Quando, solo pochi giorni or sono, All-around.net decideva di darsi un taglio un tantino differente dal solito presentando la nuova regular season, mettendo, cioè, sotto i propri riflettori la piaga degli infortuni, nessuno di noi si aspettava di aver tanto centrato il punto da rasentare la chiaroveggenza: ciò che è accaduto durante l’opening day, spalmato su due serate (nottate, per noi italiani), rischia di stravolgere gerarchie ed equilibri, ben oltre i meriti sportivi, per l’intero arco della stagione.
Quella stagione che, fin dall’apertura del sipario, perde già due sicuri protagonisti: Gordon Hayward (frattura della tibia con dislocazione secondaria della caviglia) e Jeremy Lin (rottura completa del tendine rotuleo) saranno entrambi costretti a ricorrere alla chirurgia e a dedicare l’annata sportiva alla riabilitazione, nella speranza, alla quale tutti noi ci associamo, di tornare più forti di prima.
Sulla drammaticità degli eventi traumatici, assolutamente sfortunati, non è il caso di tornare a chiacchiere: nell’era dei social lasciamo parlare le immagini, e siamo certi che tutti gli appassionati abbiano già assistito, sgomenti, a quelle scene di dolore e sconforto di entrambi i protagonisti.
Io personalmente, entrambe in diretta.
Anche a voler sorvolare sull’infortunio rimediato da Draymond Green (fortunatamente la risonanza magnetica del ginocchio ha escluso complicanze), che pure, a mio avviso, ha inciso non poco sull’esito della sfida con i Rockets, c’è di che mettersi le mani nei capelli e di che riflettere, sul prossimo futuro di Celtics e Nets!
Proviamo a farlo proprio alla luce di quanto visto sul campo nelle partite in questione.
Partiamo dai verdi: Danny Ainge, quest’estate, ha letteralmente smantellato la seconda forza della Eastern Conference, rinunciando a quattro quinti dello starting five, alla sua star ed a giocatori di importanza tattica forse sottovalutata, per mettere insieme una coppia favolosa nel backcourt: Kyrie Irving e, appunto, Gordon Hayward. Accorciando le rotazioni (opinione personale) e puntando forte sulla crescita di rookies (Jayson Tatum) e sophomore (Jaylen Brown), nonché degli eterni rincalzi Rozier e Smart. Gordon era la chiave, su ambo i lati del campo, per assicurare, nelle strategie di Stevens, equilibrio e collante tra i reparti (nella fluida accezione che ne dà Brad Stevens) e le fasi del gioco. Fuori lui da subito, dopo l’iniziale, prevedibile sbandamento che ha rischiato di esitare in un tracollo alla Quicken Loans, il futuristico coach ha disegnato uno smallball zeppo di giovanotti di sicuro talento e grinta, schierati intorno al totem Aron Baynes o ad Alford, mandando in crisi la truppa di LeBron ed arrivando ad un passo dal coronare la clamorosa rimonta, che avrebbe avuto il sapore di una sceneggiatura. Punita solo da King James e da qualche dubbia decisione arbitrale nei momenti nevralgici del convulso quarto periodo (ancora opinione personale). Prospettive future: the sky is the limit, se questi ragazzi continueranno a crescere con questo coefficiente di velocità. Possibilità intatte di puntare alle finals? Non scherziamo… Anche ricorrendo (probabile) all’eccezione-infortuni (bonus salariale) prevista dal regolamento, una star del calibro di Hayward sarà difficilmente raggiungibile. Qualcosa, nelle gerarchie dell’Est, potrebbe cambiare, eccome. Ed è un peccato, davvero, che debba accadere così.
Capitolo Nets: Lin deve avere un conto aperto con la sfortuna tanto quanto la franchigia di Brooklyn, se è vero che, finalmente in salute, il giovane veterano si apprestava ad affrontare una stagione da leader vocale, da ombra di coach Atkinson proiettata sul parquet, nonché da mentore della star del momento D’Angelo Russell e dei ragazzi confermati dalla scorsa stagione. Pur tra i mille problemi ancora da affrontare e risolvere, emersi durante la gara di Indianapolis, si era visto bene fin dall’esordio: una gara difficile, quella di Jeremy, messo da subito in difficoltà dai raddoppi difensivi e dalla difesa sul pick and roll disegnati da McMillan, ha sciorinato una prova mediocre at the point, con troppi palleggi insistiti e troppi turnover. Eppure, l’alternanza nel ruolo con Dlo gli ha giovato, consentendogli di accendersi quando sgravato del compito di portare palla, fino a realizzare 18 punti. Ed era una serata poco felice!
Anche qui, come in quel di Cleveland: dopo i drammatici momenti dell’infortunio, fase di sbandamento per i bianconeri e di nuovo doppia cifra di svantaggio, finché (consentitemi: finalmente!), coach Kenny non disegna una sorta di matchup sul fin lì devastante pick and roll casalingo, con Levert sul palleggiatore e Booker sul bloccante ma pronti ad accettare ogni cambio, e la gara si è clamorosamente riaperta fino al -4 con un paio di possessi che avrebbero potuto dare l’ulteriore propellente per la rimonta. Dettagli e rimbalzi (annoso problema) hanno tarpato le ali ad una truppa giovanissima e comunque molto, molto profonda nel reparto guardie. Al punto da farmi credere che, probabilmente, nel caso dei molto meno ambiziosi Nets, si andrà avanti così, almeno fino all’ASG, alla ricerca di nuovi equilibri nelle rotazioni e di un più credibile assetto difensivo. Nel quale i progressi di Allen Crabbe e (insisto, soprattutto) di Kenny Atkinson, nel timing delle rotazioni e nella lettura delle situazioni di gioco, saranno, ora più di prima, la chiave della stagione, al di qua del ponte.
Attendendo, ovviamente, la solita smentita dei fatti…stay tuned!