Roma, 30 aprile 2018 – Doveva essere “Un anno da Leoni” la stagione 2017-18 per la Leonis Eurobasket Roma, come recitava il non forse originalissimo ma efficace claim della campagna abbonamenti (dedicato ad honorem al main sponsor stesso, fresco di promozioni pubblicitarie cestistiche), che annunciava a settembre 2017 l’inizio della nuova annata agonistica, facendo bella mostra di se su numerosi cartelloni pubblicitari in città in modo elegante e sobrio.
E doveva essere l’anno, il primo anno dopo l’ascesa di A2 e relativa buona stagione di consolidamento con Playoffs sfiorati per un soffio, per porre delle solide basi allo scopo d’iniziare l’altra ascesa, quella verso il basket di vertice della Lega A, per una città come Roma che consta di decine di migliaia di praticanti a tutti i livelli ma senza più avere una squadra che possa rappresentarla ad esempio anche nelle Coppe Europee.
Inoltre, la stagione 2017-18 poteva essere per la Leonis Eurobasket il primo, significativo passo, per mettere in chiaro le concrete differenze, sempre in un clima da sana rivalità stracittadina e nulla di più, tra quanto di positivo avesse generato negli ultimi anni il duro lavoro del Presidente Armando Buonamici e del suo team ad impronta familiare paragonato a come invece l’altra famiglia romana, ovviamente quella impersonificata nella figura dell’ing. Claudio Toti, avesse fallito nell’ormai quasi ventennale tentativo di portare la Virtus Roma e quindi Roma tra le città più importanti della pallacanestro continentale per riallacciarsi al discorso di prima, operazione ad esempio ben riuscita all’Olimpia Milano ma questo è un altro discorso…
Ma tornando ai nostri Leoni biancoblù, purtroppo ed amaramente, tocca constatare con profondo dispiacere personale che quanto elencato sopra non sia proprio accaduto.
Anzi, alla fine di tutto, il verdetto del campo è stato perfino lusinghiero per una squadra che è stata baciata in parte dalla Dea Bendata in alcuni fondamentali momenti della stagione agonistica, momenti che le hanno consentito di portare a casa quelle vittorie indispensabili per potersi salvare evitando la doccia scozzese dei Playout. Ma quali sarebbero stati i momenti ai quali faccio riferimento?
1. Aver incontrato in stagione Napoli nei due momenti in cui il team partenopeo doveva, nel match dell’andata, registrare ancora al meglio un roster comunque già poco competitivo e, al ritorno, mentre il team azzurro stava rivoluzionandosi dopo un girone d’andata ai limiti della decenza agonistica, giocando a Roma a metà gennaio il match vs la Leonis con appena 6 giocatori abili ed arruolati;
2. Aver battuto a domicilio Agrigento all’ultima gara del girone di andata in una partita più unica che rara in cui i siciliani hanno battuto il record negativo di punti mai segnati in un match casalingo: appena 40;
3. Aver battuto la Mens Sana Siena in casa grazie a due liberi, contestatissimi, a gara finita e quindi al 40′ di gioco, situazione che in termini tecnici non accade di sovente.
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4. Aver avuto in David Brkic l’esecutore della tripla del +9 nel vittorioso derby di ritorno, un tiro ben preso in verità ma sfruttando la dabbenaggine tecnica dei cugini della Virtus Roma, sconfitti nel cuore e nella testa e, cosa ancor peggiore, non attenti al punto da impedire la comoda tripla allo scadere dell’ala biancoblu, il tiro che di fatto ha salvato la Leonis dai Playout condannando poi automaticamente invece l’Urbe.
Dal punto di vista tecnico quindi una stagione negativa e travagliata. Eppure il roster di partenza non era per nulla male, tutt’altro. In molti, sottoscritto compreso, si pensava che la squadra allestita tra l’altro con un tempismo ed una sagacia operativa insospettabile e fattiva, avrebbe potuto ben figurare e perchè no, arrivare ai Playoffs non senza sudare. Confermato in panchina Davide Bonora ed affiancatogli nello staff tecnico Alex Righetti giunto al capolinea agonistico (non senza qualche rammarico), il Presidente Buonamici si lasciava andare a proclami da squadra “..Da primi 4 posti nei Playoffs” ma più che altro, ho pensato fosse un dare la giusta carica ad un gruppo nuovo di zecca, frase quindi corretta anche se “impegnativa”.
Poi un precampionato così così, 3 sconfitte su 3 vs Scafati ma soprattutto una strana tendenza dei giocatori al riposo precauzionale che impediva al roster di essere sempre al completo in queste gare, dove invece sarebbe stato indispensabile stringere i denti per alzare il livello di affiatamento reciproco in partita, senza contare il segnale che si sarebbe dato al gruppo in termini di sacrificio. Un clima da predestinati alla vittoria direi, in cui la conoscenza amicale fuori dal campo dei componenti avrebbe dovuto essere un plus, cosa che invece non è stata.
Poi la prima di campionato, la buona prova di Napoli seppure condizionata da quanto accennato prima e subito dopo il debutto in casa vs Casale Monferrato. E purtroppo lo spettacolo visto in campo non poteva essere altrimenti che lo specchio, abbastanza fedele, di una squadra poco predisposta al sacrificio di squadra, presuntuosa e contrapposta invece a colei che alla fine del torneo avrebbe vinto addirittura il girone Ovest: come per dire che fin da subito, che se si lavora bene, i frutti son visibili e non rimandabili alle calende greche.

Coach Bonora con il suo team della Leonis in precampionato
Trasferta di Tortona, altra sconfitta, meno umiliante ma sempre con le stimmate di questa non-voglia di giocare di squadra e l’incredibile scelta di mandare a casa Davide Bonora. Come scrissi all’epoca, un grave errore, fatto certamente in buona fede ma più di pancia che di testa, un esonero che testimoniava a mio avviso una situazione fuori controllo da parte della Dirigenza. E l’arrivo del giovane coach Andrea Turchetto, una scelta che in pochi abbiamo compreso (gli stessi “molti” che tendono ad applaudire sempre ma che poi tendono, a spalle girate, a dire le cose come stanno in separata sede), non solo non ha migliorato le cose ma, entro certi termini, le ha anche peggiorate e non solo per i limiti caratteriali di una persona che, senza dubbio, in futuro potrà farà grandi cose in quanto valido e scrupoloso professionista in palestra, ma raramente in grado di cogliere in campo, durante le gare, la lettura esatta e come ovviare al mutare tecnico delle stesse. Se a questo poi aggiungiamo la sua ovvia, logica e scarsa attitudine ad oggi di gestire gente navigata come Moe Deloach, Alessandro Piazza, DeShawn Sims o David Brkic, solo per citarne alcuni, capirete anche voi che quanto espresso in campo non poteva che essere un insieme di cuore, grinta e volontà ma di scarsa lucidità in certi momenti agonistici. Domanda: Davide Bonora avrebbe potuto fare di peggio? No.
Quindi una scelta errata dal punto di vista tecnico, ma non solo. Ad esempio, come concedere una leadership quasi incondizionata a Moe Deloach il quale ha spesso esagerato nelle soluzioni personali nei momenti importanti delle gare, senza che qualcuno intervenisse per far capire alla combo-guard americana l’importanza della selezione corretta magari dell’ultimo tiro? E cosa dire dell’allontanamento di Mitch Poletti, oggi protagonista a Verona con la Scaligera nei Playoffs, autore anche di alcune prestazioni decisamente imbarazzanti e già in rotta con l’ambiente e comunque utilizzato in campo (vedasi gara in casa vs Trapani e derby di andata vs la Virtus Roma)? E dello scarso utilizzo di Eugenio Fanti o dell’uso di Capitan Bonessio in attacco in un ruolo non certamente ritagliato per lui? E l’uso esagerato del tiro da tre?

Coach Turchetto con il suo team by Tiberi
Per fortuna, non tutto è andato poi così male. Tecnicamente ci sono state anche cose positive come l’arrivo di gente come Simone Pierich, Luca Cesana e Marco Venuto, giocatori che hanno ricompattato uno spogliatoio scosso dall’allontanamento di Poletti, Cecchetti e Frassineti, ed anche buone partite come vs Latina in casa e fuori o vs Treviglio in casa e Cagliari sempre in casa ed anche vs Biella ma sempre episodi isolati, mai una serie di prestazioni convincenti e vincenti in modo da proiettarsi stabilmente in zona Playoffs: esplicativa, ad esempio, la fase del girone di ritorno caratterizzata da buona vittoria in casa vs Tortona seguita dalla brutta sconfitta di Scafati; poi il trittico di W vs Biella, Siena in casa e Latina fuori che sembrava aver proiettato definitivamente la Leonis nelle alte sfere del campionato, salvo poi inciampare maldestramente in casa vs Reggio Calabria e perdere malamente lo scontro diretto di Treviglio: difficile andare in paradiso con questi alti e bassi!
Tirando le somme, era chiaro che la Leonis Eurobasket non avrebbe mai ammazzato il campionato ma certamente, gestita in modo differente dalla panchina, avrebbe potuto dare di più, anche senza quel centro che alla fine ha pesato molto negli equilibri, comunque precari, di una squadra in campo che nei momenti di difficoltà ha spesso, fuori casa, perso la trebisonda denotando limiti strutturali insospettabili teoricamente.
Ma aldilà di questo, è stata comunque una stagione da dimenticare per la Leonis Eurobasket che forse, dopo anni positivi, vissuti invece in maniera esaltante con la promozione dalla B nel 2015-16 alla A2 e successiva prima stagione ben disputata sfiorando addirittura i Playoffs, ha sottovalutato in maniera eccessiva le complessità tecniche del campo e del dover gestire una squadra, anche fuori del terreno di gioco, che ambisca a traguardi importanti, composta da giocatori di peso ai quali non si può dare eccessiva “confidenza”. E purtroppo gli errori sono stati molto simili a quelli commessi dal dirimpettaio giallorossoblu della Virtus Roma visti ed elencati dal sottoscritto negli anni passati, specialmente anche in termini di comunicazione.
Eh sì, la comunicazione. Una squadra che, ad esempio, ambisce a voler disputare i Playoffs comunica di più durante la settimana in termini quantitativi e qualitativi. Invece in questa stagione, la sezione suddetta ha lavorato molto di meno rispetto al passato, generando nel sottoscritto una qual certa sorpresa in negativo. L’aumento positivo delle presenza sui socials non è stata bilanciata da una eccellente presenza invece riscontrata nel campionato di Serie B 2015-16, allorquando l’ufficio stampa dell’allora Roma Gas&Power produceva notizie, interviste, statistiche dando la netta sensazione di essere, come poi è stata, la regina incontrastata del suo girone ed approdando meritatamente in A2. Certo, rispetto al poco prodotto dalla concorrenza sull’altra sponda del Tevere, la Leonis ha fatto di più ma sempre molto di meno di quanto avrebbe, potuto e perchè no, saputo fare, fermo restando che certe decisioni van prese comprendendone azione e scopi.
In conclusione, azzerare molte cose e ripartire. La stagione amara e sbagliata capita a tutti prima o poi, l’importante è non ripetere certi errori tecnici ma soprattutto, agire e pensare senza comprensibili condizionamenti ambientali al quale sembrerebbe essere troppo sensibile la Dirigenza biancoblu. Sono sicuro infatti, a confutazione di quanto scritto prima, che l’aver riportato Davide Bonora in un ruolo importante nel nuovo assetto dirigenziale, anche se non da Head Coach, abbia dato l’inizio ad una stagione 2018-19 che potrà essere quella del riscatto perchè la passione e la voglia contagiosa di fare è un carburante indispensabile ma da sola ahimè non basta a far vincere i campionati.
Fabrizio Noto/FRED