiare il guerriero caduto, lo stesso Drake ha mostrato tutto il suo dispiacere e disappunto. Sempre sbagliato generalizzare, anche se, sul momento, la reazione istintiva è stata quella di augurar loro le saette degli dei del basket.
Golden State, però, non ne ha avuto bisogno, si è rifiutata di arrendersi, ha strappato il passi per gara-6 con rabbia e classe insieme. Mai sottovalutare il leone ferito: venderà cara la pelle, e non è finita qui. Grazie, dei, per averci assicurato ancora due ore di tutto questo. Grazie, Curry, grazie Klay, per questo e per tutto ciò che avete dato alla pallacanestro: dopo questi anni, il nostro sport non sarà più lo stesso, arricchito di una mitologia di cui potremo fregiarci, nei racconti, con i nostri figli. Comunque vada.
Ora, però, la figura di KD è talmente grande, che la sua caduta rischia di causare un terremoto senza pari subito dopo la consegna del Larry O’Brien. Anzi, probabilmente le faglie sono già in movimento.
Golden State, probabilmente, si vedrà il fuoriclasse dall’aria malinconica e col numero 35 esercitare la player option e, quindi, recapitare a casa una bolletta da 31,5 milioni. Con annessa ipoteca sul rinnovo di un certo Klay Thompson, per dirne una.
Le due newyorchesi, già pronte a duellare, non certo di fioretto, sul ponte di Brooklyn, per firmare la coppia Irving-Durant, potrebbero ora girarsi altrove e fare come la volpe con l’uva. Peggio per i Knicks, che puntano tutto su questa FA per tornare competitivi, mentre i Nets potrebbero riesumare il piano A e maxare Russell, cercando uno stretch four, ad esempio.
Lakers e Clippers torneranno in auge prepotentemente, a spese delle squadre dell’Est e ringalluzzite dal venir meno (ipotetico) della regina incontrastata, e accelerare sui fronti Leonard e Davis, o tentare lo stesso Klay a firmare il suo massimale e, insieme, il tramonto di un epoca.
E questo è niente, perché tutto il resto, a cascata, sarà una reazione a catena degna dell’apocalisse nucleare, proprio alle porte della Free Agency più ricca di sempre…
Fiumi di odio per aver scelto di andare a vincere sul velluto e verso la franchigia che ha fatto incetta di star (non noi…), fiumi di lacrime di coccodrillo, oggi. Il re è morto: viva il Re!
Ma quest’uomo, credeteci, non di accontenterà di essere leggenda: Kevin Durant tornerà. E avrà ancora ragione lui. Come sempre!