Alla Sinan Erdem Arena di Istanbul questa sera domenica 17 settembre 2017, la finale della 40^ edizione dei Campionati europei di pallacanestro, Eurobasket 2017, sarà un momento storico per tutta la pallacanestro: perché sarà la prima volta che si affronteranno, nell’atto finale di tutte le manifestazioni per nazionali, due squadre della ex Yugoslavia, Slovenia e Serbia.
Perché la Slovenia, la nazionale Slovena di pallacanestro si è costituita ufficialmente nel 1992 ed ha partecipato per la prima volta ad una competizione internazionale nel 1993, Campionati Europei di Germania. Da allora il miglior risultato è stato il quarto posto agli Europei in Polonia nel 2009, quando perse il bronzo per un sol punto, 57-56 contro la Grecia. E dopo aver perso la semifinale proprio dalla Serbia 96 a 92. Dunque aria di rivalsa in casa slovena? Io ci scommetterei qualcosa ma questo è tutt’altro che un consiglio per gli scommettitori.
Da parte della Serbia questa è proprio una data importante. Dieci anni dopo dal suo debutto come nazionale della sola Serbia e non più come Serbia e Montenegro, avvenuto agli europei di Spagna nel 2007 (eliminata dopo la prima fase) la squadra della capitale Belgrado approda alla sua seconda finale europea. L’altra, come anticipato qualche riga sopra, nel 2009 in Polonia, persa dalla Spagna, 85 a 63. Ma la formazione di Bogdanovic e Marjanovic è anche vicecampione del Mondo in carica dopo il secondo posto alle spalle degli Stati Uniti ai Mondiali del 2014 in Spagna.
Insomma nessuno può dire che manchi qualcosa per una finale spettacolare: gli attori ci sono, gli allenatori anche. Il fascino poi è super: chi come me fin da piccolo ha sentito parlare e poi ha visto la pallacanestro degli americani e quella degli slavi vicinissimi di casa nostra, non può non esserne rimasto colpito, innamorato, attratto. Novosel,Nikolic, Cosic, Jerkov, Slanvic, Knego, Dalipagic, Kicanovic, Drazen Petrovic, Danilovic, Bodiroga, Paspalj, Zdovc, Smodis, Erazem Lorbek, Lakovic, Becirovic, Nesterovic, Nachbar per citarne solo alcuni di quelli magari che mi sono piaciuti di più senza parlare di quelli di adesso.
E adesso come giocano? La Slovenia si diverte. E diverte il pubblico che la guarda. Perché sono tutti consapevoli che nonostante sia il loro lavoro, la loro professione, la pallacanestro è un gioco. Così una squadra che segna 89.2 punti a partita può dare l’impressione di non avere una gran difesa. In realtà sappiamo bene che la questione dei punteggi alti dipende anche dal numero di possessi di cui riesce a disporre ogni squadra, ma in questo caso va detto che la Slovenia ha una difesa importante, attentissima e molto, molto dura. Contro la quale hanno sin qui sbattuto non solo squadre di livello più basso ma anche squadre più strutturate come Polonia, Grecia, Lettonia e Spagna nell’ordine. L’idea principale di coach Igor Kokoskov è quella di far circolare la palla nel modo più veloce e semplice possibile per farla arrivare ai due terminali offensivi principali: Luka Doncic e Goran Dragic. Altrimenti ci sono le triple di Prepelic e Nikolic, il gioco sotto canestro di Vidmar che si sobbarca botte e palloni sporchi per tutti, e quando serve, e serve sempre, il lavoro di Randolph e Muric. Sia chiaro che avere due pensatori-creatori-finalizzatori di gioco come Dragic e Doncic aiuterebbe qualunque squadra nel mondo e quindi complimenti alla Slovenia.
La Serbia è una squadra vera come ricordava alla vigilia del quarto di finale, coach Ettore Messina:”La Serbia è dotata di una grande difesa: la migliore del torneo sul pick’n’roll, lette le cifre, attaccarli non è facile. Sono alti, grossi, occupano spazio. Un po’ come i tedeschi”. Leggiamole le cifre allora della squadra di Sale Djordjevic: 82 punti a partita a segno, con Bogdanovic a quota 20.3 e Marjanovic il centrone a quota 13; una sola sconfitta 75-72 con la Russia nella fase a gironi poi tutte vittorie nelle quali ha subito un massimo di 79 punti (una volta) e le altre 74-68-54-78-67. Poca roba davvero. E poi sempre una sensazione di grande controllo della partita, di grande lettura di quello che accade in ogni momento. Qualche pausa in attacco che ha consentito alle avversarie di tentare il colpaccio è stata subito interrotta da una serie di contropiede o di triple in velocità. Ed il fattore Marjanovic, 222 centimetri che ancora il nostro coach descriveva così:” Lui ha una capacità rara di capire sempre cosa sta succedendo. Scordatevi Tkachenko, non è la sua evoluzione, ma tutta un’altra cosa. Mobile in difesa e capace di usare il corpo in attacco, quando si offre per una ricezione profonda da qualsiasi angolo. Infine, tira bene i liberi. Con le mazzate, se arrivi a prenderlo, non risolvi nulla”.
Allora è davvero la summa come si dice con un termine poco usuale nella nostra bellissima lingua, della pallacanestro che amiamo in tantissimi, è un momento di storia non solo sportiva e sarà il momento nel quale alcuni ex jugoslavi torneranno a recitare quel motto che da piccolissimi hanno insegnato loro sui banchi della scuola :”Noi siamo sei Repubbliche, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti. Un solo Tito”. Nella pallacanestro non c’è dubbio che siano tutti i più bravi. Buona finale a tutti
Eduardo Lubrano