Ripensando, a mente fredda, a quanto accaduto entro la sera del 7 febbraio, torna in mente la previsione formulata nella rubrica #insideout in tempi non sospetti: che sarebbe stata una finestra di mercato interlocutoria e che i GM si sarebbero riservati il meglio per il mercato dei free agent, la prossima estate. Successivamente ci eravamo quasi ricreduti, alla luce dell’assalto dei Lakers a Anthony Davis: fosse andato in porto, la reazione a catena avrebbe causato un’apocalisse nucleare dalle conseguenze inimmaginabili!
A conti fatti, potremmo concludere che in medio stat veritas: tanti movimenti e non di poco conto, tanto in vista della volata playoff, quanto in ottica futura, ma il botto, quello vero, è stato disinnescato, la mano di un misterioso artificiere ha tagliato la miccia un secondo prima della deflagrazione e la sensazione, guardando dall’esterno, è che tutti i protagonisti della trade mancata siano rimasti attoniti e con il cerino in mano. Davis compreso. Procediamo con ordine.
Porzingis a Dallas: la più bella coppia europea della storia? Il mercato si è aperto con il blockbuster che ha portato Kristaps Porzingis (e Lee, Hardaway e Burke…) a Dallas in cambio di Matthews (subito tagliato e accasatosi a Indianapolis), Jordan e Dennis Smith Jr. (l’unico, forse, candidato ad avere un ruolo nei Knicks del futuro). Entrambe le franchigie, in odore di tanking (per la verità per i newyorkesi, ad oggi alla diciassettesima sconfitta consecutiva, si tratta di tanfo vero e proprio, mentre Dallas continua a battersi), hanno giocato al buio e puntato forte sul futuro prossimo: i Mavs rischiano tutto sul ritorno del lettone ai fasti antecedenti l’infortunio, mentre i Knicks liberano enorme spazio salariale ponendosi in pole position per aggredire la free agency tra qualche mese. Se le scommesse andassero in porto, i texani si ritroverebbero un nucleo fondante dal potenziale illimitato, con Luka Doncic e KP, giocatori versatili, potenti, dalla mano morbida, intelligenti e con un buon decennio di dominio di fronte a sé. C’è il potenziale per rappresentare un nuovo spartiacque nella storia della Lega: una squadra fondata su due superstar europee! D’altro canto, a New York, ci sarebbe la possibilità di pescare Zion Williamson al draft (chi si sentirebbe di non scommettere su di lui, come la superstar degli anni ’20?) e firmare non uno, ma ben due fuoriclasse a luglio (i nomi più ricorrenti? Kyrie Irving e Kevin Durant!) per dare l’assalto immediato per lo meno alle finali di Conference. Prospettive niente male, a patto che la ciambella riesca col buco… Ad oggi, le carte più in regola per sbancare il tavolo sembrerebbero nelle mani dei blues texani, mentre l’attrattiva della Grande Mela verso le superstar è un tantino appannata dalla pessima tradizione recente e da un farm system ormai quasi depleto, fatti salvi Knox e qualche pia speranza. Basteranno, per convincere chi, finora, ha sempre preferito giocare sul velluto?
Tobias Harris a Philadelphia, Marc Gasol a Toronto, Nikola Mirotic a Milwaukee: all-in sul 2019? Con Indiana a leccarsi le ferite per essere rimasta orfan
a della rising star Victor Oladipo (ma che, paradossalmente, ha infilato sei vittorie senza di lui…), con i Celtics testardamente (e, forse, giustamente, visti i più risultati) intenzionati ad an
dare avanti co
n questi uomini, le altre tre candidate alle Finals, ad est, hanno portato a termine i lifting più affascinati: prima di tutte si sono mossi i 76ers, approfittando della voglia di creare spazio salariale dei Clippers, accaparrandosi uno dei più intriganti FA, Tobias Harris (insieme a Scott e Boban Marjanovic). Sulla sponda “povera” di Los Angeles approdano, invece, due prime scelte future (a lume di naso, i veri obiettivi losangelini), Muscala (subito scambiato con i cugini Lakers per Zubac) e l’interessantissimo prospetto Shamet. Una trade win-win ma che pone senza ombra di dubbio Philadelphia sotto i riflettori in vista dell’ultimo atto della stagione, con un quintetto da favola cui si chiede solo di trovare la chimica giusta per iniziare a sognare. A rimpinguare la panchina è arrivato anche l’altro Simmons, da Orlando, liberando l’oggetto misterioso degli ultimi draft, Markelle Fultz, su cui i Magic proveranno a scommettere per il recupero fisic
o e, probabilmente, psicologico, di un ragazzo talentuoso ma con più di un limite. Più chiaro di così, l’all-in su questa stagione, non potrebbe essere…
Forse meno rumorose, ma probabilmente (e il campo sembra sottolinearlo fin da subito) più immediatamente integrabili nei rispettivi sistemi, le contromosse delle concorrenti: Marc Gasol come centro di esperienza in una squadra che fa della circolazione di palla uno dei suoi pezzi forti ci sta come il cacio sui maccheroni e rappresenta un ulteriore upgrade rispetto al pur volenteroso Valanciunas, mentre Mirotic, stretch four se ce n’è uno, semplicemente sembra nato apposta per ingranarsi alla perfezione nei già oliati meccanismi “five out” dei Milwauee Bucks, serissimi candidati al primo posto in regular se
ason, a questo punto. Basterà, coach Bud, per fare qualcosa di più e di meglio dei favolosi Hawks di quattro anni fa?
Crisi LeBron. Detto del rocambolesco scambio di Harrison Barnes a Sacramento, con i Kings che, evidentemente, non demordono nella corsa playoff, chi, ad oggi, dal novero delle promosse resta fuori, clamorosamente, sono proprio i Lakers, tuffatisi a capofitto nel mare agitato delle trade e riemersi, dopo aver scatenato un uragano, a conti fatti con un pesciolino in mano. Il polverone montato da Magic Johnson, verosimilmente sulla spinta della fame rabbiosa di LeBron (che si dichiara innocente, però), per portare subito in gialloviola Anthony Davis ha scatenato il finimondo, lasciando solo postumi fastidiosi nello spogliatoio del povero Walton. Le offerte (fatte o non fatte, a questo punto, non lo sapremo mai, ma poco conta) messe sul piatto, la società disposta a rinnegare tutto quello che aveva faticosamente costruito negli anni del rebuilding e del dopo-Kobe, pur di vincere subito, lo spogliatoio diviso in due, le aggressioni verbali, forse ingigantite dai rumors, a scapito del coach e ad opera dei veterani, si mescolano con l’amarezza per ciò che poteva essere e non è stato, con la sfiducia che i giovani percepiscono intorno a loro e con gli infortuni (per un Rondo che torna in campo, un Lonzo che si fa male di nuovo, ora pare anche Hart…), la partenza di Zubac per far arrivare Muscala (una mossa che qualcuno dovrà pur spiegarci) e i successi ancora a singhiozzo, nonostante la spettacolare vittoria a Boston, con buzzer velenoso proprio dell’ex con la canotta numero 9. E i risultati stentano ad arrivare, con LBJ che continua a collezionare statistiche da capogiro, ma pare predicare nel deserto. Davvero un bel risultato, non c’è che dire…
Noi ci avevamo provato, a dirvelo… Come avevamo preventivato, sarebbe stato più razionale aggiustare l’aggiustabile e continuare con il nucleo Ball-Ingram-Kuzma investendo su di loro, andare alla conquista di un posto in post-season ed attaccare poi la FA per affiancare una star o due al Re. Il risultato finale, adesso, è lo stesso ma, lungo il percorso che si è scelto per arrivarci, si sono perse coesione e fiducia. Probabilmente i playoff arriveranno lo stesso: troppo acerbi i Kings, troppo rinunciatari i Clippers, ma la sensazione è quella del giocattolo rotto prima ancora che iniziasse a funzionare davvero. Un ciclone si è abbattuto su Los Angeles: LeBron James. Ma, invece di distruggere gli avversari, finora, ha fatto macerie in casa. Per il bene del basket, ci auguriamo che le cose vengano presto messe a posto e i cocci ricomposti: dopo, affrontare LeBron in post-season sarà un incubo per chiunque, ma non sarà semplice. La domanda spontanea che sorge a questo punto è: perché diavolo i Pelicans hanno rifiutato una simile offerta? Le possibili risposte, a mio avviso, sono solo due: o l’offertona contenente tutto il nucleo giovane dei Lakers è stata montata dalla stampa ma non è mai stata formulata, oppure qualcosa o qualcuno deve aver convinto NOLA che si possa ricevere qualcosa di più e di meglio. E qui riprendo il filo del misterioso artificiere : che ci sia la longa manus di Ainge dietro il gran rifiuto? Il suo interesse morboso per Davis è arcinoto, ma per via del regolamento NBA non potrà guidare l’assalto al monociglio prima del 1 luglio… Sono solo mie supposizioni, per carità, ma…tertium non datur!
I buyout: c’è ancora carne sul fuoco… Una caratteristica segnante per la quale il sottoscritto ricorderà questa deadline è che, come nel ballo della sedia, alla fine della musica molti attori, neppure troppo di secondo piano, sono rimasti in piedi. Chiaro, è sempre successo, ma i nomi in ballo, oggi, sono più che mai appetibili per chi abbia modo di far loro posto nel roster. Tra loro, una pletora di lunghi, il primo dei quali, Enes Kanter, ha già trovato alloggio a Portland, come rincalzo di Nurkic e il secondo, Markieff Morris, sta firmando in queste ore per i Thunder. Sul mercato, per lo più a costo di saldo, anche Robin Lopez, Kaminsky, Monroe, Zach Randolph e Carmelo Anthony (Z-Bo e Melo, capito?!?), B-Easy, un lussuoso specialista del pick & roll come Gortat, nientemeno che Milos Teodosic e JR Smith in rappresentanza delle guardie. Ce n’è abbastanza per metter su, con un po’ di fantasia e di nostalgia, un quintetto niente male!
In soldoni? Sensazione (neppure troppo) personale: il fossato che divide le prime 4 da tutte le altre, nella Eastern, si è significativamente dilatato, mentre quello che, tra le migliori delle due Conference, pareva un oceano, oggi ha le fattezze di un lago. Sulla carta, eccetto i Warriors, che paiono aver ingranato la sesta, pur battendo ancora qualche colpo in testa, c’è ancora qualcuno che giurerebbe sulla superiorità di Nuggets o Thunder rispetto a Celtics o Raptors? Se si, escludete me da quel novero.
Ed ora, pronti a ricaricare le batterie per una settimana, armati solo di birra e pop corn, per gustarci lo show di Charlotte? Noi si, a dispetto degli snob che attribuiscono all’ASG un ruolo sempre più marginale, quasi fosse una fastidiosa interruzione pubblicitaria nel momento clou di un film.
Vi avverto, però: senza staccare la spina! Le emozioni covano sotto la cenere pronte ad infiammare gli animi al primo soffio di vento, il mercato NBA non dorme mai e neppure noi di #insideout, che quelle emozioni e questo mercato abbiamo la presunzione di raccontarvi, ogni tanto…
Stay tuned!