Giancarlo Fercioni come nasce il suo rapporto col basket e da quanto tempo fa il regista di questo sport?
“Da piccolo giocavo a pallacanestro e poichè ad 11 anni ero alto come adesso cioè un metro ed 81, i miei allenatori, al Sant’Ambrogio, mi mettevano a giocare “pivot” come si diceva allora. Poi col crescere sono dovuto diventare un esterno senza mai diventare un vero giocatore sia chiaro…Ma sono rimasto un tifoso di questo meraviglioso sport e quando ho iniziato questa carriera ho fatto di tutto per occuparmene da dentro un pullman regia. Le prime partite che ho fatto ma che non ho firmato in prima persona sono state quella del Mc Donald’s Open di Roma del 1989 come assistente di Popi Bonnici. Il quale sapeva che conoscevo il gioco e mi fece fare quasi tutto rispetto a quello che avveniva sul campo. Le prime partite da regista capo diciamo così sono state l’anno successivo, le finali scudetto femminile tra Comense e Conad Cesena“.
Immagino sia cambiato molto sul piano tecnico da allora ad oggi ma a Sky come preparate una partita?
“Esattamente come la prepara una squadra perché quello che lo spettatore vede è proprio quello. Si comincia con una riunione con la redazione nella quale vengono illustrati i possibili temi tattici della gara, i giocatori chiave, le situazioni di gioco che potrebbero risultare più interessanti e nelle quali a noi della parte tecnica vengono anche comunicati gli eventuali cambi nella formazione delle squadre. A nostra volta rispetto all’impianto di gioco nel quale andremo a riprendere la partita spieghiamo cosa possiamo o non possiamo fare rispetto a quello che la redazione ci chiede. Ormai però siamo nelle condizioni di fare quasi tutto”.
Può farci qualche esempio?
“Quando gioca Milano una cosa sulla quale fare molta attenzione è come Raduljica non viene inserito molto nei giochi specie in Eurolega oppure la capacità di un giocatore di muoversi senza palla, una particolare difesa che quell’allenatore preferisce e come viene interpretata dalla squadra. Su questi ed altri temi abbiamo anche dei filmati o dei servizi già preparati che possono essere utili prima della partita, nell’intervallo o nei minuti di sospensione per aiutare lo spettatore a seguire ancora meglio quanto stanno raccontando i telecronisti di turno. Per far questo magari è necessaria una camera dedicata solo ad un giocatore o solo a quella situazione tattica che ci viene segnalata. E molta attenzione al racconto del telecronista per capire cosa gli interessa far vedere al pubblico ed esser pronti a mostrarlo“.
Ci sono altre riunioni di preparazione?
“Ci sono i sopralluoghi negli impianti per i quali noi ormai abbiamo una struttura specializzata anche se conosciamo bene tutti i palazzi e palazzetti d’Italia. Poi io faccio altre due riunioni. La prima con la squadra tecnica ed in particolare con gli operatori (in particolare se non ci sono sempre gli stessi che sarebbe il sogno di ogni regista) per spiegare il formato dell’immagine che voglio. Un esempio anche qui: negli ultimi secondi di un’azione, di un tempo, di una partita voglio un’inquadratura più chiara possibile che comprenda l’uomo col pallone in mano e il tempo sopra il canestro. Questo per facilitare la lettura della situazione allo spettatore, a noi, a quelli dell’istant replay. Oppure se c’è una gara con un divario di punteggio già molto ampio con molto tempo prima di chiudere, dobbiamo essere pronti con molti dettagli del pubblico, replay, facce delle panchine, e tutto quanto serva a riempire lo spazio che manca oltre a quello che accade live che è sempre e comunque la priorità da mostrare“.
Ecco prima di tutto il live, sembra una banalità eppure…
“Non parlo di altre produzioni. Per noi quello che accade in campo è la prima e direi quasi la sola cosa importante. Io non mando mai un replay anche se affascinante, spettacolare, interessante, mentre è in corso un’azione perché io per primo da appassionato di pallacanestro voglio vedere che succede, come si organizza una squadra che ha appena preso un canestro, se c’è un fallo lontano dalla palla, se i giocatori discutono tra di loro e via dicendo. Tanto il tempo di mandare in onda un RVM come si dice ancora da qualche parte (registrazione video magnetica,ndr) c’è sempre“.
Qual è la configurazione media con la quale riprendete una partita?
“Abbiamo cinque telecamere, più due micro ed una sull’orologio della partita. Poi capitano le partite dove si può fare anche qualcosa di più ma deve essere anche l’impianto in grado di ospitare una postazione in più. Le luci per esempio non dappertutto sono messe appositamente per le riprese televisive e questo per noi alcune volte è un problema. Noi ad inizio stagione facciamo una riunione per la scelta del posizionamento delle telecamere ma a volte capita di dover cambiare in corsa perché magari fino al giorno prima quel palazzo ha ospitato una manifestazione di altro genere, un concerto o una convention, una fiera. Quello che ci interessa, quello che voglio fare è avere un formato televisivo che esalti il gioco ma che lo faccia vedere per questo anche la regia è una materia in continua evoluzione e nella quale bisogna studiare sempre“.
Esistono partite perfette e qual è la partita che vorrebbe fare?
“Direi che in genere le partite dell’NBA dal mio punto di vista sono davvero uno spettacolo di regia quasi perfetta. Così come l’Eurolega degli ultimi due anni è stata un prodotto di altissima qualità. Quanto alla partita che vorrei fare devo dire che il primo sogno l’ho realizzato quando ho fatto la regia di alcune gare del tour NBA in Europa, ed è stata un’esperienza straordinaria. L’altro sogno? Quasi troppo facile da esprimere: le partite di un’Olimpiade. Ripeto io sono soprattutto un tifoso di basket“.
Eduardo Lubrano