“Sfortunatamente, non potrò unirmi alla Nazionale per le prossime partite di qualificazione mondiale. Rappresentare il mio paese è da sempre importante per me e non vedevo l’ora di giocare con l’Italia. I consulti con i Clippers, lo staff medico e il mio agente hanno portato però alla conclusione che è meglio io rimanga negli Usa per prepararmi al 2018-19 Nba anziché partecipare a queste partite. Il mio obiettivo è iniziare forte la stagione fin dal training camp per assumere il ruolo di leader della squadra. Auguro il meglio alla Nazionale e spero di unirmi alla squadra per i Mondiali l’anno prossimo con l’identico obiettivo: competere e vincere al più alto livello”.
Con queste parole, affidate a un comunicato stampa, Danilo Gallinari ha fatto sapere al mondo cestistico italiano che non sarà presente alle due partite di qualificazione che la Nazionale disputerà il 14 e il 17 settembre contro Polonia (a Bologna) e Ungheria (a Debrecen).
Sei righe, chiare e inequivocabili che hanno di nuovo aperto una discussione che sul Gallo periodicamente si scatena da quel famigerato pugno nell’amichevole contro l’Olanda: l’interesse personale ed economico (dei Clippers) è stato ancora una volta preponderante rispetto all’amore e all’attaccamento per la maglia Azzurra. La vulgata delle ore subito successive al comunicato è stata questa, con picchi di disapprovazione sparsi nell’etere dei social e il rincaro delle dichiarazioni al vetriolo di coach Sacchetti, chiosa a una querelle nata in grembo a questa nuova Nazionale.

Pescando a caso da Facebook
Una storia che segue una logica semplice e, apparentemente, ovvia: Gallinari, teorico leader del movimento baskettaro italiano attuale, atteso ad essere il faro che illumini la via ai futuri Mondiali, a maggior ragione dopo la pessima figura dell’estate 2017 e l’addio non semplice anche con Ettore Messina. Affida a uno scarno comunicato stampa le parole che lasciano l’Italia orfana di lui, dopo aver detto a più riprese che la maglia dell’Italbasket è la priorità assoluta per lui.
Un tradimento nel vero senso della parola. Che lascia sulle spalle di un gruppo con palesi limiti di talento il peso di una qualificazione non semplice.
Dagli al Gallo, insomma.
Ma la sostanza è un po’ più complessa di quello che traspare in superficie.
Con un caveat necessario: le responsabilità lato Danilo ci sono eccome. In questa situazione ci si è messo lui con le sue mani (letteralmente). Da quel pugno a Kok la gestione delle relazioni pubbliche in merito è stata quanto meno disastrosa. Dall’uscita infelice da quella Nazionale, senza parole ufficiali che hanno dato vita a tutte le congetture e ai sentito dire del caso, fino alle notizie di lui in assetto da allenamento a a una decina di giorni dal termine degli Europei. Una cosa normale, in realtà, ma uscita senza un minimo di contesto o un chiarimento che impedisse alle voci di montare ulteriormente.

Danilo Gallinari by Ciamillo FB
Passando per le dichiarazioni d’amore alla maglia che lasciavano aperto uno spiraglio per la sua partecipazione alle Qualificazioni Mondiali. Spiraglio che, molto probabilmente, non si è mai realmente concretizzato. Il tutto intervallato dalla polemica a distanza con Meo Sacchetti.
Gallinari è cascato in ogni trappola dialettica, finendo per far danni non indifferenti alla sua immagine. Almeno nello Stivale.
Però, come detto, c’è altro. C’è tutto quel contesto che Gallinari e il suo entuorage, in maniera abbastanza incomprensibile, non hanno mai cercato di chiarire. Se non altro a chi oggi vede in lui un viziato multimilionario che pensa solo a sé stesso e sventola un falso amore per i colori nostrani.
Ci sono, ad esempio, i sessanta e rotti milioni di dollari che i Los Angeles Clippers gli hanno garantito fino al 2020. Che vanno ad aggiungersi ai numerosi problemi fisici avuti in passato, aumentati dalle 61 partite saltate quest’anno tra i postumi della frattura alla mano estiva e svariati problemi muscolari.
C’è, per l’appunto, una storia medica passata particolare e molto precisa, che parla di un giocatore con un fisico superbo ma delicato come cristallo: problemi continui alla schiena negli anni a New York, un legamento crociato lasciato a Denver, problemi muscolari di varia natura a LA. Il tutto alla soglia dei trent’anni. Da giocatore di riferimento di una squadra che deve difendere il proprio onore in città, a maggior ragione ora che, con lo sbarco di LBJ, le porte dell’oblio sono spalancate.
Il tutto ammantato dall’ovvio, e commisurato alle cifre pagate, potere che la NBA esercita.
Shakerate l’intruglio con il folle calendario internazionale partorito da mamma FIBA e il risultato è un cocktail che neanche nei peggiori bar di Caracas.
Mettendo assieme i pezzi, c’è una franchigia, i Clippers, che ha tutto il diritto di imporre una scelta al suo giocatore più pagato (neanche di poco). Considerato anche cosa ha voluto dire per lei l’ultimo giro di Danilo con la canotta azzurra indosso. All’interno di una Lega, la NBA, che certamente non ha visto di buon occhio le scelte FIBA dell’ultima stagione e che, tra le altre cose, comincia la sua stagione con un paio di settimane d’anticipo rispetto al recente passato.

Milioni di buoni ragioni per cui i Clippers si debbano preoccupare della salute di Danilo
Di qua dall’Oceano, invece, una Nazionale alla ricerca disperata di qualità, che al contempo, però, lo ha messo nel mirino quasi come un reietto. Dall’allenatore che non gli ha mai risparmiato una critica in pubblico, ai tifosi che di conseguenza ora lo vedono come una specie di traditore.
E tutt’intorno un quadro Europeo dove su venti giocatori NBA convocati dalle rispettive nazionali solo cinque hanno dato disponibilità.
https://twitter.com/loupaya/status/1032585814377738240
Tra quei quindici che hanno detto no, o sono comunque in forse, anche Marco Belinelli, peraltro. Lui pure trovatosi a dover dare priorità a una stagione NBA molto importante per lui, di ritorno nella “sua” San Antonio. Con il merito di averlo comunicato, di fatto, con largo anticipo.
Insomma, la caccia al Gallo che si è scatenata in queste ore è contemporaneamente fisiologica ma poco logica.
E’ giustificata da dichiarazioni del diretto interessato, rinfocolate dal coach della squadra, che avevano alimentato speranze. Speranze bruciate nel lasso di tempo di un freddo comunicato.
Poco logica se si guarda al contesto generale in cui la decisione, abbastanza inevitabile, si è consumata.
Servirebbe equilibrio. Servirebbe giudizio. Servirebbe non farsi prendere dall’impeto della situazione. Servirebbe maggiore presenza da parte di tutti gli attori coinvolti.
Servirebbe tutto quello che, ciclicamente, sembra mancare al basket italiano.